Nuovo rapporto su sfruttamento di animali e lavoratori nella filiera suinicola in Lombardia 

© Terra! Aps / Giovanni Culmone

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Nuovo rapporto su sfruttamento di animali e lavoratori nella filiera suinicola in Lombardia 


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Chiara Caprio
Responsabile relazioni istituzionali

Come Essere Animali raccontiamo ormai da tanti anni le storture e le crudeltà dell’allevamento intensivo in Italia, in particolare — con la campagna SOS Pig — quelle che riguardano il settore del suinicolo. 

In Lombardia sono oltre 4 milioni i maiali allevati e la maggior parte è confinata in allevamenti intensivi che non solo distruggono le caratteristiche etologiche degli animali, trasformandoli in macchine a cui è possibile fare di tutto, a patto di dimenticarsi della loro senzienza, ma anche devastando l’ambiente circostante e la salute della popolazione locale, in particolare nel triangolo tra Brescia, Cremona e Mantova

Una scrofa in gabbia fotografata durante una visita in un allevamento con i ricercatori di Terra! che hanno realizzato il rapporto.
© Terra! Aps / Giovanni Culmone

Il nuovo rapporto di Terra!

Per questo motivo abbiamo deciso di cogliere l’occasione di raccontare anche ai colleghi dell’organizzazione Terra! — un’associazione ambientalista impegnata in progetti e campagne sui temi dell’ambiente e dell’agricoltura ecologica — che cosa accade in questi allevamenti, collaborando allo sviluppo di un rapporto, Cibo e Sfruttamento – Made in Lombardia, presentato per la prima volta oggi a Milano, che affronta anche un altro aspetto della filiera agroindustriale: lo sfruttamento dei lavoratori

Dopo altri due rapporti dedicati al Sud Italia e nell’area Mediterranea, i ricercatori di Terra! hanno deciso di concentrarsi sulla Lombardia, con un lavoro che nel primo capitolo, “Il secolo dei meloni”, si sofferma sulle pratiche di caporalato all’interno della produzione del melone nel mantovano; il secondo, “La fabbrica di insalate”, sull’utilizzo delle “false cooperative” (o cooperative spurie) nell’industria della quarta gamma — le insalate in busta — tra le province di Bergamo e Brescia; il terzo, “La terra dei suini”, sulle peculiarità del lavoro grigio nel settore zootecnico, in particolare nella macellazione dei suini nel cremonese.

Lo sfruttamento nel settore zootecnico

Proprio in questo terzo capitolo sono raccontate storie di lavoratori, molto spesso migranti, assunti tramite cooperative e privati di tutele minime, come quelle delle mascherine durante il periodo del Covid-19 o l’assistenza in caso di infortuni sul lavoro — alcuni lavoratori sono stati lasciati a casa senza malattia e senza infortunio. La testimonianza di un lavoratore assunto in un grande macello è scioccante: il ritmo di lavoro è di oltre 400 animali lavorati ogni ora, con uno stipendio che per buona parte viene pagato in nero, extra busta, e le ore lavorate sono nettamente superiori a quelle dichiarate. 

Secondo il rapporto di Terra!, «indiani, ghanesi, cinesi e cittadini di Paesi dell’Est Europa nel comparto della lavorazione della carne suinicola valgono il 50% della forza lavoro impiegata. E questo è un dato esorbitante se pensiamo che l’incidenza di lavoratori immigrati nell’intero comparto della macellazione si ferma al 30% e scende al 10% se prendiamo in considerazione tutti i settori produttivi. Molti di loro sono assunti in cooperative con contratti di lavoro flessibili e questo, per il sindacato, equivale a un risparmio sul costo del lavoro tra il 40 e il 50%».

Lo sfruttamento degli animali

In tutto questo c’è poi lo sfruttamento più grande, quello che riguarda milioni e milioni di animali che abitano la Lombardia, ma nascosti agli occhi dei più, dietro le mura di quegli allevamenti intensivi che secondo Coldiretti e le associazioni di categoria in Italia «non esistono».

La realtà ovviamente è diversa, e in Lombardia, che ospita il 50% dei capi suini presenti su tutto il suolo nazionale, vengono allevati oltre 4 milioni stipati in quasi 7 mila allevamenti. 

Come Essere Animali abbiamo voluto contribuire al rapporto raccontando le problematiche di benessere animale: la crudeltà delle gabbie per le scrofe, le mutilazioni che i suinetti sono costretti a subire senza anestesia o analgesia e soprattutto in violazione delle normative UE, come il taglio sistematico della coda

Abbiamo accompagnato i ricercatori di Terra! in due allevamenti: insieme al nostro responsabile delle investigazioni Francesco Ceccarelli hanno potuto vedere la realtà media degli allevamenti in Lombardia, la crudeltà di un sistema che schiaccia gli animali privandoli di tutto e costringendoli solo a vivere ingabbiati, in condizioni innaturali e spesso scarse a livello igienico-sanitario

Stasera saremo alla presentazione del rapporto

Questa sera a Milano parleremo proprio di questo nostro lavoro e ci uniremo alla richiesta che come associazioni che analizzano e lavorano sulla filiera alimentare non possiamo che continuare a fare: bisogna cambiare questo sistema di produzione, diminuire i consumi di carne, diminuire il numero di animali allevati, convertire le produzioni in proteine a base vegetale, in produzioni sostenibili e resilienti. Per il rispetto dell’ambiente, del cibo che mangiamo, degli animali e di tutti i lavoratori di questa filiera, ancora così lontana dall’eccellenza che raccontano in TV i rappresentanti delle associazioni di categoria. 


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In Italia oltre 10 milioni di maiali vivono in terribili condizioni all’interno degli allevamenti intensivi. Essere Animali ha documentato la gravità di questa situazione in un’indagine che dimostra come pratiche crudeli, quali il confinamento delle scrofe in gabbia e le mutilazioni dei suinetti, sono un problema strutturale che coinvolge l’intera industria alimentare.

Nella maggior parte degli allevamenti le scrofe sono costrette a estenuanti cicli di riproduzione e tra gestazione, parto e allattamento passano quasi metà della loro vita rinchiuse in gabbie così anguste da impedire loro di muoversi, girarsi e prendersi cura dei propri piccoli.

I suinetti di appena pochi giorni di vita, invece, sono sottoposti a violente mutilazioni senza l’utilizzo di anestesia né analgesia. Il taglio sistematico della coda è una procedura illegale in Europa da oltre 25 anni, che si rende necessaria quando gli animali sono costretti a vivere in ambienti non adatti a soddisfare le loro esigenze, cosa che può spingerli a mordersi la coda tra loro. Anche se è stato dimostrato che il taglio della coda non riduce il cannibalismo, in Italia viene comunque praticato su più del 95% dei maiali allevati, quando basterebbe fornire agli animali arricchimenti ambientali adeguati per limitare le morsicature.

Si tratta di una realtà inaccettabile, per cui riteniamo sia necessario intervenire al più presto.

Le aziende alimentari, che stanno a cavallo tra i produttori e i consumatori, dovrebbero essere responsabili di rispondere alle richieste delle persone e costruire filiere sostenibili, in cui ai maiali vengono evitate almeno le principali cause di sofferenza.

Chiedo ai principali marchi di prodotti suini di prendere una posizione netta riguardo alla sofferenza ingiustificata di milioni di maiali, collaborando con i propri allevamenti fornitori per eliminare l’utilizzo delle gabbie per le scrofe e le mutilazioni per i suinetti.

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