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A ESSERE ANIMALI
Attraverso l’utilizzo di fonti autorevoli, Essere Animali ha raccolto e analizzato i numeri degli animali allevati e macellati nei dieci anni appena trascorsi realizzando un report dettagliato che mostra i cambiamenti avvenuti nel comparto zootecnico del nostro Paese e delinea le possibili tendenze future. Quali sono le specie maggiormente macellate? Rispetto al 2010 gli italiani mangiano più o meno carne? Un report rigoroso che, per la prima volta in Italia, offre una visione di insieme sull’industria agro-alimentare.
La fine del 2019 ha inaugurato numerose analisi su quanto accaduto o cambiato nella decade appena trascorsa. Ci hanno proposto numeri di ogni tipo ma nulla che riguardasse gli animali e il nostro rapporto con loro. Con questo report abbiamo deciso quindi di fornirne un’analisi approfondita focalizzandoci sul settore che ne utilizza di più: quello agro-alimentare.
Lo scopo di questo report è duplice. Da una parte, delineare un quadro generale dell’industria zootecnica italiana in grado di mostrare, tramite una visione d’insieme, i numeri che interessano questo comparto e, dove possibile, la divisione tra diverse modalità di allevamento (intensivo, biologico, in gabbia o meno). Dall’altra, evidenziare i cambiamenti nel settore e nei consumi avvenuti nell’arco di questi dieci anni.
Non nascondiamo che, al momento di raccogliere questi dati, la nostra speranza fosse quella di riscontrare numeri in calo e per la maggior parte delle specie considerate ciò si è rilevato vero. In realtà però i dati sembrano raccontare due storie diverse: mentre è calata di 4,5 milioni di quintali (-11%) la carne prodotta nei macelli italiani (in linea con un calo riscontrato anche nelle importazioni), è aumentato di 37 milioni il numero di animali macellati nel nostro Paese. Come si spiega questa differenza? Il motivo è semplice: è calato il numero di animali macellati di grossa taglia mentre è aumentato quello di piccola taglia. Il pollo è l’animale di cui si registra un notevole aumento nel consumo mentre sono diminuite le macellazioni della maggior parte degli animali a carne rossa, il cui peso a individuo è superiore anche di cento volte rispetto a un singolo pollo.
Il numero di animali macellati è quindi aumentato, ma l’Italia oggi consuma meno carne (-5,4 kg), uova e latticini rispetto a dieci anni fa. E questo grazie a un insieme di fattori, come i crescenti appelli a un’alimentazione più attenta alla salute, ma anche per una maggiore consapevolezza e sensibilità rispetto alle condizioni in cui vengono allevati gli animali e all’impatto che questi prodotti hanno sull’ambiente.
E i metodi di allevamento stanno cambiando? A parte la graduale dismissione delle gabbie per le galline ovaiole, passate dal 75% al 55% della produzione totale, non si registrano cambiamenti significativi. Prendendo in mano i dati della produzione di tipo biologico, notiamo come ancora oggi questa tipologia rappresenti una nicchia inferiore al 1% per la maggioranza delle specie da carne (con unica eccezione nei bovini per cui il biologico inizia ad avere una percentuale più rilevante, pari al 6,7% nel 2019).
Sicuramente il decennio appena passato ha segnato la ribalta mediatica per questa tematica: le prime investigazioni negli allevamenti e nei macelli, i primi servizi al Tg e reportage televisivi sulle condizioni in cui vivono gli animali, l’allarme OMS sulle carni rosse, gli appelli dell’ONU e di molti enti scientifici su l’insostenibilità ambientale dell’alimentazione a base di prodotti animali, la diffusione e lo sviluppo sempre maggiore di alternative vegetali, anche nei supermercati. Tutto questo è accaduto rapidamente, ma ha segnato un cambio di prospettive e abitudini di cui probabilmente vedremo gli effetti più importanti negli anni a venire, perché chi sta veramente influendo in modo positivo su questi cambiamenti sono soprattutto le nuove generazioni.
La ricerca
Il report raccoglie i dati più recenti in materia che provengono dalle seguenti fonti: Istat, BDN (Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica), elaborazione Ismea su dati Istat, Eurostat, elaborazione EU- MOFA su dati Eurostat e SINAB (Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica). Abbiamo analizzato il numero di animali allevati e macellati nel corso degli anni e, come raffronto, anche le importazioni di carne e derivati di origine animale (non l’import di animali vivi, conteggiati già tra le macellazioni avvenute nel nostro Paese). Non abbiamo preso in considerazione l’export di prodotti o di animali vivi mentre, ove possibile, abbiamo evidenziato la quota di animali allevati in modo biologico. Dove vi era il dato abbiamo riportati i consumi pro capite.
In Italia, nel corso del decennio, si è registrata una lievissima diminuzione a livello demografico: 60.626.442 abitanti nel 2010 contro i 60.359.546 del 2018. Per quanto riguarda invece il reddito pro capite e la capacità di spesa si nota che, nonostante un calo significativo tra il 2012 e il 2015, nel 2018 questo risulta praticamente uguale al 2010.
Il report mette in luce tre principali cambiamenti: 1) diminuzione del consumo di carne rossa a discapito di un crescente aumento di carne bianca e pesce; 2) vistoso crollo della macellazione di alcune specie; e 3) graduale ma costante sostituzione del latte con alternative vegetali. Si tratta di indicazioni utili per delineare i prossimi scenari verso i quali indirizzare le azioni di tutti gli stakeholder di settore (istituzioni, università e ricerca, ONG, media) uniti nell’obiettivo di spingere produzione e consumi verso scelte ancora più sostenibili da un punto di vista etico e ambientale.
Maiali, mucche, bovini, ovini e vitelli: per tutte queste specie i numeri delle macellazioni sono in calo, per alcune specie si tratta di una riduzione molto netta, basti pensare al -30% per i bovini o addirittura -50% per quanto riguarda gli ovini. Sicuramente l’allarme salute sulle carni rosse ha influenzato molto questi cambiamenti alimentari. Oggi mangiare una bistecca o degli insaccati è considerato sempre meno un pasto salutare e necessario ma un piacere che ci si concede.
Dall’altro lato però, ci sono gli animali cosiddetti “a carne bianca”. Questi, polli soprattutto, hanno fatto le spese dell’allontanamento dagli altri tipi di carne e degli inviti a una dieta più leggera e salutare. I polli sono gli unici animali per cui si è registrato un aumento considerevole nel numero di capi allevati e macellati.
E anche i pesci stanno pagando le conseguenze del medesimo cambiamento. Il consumo pro capite di pesce continua ad aumentare e nel 2017 ha superato i 30 kg all’anno, con una crescita del 50% rispetto al 2010. Si tratta di un settore particolare che presenta due fonti di produzione: pesca e allevamento. Il settore della pesca è in evidente calo (-16%), dovuto all’impoverimento di stock ittici nei mari, mentre l’acquacoltura italiana è stabile, ma sono aumentate le importazioni di prodotti di acquacoltura da paesi terzi.
Riteniamo possibile affermare che oltre alla questione della salute, in questo passaggio dalla carne rossa a carne bianca e pesce incida anche il fattore dell’empatia: se per vitelli, mucche e maiali stanno crescendo sensibilità e sdegno per le condizioni di allevamento, ben più difficile risulta creare empatia nei confronti di un pollo o di un pesce. Sicuramente empatia e sensibilità stanno dietro ad altri significativi cambiamenti: le nuove generazioni non mangiano cavalli e conigli.
L’Italia era tra i leader europei per allevamento e consumo delle carni di questi due animali, ma evidentemente si tratta di un primato destinato a sparire. Questi animali non vengono ormai più considerati “da carne” ma “d’affezione”, con un numero crescente di italiani che condividono le loro case con conigli e che guardano con orrore il mangiare carne di cavallo. Con il rapido cambiamento avvenuto negli ultimi dieci anni, allevamento e macellazione di queste specie nel prossimo decennio potrebbero addirittura arrivare a numeri vicini allo zero.
Simile drastico declino nei consumi si nota chiaramente anche per gli agnelli. I numeri calano di anno in anno e sempre più famiglie italiane si rifiutano di portali in tavola. Ma qui entra in gioco un altro fattore: far nascere gli agnelli è necessario per produrre latte di pecora, utilizzato prevalentemente per il formaggio pecorino. E fino a quando il consumo di formaggi rimarrà stabile, gli agnelli dovranno nascere per poi essere uccisi o esportati.
E se il consumo di formaggi è rimasto stabile, lo stesso non si può dire per quello di latte. Mentre il consumo pro capite di latte è calato del 15%, il decennio appena concluso è stato segnato dall’esplosione delle alternative vegetali, decuplicate nelle offerte e ormai con reparti dedicati sempre più ampi nei supermercati. Vuoi per motivi di salute o per le intolleranze, vuoi perché le alternative vegetali sono meno grasse e più digeribili, gli italiani stanno consumando sempre meno latte vaccino. Oggi 1 italiano su 4 ha introdotto nella propria spesa anche le bevande alternative, che oltre a essere migliorate nel sapore hanno raggiunto prezzi più bassi e competitivi. Il settore latte in Italia e in Europa è in grave crisi ed è tenuto in piedi quasi esclusivamente da sussidi. Solo in Italia negli ultimi dieci anni hanno chiuso quasi 12 mila allevamenti. Con tutta probabilità, come affermano analisti interni, nel prossimo decennio si deciderà il futuro del settore.
Dal 2010 al 2019 il consumo pro capite annuo di carne bovina è diminuito di 6,5 kg (-26%). Questo ha portato a un calo delle macellazioni di oltre un milione di individui (i dati comprendono anche i vitelli), con un decremento significativo tra il 2013 e il 2014: in un solo anno sono stati macellati 500.000 animali in meno.
Nel lungo periodo sono diminuite del 38% le macellazioni dei vitelli e del 16% le importazioni di carni da paesi terzi. In crescita dal 2010 è invece l’allevamento biologico che con 375.000 animali rappresenta oggi il 6,7% del totale.
Torna al menuIn questi anni, il consumo di carne bovina, ricca di grassi saturi, è stato oggetto di numerosi studi epidemiologici che ne hanno chiarito le conseguenze sulla salute. I risultati hanno evidenziato un aumento delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Italia e nel mondo. Nel 2015 lo IARC, l’organismo dell’OMS deputato alla ricerca sul cancro, ha classificato la carne rossa tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo (gruppo 2A), decisione che ne ha fatto rallentare i consumi. Sempre nel 2017, la Guardia Forestale ha posto sotto sequestro il macello Italcarni in provincia di Brescia, nel quale gli inquirenti hanno filmato animali scaricati dai camion con l’aiuto di catene di ferro; i bovini, rovesciando al suolo, riportavano ferite non curate che infettavano la carne immessa sul mercato (nelle carni furono riscontrati livelli batteriologici 50 volte superiori al consentito, inclusa la salmonella).
Lo scandalo Italcarni ha riscosso una grande attenzione mediatica portando nel 2017 alla condanna per maltrattamento animale di due veterinari e dell’amministratore del macello. Tra il 2013 e il 2014 è accaduta una vicenda simile nel macello di Torino, rimasta in sordina fino alla sentenza. I veterinari Usl del macello, sottoposti a minacce nel tentativo di far rispettare le leggi, denunciarono i maltrattamenti a carico degli animali, persino quelli malati. II processo si è concluso con la caduta dei reati in prescrizione.
In questi anni, il numero delle mucche allevate sul territorio italiano per la produzione di latte è rimasto pressoché invariato con un calo di 100.000 esemplari (-4%). Cambia però la modalità di gestione: dal 2010 è scomparso il 32% degli allevamenti ed è aumentato il numero di animali per ogni struttura, a testimoniare la crescita del modello intensivo come sistema di allevamento. Con oltre 750.000 tonnellate in meno di latte e crema di latte si è registrato un calo del 33% delle importazioni rispetto al 2010. Il consumo di latte pro capite è passato dai 54 ai 46 kg (-15%) mentre quello dei formaggi è rimasto stabile con 23 kg a testa.
Torna al menuNel corso di questi ultimi anni, la nomea del latte come super-alimento costruita negli anni si è andata progressivamente sgretolando a causa della pubblicazione di studi epidemiologici che hanno mostrato il rapporto controverso tra consumo di latte, osteoporosi e tumori. I risultati di questi studi hanno portato molti medici a non consigliare più i latticini ai loro pazienti.
Parallelamente si è iniziato a parlare di lattosio: si sono diffusi i test per gli esami specifici, sono aumentate le diagnosi di intolleranza, è emerso che il 40% della popolazione non lo digerisce e i trend di ricerca su Google sono aumentati di 4 volte nel corso di dieci anni.
Nel 2016 le bevande vegetali sono entrate nel paniere Istat, a testimoniare un boom di consumi, e nel 2017 sono stati 12 milioni gli italiani che le hanno scelte al posto del latte (+5% rispetto all’anno precedente); per i prodotti più innovativi, a base di avena o semi oleosi, il trend di crescita ha raggiunto il 75%.
Essere Animali, per la prima volta in Italia, nel 2018 ha documentato la produzione di latte, indagando sotto copertura in due allevamenti intensivi di mucche.
Il consumo di carne pro capite è rimasto stabile, così come il numero degli animali presenti negli allevamenti italiani, nonostante abbiano chiuso 1.500 allevamenti, confermando il carattere sempre più intensivo di questo sistema produttivo. Dal 2010 al 2019 abbiamo però assistito a un calo nelle macellazioni che ha coinvolto più di 2 milioni di suini: ipotizziamo che ciò derivi dalla tendenza ad allevare animali sempre più pesanti (oltre i 110 kg).
L’import di carne di maiale è diminuito di circa il 35%, mentre è cresciuto il settore del biologico, nonostante sul totale rappresenti meno dell’1%.
Torna al menuLa carne rossa come quella di maiale risulta correlata all’insorgenza di diabete, infarto, problemi cardiovascolari, obesità e cancro. Nel 2015 lo IARC (International Agency for Research on Cancer), dopo aver passato in rassegna 800 studi epidemiologici incentrati sulla relazione tra carni rosse e insorgenza di cancro ha inserito le carni conservate (quindi würstel, insaccati e salumi) tra i cancerogeni certi, e le carni rosse non conservate tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo (gruppo 2A). La carne di maiale fa parte di entrambe le categorie.
Nel 2018 lo scandalo dei “falsi prosciutti” ha colpito i due principali marchi DOP italiani, Parma e San Daniele: una frode alimentare che ha portato al ritiro dal mercato di 3 milioni di cosce poiché prodotte con una razza a crescita rapida non consentita dai disciplinari di allevamento.
Essere Animali ha diffuso 5 indagini negli allevamenti di maiali, documentando crudeltà anche in aziende DOP fornitrici del Prosciutto di Parma. A seguito di questi lavori investigativi siamo riusciti, per la prima volta in Italia, a portare a processo un allevamento intensivo con l’accusa di maltrattamento animale.
Il consumo di carne avicola non ha subito una battuta d’arresto, al contrario, nel 2019 ha sfiorato i 20 kg pro capite all’anno (+6% rispetto al 2010). Il numero di polli macellati, con 50 milioni di animali in più, ha raggiunto i 511 milioni nel 2019, traducibile in una crescita dell’11%. Secondo gli ultimi dati a disposizione, la quota di polli biologici è pari allo 4,9% del totale. In questi anni sono aumentati sia i polli allevati in Italia (+8%) che la quantità di derivati importati (+52%), ma è rimasto pressoché stabile il numero degli allevamenti sul territorio nazionale: queste strutture di tipo intensivo sono sempre più grandi.
I dati del 2019 mostrano che, a fronte del totale dei polli italiani, solo 126.000 (meno dello 0,2%) provengono da allevamenti con meno di 5.000 animali, mentre il 99,8% dei polli italiani viene allevato in impianti che si assestano su una capienza media di 31.700 animali per complesso. Per quanto riguarda i tacchini, invece, i numeri in questi dieci anni non hanno subito significative variazioni.
Torna al menuLa carne bianca si è andata progressivamente affermando come prima scelta proteica sulla tavola degli italiani: i medici la consigliano come sostituto della carne rossa, quest’ultima classificata come probabilmente cancerogena dallo IARC nel 2015.
Secondo uno studio condotto dall’ECDC (Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie), siamo primi in Europa per numero di morti legate all’antibiotico-resistenza. Questo dato va di pari passo con i numeri emersi in questi anni: il 70% degli antibiotici venduti in Italia è destinato agli allevamenti e, secondo un’indagine di Altroconsumo, nel 63% dei campioni di carne di pollo sono presenti batteri resistenti agli antibiotici. L’antibiotico-resistenza, che provoca 33.000 morti in Europa all’anno e 10.000 solo in Italia, si è rivelato un problema di salute pubblica che passa per la tavola dei consumatori.
Essere Animali ha più volte documentato le tecniche di produzione della carne avicola, sia negli allevamenti di polli sia in quelli di tacchini. Nel 2016 abbiamo collaborato con la giornalista Sabrina Giannini alla realizzazione di un’inchiesta, poi diffusa da Report, negli allevamenti del Gruppo Amadori. Nel 2019 abbiamo ripreso le operazioni di carico dei polli destinati al macello attraverso un’indagine sotto copertura.
Dal 2010 al 2019 il numero di galline ovaiole è cresciuto di quasi 2,5 milioni, pari a un incremento del 4,8%. Nell’anagrafe zootecnica nazionale, il primo dato riguardante sia il numero degli allevamenti che il numero degli avicoli allevati in Italia risale al 2016: da allora gli allevamenti sono aumentati del 30% e il numero medio di animali per struttura supera oggi i 37.000 esemplari.
Possiamo ipotizzare che questa crescita sia dovuta alla trasformazione delle modalità di allevamento: se nel 2010 il 71% delle galline veniva allevata in gabbia, nel 2019 i sistemi alternativi sono balzati al 45%. Tuttavia, solo lo 0,2% delle galline viene allevato in impianti dalla capienza inferiore a 1.000 animali.
Il consumo pro capite di uova si è mantenuto stabile intorno ai 14 kg, così come è rimasta inalterata l’importazione di uova intere (sia fresche che conservate) ed è cresciuta invece del 425% l’importazione di uova sgusciate e semilavorate.
Torna al menuUna spinta verso il cambiamento dalle gabbie ai sistemi alternativi la possiamo cercare nella ristorazione collettiva. Nel 2011 per la Pubblica Amministrazione vengono approvati i Criteri Ambientali Minimi: questi stabiliscono che almeno il 40% delle uova utilizzate nelle mense devono essere biologiche e la restante quota proveniente da allevamenti all’aperto. Negli anni è aumentata anche la consapevolezza da parte dei consumatori, così come quasi tutti i supermercati, le aziende alimentari e le catene di ristorazione hanno sospeso la vendita o l’utilizzo di uova provenienti da galline in gabbia.
Nel 2017 in Europa è scoppiato lo scandalo Fipronil: alcune partite di uova dai Paesi Bassi sono risultate contaminate con un insetticida vietato negli allevamenti. In Italia è scattato l’allarme a causa dell’importazione dall’Olanda di oltre 1.200 tonnellate di uova e derivati nei primi mesi dell’anno.
Essere Animali ha realizzato tre indagini relative alla produzione di uova. Nel 2012, per la prima volta in Italia, abbiamo documentato le condizioni delle galline negli allevamenti intensivi. Nel 2019, con un’investigazione sotto copertura, abbiamo scoperto una frode alimentare compiuta in un allevamento che vendeva uova biologiche senza i requisiti previsti, denunciandolo inoltre per maltrattamenti nei confronti degli animali. L’azienda oggetto della nostra indagine era proprietaria di diversi allevamenti che rifornivano noti marchi di uova venduti nei supermercati.
Il numero degli ovini macellati nel corso degli ultimi dieci anni è dimezzato, con quasi 3 milioni di animali in meno e il consumo pro capite di carne ovicaprina che si è ridotto a meno di 1 kg all’anno (-30%). Questo calo è da imputare in modo principale alla diminuzione del numero di agnelli macellati, oltre 2 milioni in meno.
Un altro dato significativo che testimonia il passaggio dell’orientamento produttivo da carne a latte è l’aumento degli ovini allevati (+28%) rappresentato soprattutto da pecore destinate alla produzione di latte, 1,3 milioni di individui in più rispetto al 2010.
Torna al menuLa forte diminuzione delle macellazioni di agnello è certamente dovuta a una maggiore sensibilità delle persone nei confronti di questo animale. Questa presa di coscienza, che ha portato a un calo della richiesta, deriva dalle numerose campagne di sensibilizzazione realizzate dalle organizzazioni per i diritti animali.
Essere Animali ha dato il suo contributo con diverse indagini realizzate negli impianti di macellazione e diffuse al Tg1 e sui principali media. Anche alcuni politici sono scesi in campo: nel 2017 Silvio Berlusconi viene ripreso mentre allatta 5 agnellini con lo slogan “A Pasqua scegliete la vita”, poi Laura Boldrini, allora Presidente della Camera, ha portato a Montecitorio i due agnelli da lei adottati e salvati dal macello.
Questi gesti hanno attirato dure critiche da parte delle associazioni di categoria di macellai e allevatori. Nel 2018 il Codacons ha registrato un calo del 10% nel consumo di carne di agnello rispetto al 2017, e nel 2019 Coldiretti ha lanciato la campagna #SalvaUnPastore per cercare di arginare l’allontanamento degli italiani dalla carne di agnello.
Dal 2010 l’Italia ha registrato una forte diminuzione nel consumo di carne di coniglio.
Il numero dei conigli macellati in questi anni è calato del 30%, con oltre 7,5 milioni di animali uccisi in meno; anche le importazioni di carne dall’estero hanno subito un ridimensionamento (-25%).
Torna al menuLa motivazione di questo cambio nei consumi è da ricercare con tutta probabilità nella crescente presenza dei conigli come animali da compagnia nelle case degli italiani (se ne stimano circa 3 milioni). Questa nuova presa di coscienza ha portato, negli ultimi 5 anni, alla chiusura del 60% degli allevamenti nel polo italiano più produttivo, quello del trevigiano.
Secondo un rapporto realizzato dall’Unione Europea nel 2017, l’85% della produzione di carne di coniglio è ottenuta da animali allevati in barren cages, ovvero in gabbie spoglie senza nessun arricchimento ambientale. Nel 2019, l’Efsa ha pubblicato un parere scientifico in cui ha evidenziato che l’allevamento dei conigli in gabbia non garantisce il benessere degli animali e raccomanda agli Stati membri di migliorare gli standard di allevamento.
Il consumo di carne equina è in diminuzione: il numero di macellazioni in Italia ha subito un calo pari a quasi il 70%, con oltre 45.000 cavalli risparmiati, mentre viene registrata una lieve flessione anche dell’importazione di carne dall’estero.
Torna al menuIl forte calo delle macellazioni è dovuto principalmente al fatto che la maggioranza degli italiani (51,9%) considerano i cavalli come pet e non come cibo, come già rilevato nel 2014 dal Rapporto Italia stilato dall’Eurispes.
Nel 2016 l’On. Michela Vittoria Brambilla ha presentato una proposta di legge per il divieto di macellazione e di consumo della carne di equidi. Essere Animali nel 2014 ha pubblicato un’indagine diffusa da Striscia la notizia e Corriere della Sera che documenta i viaggi senza ritorno, della durata di oltre 24 ore, dei cavalli dalla Polonia ai macelli della Puglia.
Il consumo di pesce pro capite continua ad aumentare. Nel 2017 ha superato i 30 kg annui con una crescita del 50% rispetto al 2010. Il quantitativo di animali immessi sul mercato proviene da due categorie produttive: pesca e acquacoltura. Il settore della pesca è in calo (-16%) con 192.000 tonnellate di pescato, mentre l’acquacoltura è stabile e nel 2017 ha superato le 156.000 tonnellate di prodotto.
Escludendo molluschi e crostacei e considerando nella quota solo i pesci, nel 2017 ne sono stati catturati per oltre 207.000 tonnellate (-10% rispetto al 2010), provenienti per il 27% da allevamenti e per il restante 73% dall’attività di pesca.
L’organizzazione britannica Fishcount ha provato a tradurre questi dati in un numero reale di animali. Le stime per l’Italia, seppur parziali, comprendono dai 58 ai 172 milioni di pesci allevati nel 2017 e dai 1.408 ai 6.450 milioni di pesci catturati ogni anno dal 2007 al 2016.
La risposta all’aumento del consumo pro capite va cercata nelle importazioni: nel 2019 i pesci interi non congelati hanno sfiorato le 187.000 tonnellate (+42%), i filetti di pesce hanno superato le 130.000 tonnellate (+19%), mentre i pesci congelati hanno subito un calo del 7%, scendendo sotto le 82.000 tonnellate.
Torna al menuL’aumento del consumo pro capite di pesce va cercato nei consigli nutrizionali dispensati dagli addetti al settore, che l’hanno promosso come scelta proteica ideale per tutto il decennio. Dal 2015 la carne rossa è sempre meno presente sulle tavole degli italiani, sostituita da pesce e carne bianca. In aggiunta a questo, recenti studi hanno sottolineato come il consumo di almeno due porzioni a settimana di salmone, tonno e pesce azzurro siano in grado di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e ictus.
Nonostante la quantità di pesce catturato in natura sia rimasta costante nel decennio, la sostenibilità delle attività legate alla pesca è stata ampiamente messa in discussione. Secondo la FAO, nel 2015 il 33% delle catture globali è stato classificato come biologicamente insostenibile, valore che raggiunge l’80% nel Mediterraneo, il mare più sfruttato al mondo. Il costante aumento della domanda di prodotti ittici ha portato a una crescita della produzione da acquacoltura a livello mondiale, che nel 2016 ha fornito il 53% del pesce destinato al consumo umano diretto. Orata, salmone e branzino sono tra le specie più consumate dagli italiani e provengono principalmente da Grecia e Norvegia. Tuttavia, l’acquacoltura contribuisce massicciamente allo sfruttamento degli stock ittici selvaggi: più di due terzi delle 600 specie acquatiche allevate in tutto il mondo sono carnivore e vengono nutrite con mangimi a base di farina e olio di pesce provenienti da pesci selvatici catturati in natura.
La comunità scientifica concorda sul fatto che i pesci siano esseri senzienti. Negli ultimi anni una serie di ricerche ha dimostrato che essi posseggono i requisiti anatomici e fisiologici necessari per sentire dolore e provare paura. Alcuni studi hanno iniziato ad analizzare anche la loro personalità mostrando come individui della stessa specie sottoposti al medesimo stimolo rispondono in maniera diversa a seconda delle loro emozioni.
Nel 2018 Essere Animali ha diffuso in esclusiva sul The Guardian un’indagine realizzata negli allevamenti ittici, documentando per la prima volta in Europa le problematiche del settore dell’acquacoltura.
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