IL PROBLEMA
Quello che accade agli animali
non ti piacerà. Ma per cambiare le cose,
prima bisogna conoscerle.
Quello che accade agli animali
non ti piacerà. Ma per cambiare le cose,
prima bisogna conoscerle.
Per produrre carne, pesce, latte e uova, gli animali sono allevati in modo intensivo e privati di ogni diritto, in ultimo quello alla vita.
Per limitare che si feriscano tra di loro, gli animali vengono sistematicamente mutilati. Con una lama rovente sono tagliati becchi, corna e code e i maiali castrati senza anestesia per evitare i cattivi odori delle carni.
Scrofe, galline, conigli e vitelli sono rinchiusi in anguste e spoglie gabbie di ferro, dove camminare, volare o saltare è assolutamente negato.
Negli allevamenti e nei macelli abbiamo spesso documentato l’utilizzo di bastoni, calci e pugni per spostare gli animali, anche feriti. Quelli di piccola taglia sono addirittura lanciati.
All’interno degli allevamenti, gli animali vivono ammassati l’uno contro l’altro. Questa condizione crea alti livelli di stress psico-fisico e favorisce la diffusione di malattie.
Gli animali vengono uccisi tagliando loro la gola con un coltello dopo essere stati tramortiti con un proiettile di ferro nel cervello o con scosse elettriche o in una camera a gas. In molti casi vengono sgozzati ancora coscienti.
Agonizzanti nei corridoi o sulle loro feci, gli animali feriti o ammalati muoiono di spasimi negli allevamenti senza le necessarie cure veterinarie.
La carne che mangiamo proviene da animali uccisi ancora giovanissimi, la maggioranza di loro ha solo qualche settimana di vita.
Negli allevamenti intensivi nessuna madre alleva i propri figli: polli e galline non la vedono nemmeno, i vitellini vengono allontanati a poche ore dal parto mentre i maiali ci trascorrono insieme solo 20 giorni.
Un numero spaventoso, nemmeno calcolato, di animali acquatici viene pescato o allevato in modo industriale. A Milioni muoiono per soffocamento o eviscerati mentre sono ancora vivi.
L’unico momento in cui gli animali vedono il mondo esterno è quando sono diretti al macello. Impauriti, vengono caricati sui camion per poi viaggiare anche migliaia di km, in condizioni spesso drammatiche.
600 milioni in Italia 8 miliardi di animali macellati in Europa
0 le leggi che difendono i conigli
45 giorni la vita di un pollo da carne
40 milioni i pulcini maschi delle galline ovaiole uccisi appena nati
1% > 6 milioni animali allevati in modo biologico
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Le scrofe trascorrono il 40% della vita in un box di ferro dove non riescono nemmeno a girarsi su se stesse. In queste gabbie vengono inseminate artificialmente e partoriscono in media 2 volte all’anno. Dopo 4-6 parti, all’età di 3 anni vengono mandate al macello. In natura vivono anche 15 anni.
Secondo le procedure standard praticate negli allevamenti intensivi, a una settimana dal parto i cuccioli vengono castrati senza anestesia per eliminare i cattivi odori nelle carni, inoltre viene loro amputata la coda per contenere morsi e aggressioni reciproche.
I maiali vengono macellati quando raggiungono i 100-150 kg. Con una crescita media di 700 gr al giorno, rimangono confinati in ristretti recinti di cemento dai 8 ai 12 mesi. Qui la mancanza di stimoli e la compresenza di individui con indole diversa genera forte stress che provoca comportamenti aggressivi.
Il trasporto, il carico/scarico e la fase dell’abbattimento sono i momenti più violenti dell’intero ciclo di produzione. Arrivati al macello, gli animali passano anche molte ore in un ambiente sconosciuto, sentono le urla degli altri animali uccisi e l’odore del sangue. Poi una forte scossa elettrica alle tempie li stordisce e infine un coltello li sgozza: in questo modo termina la vita dei maiali.
Negli allevamenti di galline ovaiole non ci sono esemplari maschi, dato che non depongono uova e la loro carne non ha valore commerciale. Questi animali sono considerati uno scarto e quindi vengono macerati vivi o soffocati appena nati.
In Italia circa il 45% delle uova proviene da animali allevati in gabbia. La legge prevede una superficie di 750cm2 per ogni gallina. Se si tiene conto che per aprire le ali questi animali hanno bisogno di almeno 1.000cm2, si capisce quanto questo sistema di allevamento procuri loro gravi sofferenze.
Per contenere i problemi derivanti dal sovraffollamento, limitare le ferite e prevenire atti di cannibalismo, alle galline, appena nate viene tagliato il becco con una lama rovente.
Data l’alta densità di animali negli allevamenti è frequente trovare galline in avanzato stato di decomposizione, convivere con le galline vive. Una grave inadempienza che crea problemi sanitari e influisce negativamente sul benessere animale.
In tutti gli allevamenti intensivi (compresi quelli “a terra” o “biologici”) le galline depongono uova con ritmi innaturali, circa 300 all’anno. Dopo 2 anni di intenso sfruttamento la loro produzione cale e gli animali sono macellati per ottenere carne di seconda scelta.
Come tutti i mammiferi, le mucche producono latte solamente dopo aver partorito, per questo motivo per ottenere la massima produzione ed evitare “tempi morti”, gli animali vengono continuamente ingravidati artificialmente. Molto spesso anche i calori sono indotti con sostanze chimiche.
Negli allevamenti industriali è prassi separare, a poche ore dal parto, il vitello dalla madre e isolarlo in piccoli box individuali. In questo modo la mucca può essere ri-avviata subito alla produzione. I vitelli maschi vengono macellati a circa 6 mesi di vita e le vitelle femmine inserite nel ciclo di produzione del latte.
Nel 1985 una mucca di razza Frisona produceva in media 17 litri di latte al giorno, oggi ne produce 28: selezione genetica e super mangimi hanno trasformato questi animali in macchine da latte e le conseguenze sono zoppie, mastiti e problemi all’apparato riproduttivo. Questi animali vengono talmente spremuti che a soli 5 anni finiscono al macello.
L’allevamento di conigli da carne è effettuato all’interno di grandi strutture chiuse, anche a più piani, dove al loro interno sono rinchiusi migliaia di animali dentro gabbiette di ferro. In queste condizioni, gli animali non possono in alcun modo correre, scavare o saltare.
Le femmine destinate alla riproduzione vengono inseminate circa 8 volte all’anno a 10-15 giorni dal parto. Con questi ritmi intensivi dopo circa 2 anni, ovvero quando cala la fertilità, vengono abbattute.
Il momento della cattura dalle gabbie e il trasporto verso il macello creano fortissimo stress agli animali e ne possono causare la morte. Maneggiati senza nessun riguardo, vengono storditi per elettronarcosi e sgozzati sotto lo sguardo cosciente dei loro simili.
Gli allevamenti di polli da carne sono dei capannoni di cemento, areati e illuminati artificialmente dove vengono stipati anche 30.000 animali con una densità che raggiunge i 20 animali per metro quadrato su di un pavimento che giorno dopo giorno si ricopre dei loro escrementi rendendo l’aria carica di ammoniaca.
La selezione genetica ha trasfigurato il corpo di questi animali riuscendo a creare un uccello (broiler) dal petto enorme che in soli 40/50 giorni è pronto per essere macellato. Oggi i polli ingrassano 4 volte più velocemente rispetto al 1950.
La tipologia di allevamento e la forzatura genetica provocano ai polli molteplici problemi fisici: zampe deformate e difficoltà di movimento, malattie cardio-vascolari e respiratorie, anemie e un indebolimento delle difese immunitarie. Negli allevamenti intensivi avicoli non sono previste cure individuali, per cui gli animali malati muoiono di stenti senza ricevere nessuna assistenza veterinaria.
Afferrati violentemente per le zampe e scaraventati dentro alle gabbie. In questo modo gli operatori caricano i polli per trasportarli al macello. Qui verranno storditi in camere a gas o tramite scariche elettriche e in seguito uccisi da una lama automatica che taglierà loro la gola.
La pesca espone gli animali a stress e sofferenza prolungata. La cattura con le reti a strascico causa lo sfinimento e lo schiacciamento dei pesci sotto il peso dei loro simili. Quando vengono pescati dalle acque profonde la decompressione degli organi interni provoca dolore intenso. Nei tramagli (reti da posta) muoiono dopo una lunga agonia o strangolati nel tentativo di liberarsi. Spesso i pesci di grossa taglia vengono arpionati vivi per essere caricati a bordo. Quelli catturati con il palamito, una lenza costituita da una lunga fila di ami, possono rimanere per giorni infilzati.
La pesca non fa distinzioni e cattura anche animali appartenenti a specie o di giovane età. Questo fenomeno, chiamato bycatch, impatta in modo significativo sull’ecosistema e influenza il naturale ciclo di riproduzione dei pesci, riducendo la capacità di rinnovamento della popolazione
Gli allevamenti ittici non soddisfano i bisogni comportamentali dei pesci e li costringono a vivere in condizioni innaturali e stressanti. Sovraffollamento, scarsa qualità dell'acqua, parassiti, assenza di arricchimenti ambientali, privazione di cibo, trasporto, procedure di vaccinazione e la spremitura per la raccolta delle uova sono le principali problematiche riscontrate.
Non esiste una normativa che regola l'abbattimento dei pesci. Per loro non è previsto nemmeno lo stordimento prima della macellazione. Muoiono sventrati durante l'eviscerazione, oppure congelati quando ancora coscienti o per shock termico, se stipati in casse con acqua e ghiaccio. Molte volte sono semplicemente lasciati fuori dall’acqua e la morte sopraggiunge per asfissia. Diversi studi dimostrano che in questi casi i pesci possono agonizzare anche per quattro ore prima di morire.
Poco prima di partorire la scrofa costruisce il proprio nido con cura per creare un ambiente accogliente e sicuro per i suoi cuccioli.
Le femmine tendono a vivere in piccoli gruppi stabili formati da 2 a 6 individui stringendo forti legami.
Sono animali molto puliti, non sporcano mai dove dormono.
Hanno notevoli doti cognitive, la loro intelligenza è superiore a quella di un bambino di tre anni.
La chioccia comunica con i suoi piccoli, quando sono ancora all’interno dell’uovo.
Una volta nati i pulcini riconoscono la chioccia e vivono fino a un mese e mezzo a stretto contatto.
Di sera svolazzano sui rami per proteggersi dai predatori, ognuna ha il proprio posto stabilito in base alla loro gerarchia e alle loro simpatie.
Il becco è un organo di senso adatto a esplorare e prendersi cura del piumaggio oltre che a nutrirsi.
È un mammifero e produce il latte solo dopo il parto per lo svezzamento del proprio cucciolo.
Giunto il momento di partorire le mucche si allontanano dalla mandria isolandosi il più possibile.
Sono animali sociali, stabiliscono delle gerarchie e costituiscono un gruppo con delle regole bene organizzate.
Stringono legami molto forti, solitamente scelgono la propria compagna preferita con la quale trascorrono la maggior parte del tempo.
Per la maggior parte del giorno i conigli restano nelle proprie tane formate da numerosi tunnel.
Sono in grado di correre a una velocità di 35 km/h e fare balzi di oltre 70 cm.
Gruppi di conigli possono unirsi in vaste colonie di centinaia di animali occupando un territorio di molti ettari.
La femmina si occupa della creazione del sistema dei cunicoli sotterranei, mentre il maschio difende il territorio.
Intelligenti e molto socievoli, le loro capacità cognitive sono al pari di alcuni mammiferi e primati.
Hanno un linguaggio complesso, composto da differenti suoni, per poter comunicare differenti situazioni.
Stringono legami affettivi molto forti.
Sono animali provvisti di un’ottima memoria, in grado di trasmettere informazioni da una generazione all’altra.
I pesci hanno l’anatomia necessaria per provare dolore, sono consci delle risposte dolorose agli stimoli e capaci di provare prolungata sofferenza in seguito.
Sono in grado di utilizzare strumenti, cooperare socialmente e hanno coscienza di sé, prerogativa finora attribuita a pochissime specie più evolute.
È stato documentato che i pesci provano sia emozioni positive che negative, soffrono lo stress, si aiutano nelle difficoltà e provano persino piacere nel gioco.
Sono capaci di ricordarsi luoghi, labirinti e percorsi complessi anche a distanza di lungo tempo, meglio di molti altri animali.
Non solo pellicce, anche dietro ad altri materiali di origine animale si nasconde un mondo di sofferenza, di cui potremmo fare tranquillamente a meno.
Per pelliccia non si intende solo il capo intero, ma anche gli inserti che vengono applicati sugli indumenti. Diversi sono gli animali utilizzati da questa industria: visoni, volpi, ermellini, chinchilla, procioni e in alcune parti del mondo anche cani, gatti e foche. Circa l’85% delle pellicce in commercio proviene da allevamenti, il restante da animali cacciati allo stato selvatico.
È il prodotto di origine animale più utilizzato nell’industria dell’abbigliamento. La pelle o il cuoio sono ottenuti principalmente dall’uccisione di bovini, che possono essere allevati unicamente per questo scopo. Non sono gli unici però: anche daini, cavalli, cervi e altri animali esotici sono macellati per la loro pelle.
Le piume che riempiono giacconi, cuscini o coperte provengono da oche allevate in modo intensivo soprattutto in Paesi dell’est Europa e in Francia. Più volte nella loro vita queste oche vengono sottoposte alla pratica dello “spiumaggio”, l’allevatore tiene l’animale tra le ginocchia e strappa con violenza le piume con le mani. È un’operazione che provoca molto dolore e stress agli animali.
PH. SOKO TIERSCHUTZ ©
Sono state selezionate razze capaci di produrre una quantità innaturale di lana. Questa caratteristica, funzionale alla produzione intensiva, crea numerosi problemi agli animali come l’infestazione di parassiti, peso eccessivo del vello e sbalzi di temperatura. Intorno ai 4 anni di vita, quando le pecore iniziano a diventare meno produttive e la qualità della lana inizia a diminuire, vengono mandate al macello per essere sostituite con animali più giovani.
PH. PETA ©
1 minuto il tempo per morire nella camera a gas
36x70x45cm la grandezza della gabbia di un visone
60 visoni uccisi per 1 pelliccia
Gli allevamenti sono formati da file di gabbie sollevate dal suolo generalmente poste sotto a tettoie aperte. Le zampe dei visoni, non toccano mai terra, ma rimangono sempre a contatto con la rete metallica, provocando agli animali fastidio e dolore. Il solo spazio che hanno a disposizione per ripararsi e nascondersi è un nido di pochissimi centimetri.
L’unico contatto che hanno con l’acqua è attraverso un beverino che ne rilascia poche gocce. Questa condizione provoca ai visoni un grande malessere perché sono animali semiacquatici, capaci di nuotare per chilometri e privati del loro elemento fondamentale.
A causa dello stress provocato dalla prigionia gli animali compiono continuamente movimenti stereotipati: ogni giorno trascorrono ore a percorrere i pochi centimetri della loro gabbia avanti e indietro senza fermarsi.
Lo stress si manifesta anche con comportamenti aggressivi e autolesionismo, molti animali feriscono se stessi o i propri compagni. In seguito alle ferite o alle malattie alcuni muoiono prematuramente, e i visoni sono costretti ad assistere all’agonia e a convivere per giorni nella gabbia con i cadaveri di chi non ce l’ha fatta.
Gli animali sono fatti accoppiare a marzo, dopo circa 45 giorni nascono i cuccioli che restano con la madre fino giugno/luglio. In seguito vengono smistati in altre gabbie. Verso novembre l’allevatore seleziona i visoni più adatti a diventare riproduttori e li separa da quelli che vengono uccisi per la produzione di pellicce.
Nella camera a gas i visoni muoiono per asfissia da biossido di carbonio e la morte sopraggiunge dopo circa un minuto. I graffi da noi documentati nelle pareti della camera a gas dimostrano il disperato tentativo di fuga degli animali e una terribile sofferenza.
Sono semiacquatici, vivono nelle foreste vicino ai fiumi, in un giorno possono percorrere fino a 20km nuotando.
Essendo animali solitari non sopportano la presenza di un loro simile anche all’interno di un territorio molto ampio.
Le madri occupano molto tempo e cura nella preparazione della tana per proteggere i propri cuccioli.
Sono molto curiosi e amano indagare ed esplorare ciò che li circonda.
Diversamente dagli altri animali, quelli sfruttati per il divertimento non sono uccisi da cuccioli, ma lasciati invecchiare in gabbia. Il minimo comune denominatore è la prigionia.
Leoni, ippopotami, tigri, elefanti, giraffe, zebre e cavalli ma anche foche e pappagalli sono le specie più utilizzate nei circhi. Per eseguire gli spettacoli gli animali subiscono addestramenti che violentano la loro natura e mortificano i loro corpi. Quando non sono obbligati a umilianti acrobazie, vengono rinchiusi in gabbie anguste o in stretti recinti, altrimenti stipati in camion e spostati per centinaia di km da una città all’altra.
Conservazione della specie, ricerca scientifica e didattica. Si tratta delle finalità dichiarate da giardini zoologici, bioparchi, parchi faunistici e zoosafari e che ne giustificano ancora l’esistenza. Nonostante i presunti o reali scopi addotti da queste strutture, rinchiudere animali in ambienti artificiali non congrui alle loro esigenze di specie (spostarsi liberamente, cacciare, nascondersi, accoppiarsi, giocare) fa sì che questi luoghi siano a tutti gli effetti delle prigioni.
Anche se condannati a una vita in cattività, negli zoo gli animali sono forzati a riprodursi poiché ogni nuovo nato è un cucciolo da esporre e pubblicizzare. Gli individui più vecchi vengono invece abbattuti perché in sovrannumero o rappresentanti di specie meno attrattive. Questa logica e tutte le mosse commerciali per attirare sempre più visitatori, mettono a nudo la vera natura di questi luoghi: il business.
Come gli zoo, gli acquari impongono agli animali un’esistenza monotona dove i loro bisogni etologici vengono continuamente repressi dalla reclusione. Anche i delfinari, al pari dei circhi, propongono un intrattenimento anacronistico basato sull’utilizzo degli animali, invece dell’abilità di acrobati che scelgono spontaneamente di dedicarsi a quest’attività.
26 gli elefanti presenti nei circhi italiani
Circa 5.000 animali di grossa taglia negli zoo
2 delfinari in Italia
650 psicologi italiani affermano che l’utilizzo degli animali per l’intrattenimento sia antipedagogico
1 Federazione Nazionale Ordini Veterinari ha preso posizione per la dismissione degli animali nei circhi
I metodi sostituivi alla ricerca con animali ricevono finanziamenti esigui, un oscurantismo che causa la continuazione di esperimenti spesso molto dolorosi.
Gli animali utilizzati nella sperimentazione nascono e crescono in allevamenti specializzati. L’arrivo nei laboratori è semplicemente il passaggio da una gabbia all’altra. Non vedono mai la luce del sole, non conoscono il mondo esterno, non sanno cosa sia l’erba.
I macachi più utilizzati nei centri di ricerca vengono da Mauritius, Vietnam, Filippine o Cina. Anche se venduti ufficialmente da allevamenti, in realtà per mantenere un codice genetico sano e robusto vengono continuamente prelevati dalle foreste nuovi riproduttori.
PH. JO-ANNE MC ARTHUR / WE ANIMALS ©
L’uso di anestesia sarebbe imposto dalla legge, ma in Italia sono in crescita gli esperimenti in deroga, quelli cioè dove si valuta che l’anestesia potrebbe invalidare i risultati. Accade anche per test invasivi e giudicati altamente dolorosi.
Topi e ratti modificati geneticamente sono ormai tra gli animali più utilizzati, per cercare di avere un modello più verosimile. In questo modo la ricerca comincia ancora prima dell’esperimento stesso, con la creazione degli animali e i test sulla loro risposta biologica.
La sperimentazione dei cosmetici è vietata ma in tutta l’UE milioni di animali vengono ancora sottoposti a dolorose iniezioni, inalazioni e alimentazioni forzate per sperimentare la tossicità di detersivi e prodotti per la casa.
La maggior parte delle ricerche si conclude con l’uccisione degli animali e l’autopsia. La loro breve vita di dolore finisce nella spazzatura, proprio come siringhe, flaconi e altri oggetti utilizzati negli esperimenti.
PH. CHANNEL 4 ©
557.426 il totale degli animali utilizzati in Italia nel 2018
441 i cani utilizzati nei laboratori nel 2018
512 le scimmie utilizzate nei laboratori nel 2018
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