Come l’industria della carne nasconde il suo impatto sull’ambiente
Un’analisi del Guardian ha individuato cinque miti che l’industria della carne statunitense promuove per minimizzare l’impatto che la produzione di derivati animali ha sul pianeta.
In Italia, appena il 20% delle persone è consapevole del fatto che il settore agricolo (inclusi gli allevamenti intensivi) sia uno dei più impattanti sul Pianeta. Ma questo non è vero solo per l’Italia, in giro per il mondo l’industria della carne mette in campo diverse strategie per sminuire il ruolo che ricopre nell’attuale crisi climatica.
Strategie che sono state individuate dal Guardian, che ha analizzato decine di articoli allineati al settore, editoriali, schede informative, blog, video, risorse educative e messaggi sui social media. Da questa analisi è emerso che l’industria della carne utilizza cinque falsi miti per far passare il messaggio che la produzione di carne bovina — quella più impattante — non contribuirebbe alla crisi climatica e che la riduzione del suo consumo non aiuterebbe ma addirittura danneggerebbe l’ambiente. Ecco quali sono questi cinque miti.
Mito 1: il vero e unico problema sono i combustibili fossili
Non ci sono dubbi che i combustibili fossili abbiano agito nel corso della storia come motore della crisi ecoclimatica, ma secondo la maggior parte delle stime, l’intero comparto agricolo – incluso l’allevamento di animali – contribuisce alle emissioni globali per una cifra che va da un quarto ad addirittura un terzo. E sappiamo che su questo dato pesano soprattutto le emissioni causate dalla produzione di carne, perché l’impronta carbonica dei prodotti animali è molto superiore a quella dei vegetali.
Secondo uno studio pubblicato su Science nel 2020, se anche le emissioni causate dai combustibili fossili fossero eliminate immediatamente, l’impatto dell’industria alimentare da sola impedirebbe di rispettare gli Accordi di Parigi del 2015. Sarebbe infatti impossibile limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2° gradi.
Mito 2: il metano non è un problema
Il metano è un gas serra che si stima abbia un potenziale climalterante 20-30 volte superiore all’anidride carbonica e la produzione di carne produce più metano dei combustibili fossili. Si parla spesso infatti di questo gas come di quello che viene emesso dai rutti e le flatulenze dei bovini e diverse aziende stanno sperimentando mangimi alternativi per i bovini proprio per ridurre queste emissioni.
L’industria della carne però afferma che questo potente gas ha una vita breve, perché persiste nell’atmosfera per circa un decennio. Ma dei ricercatori australiani hanno smentito questa affermazione, spiegando che pur avendo vita breve il metano crea danni a lungo termine.
Mito 3: mangiare carne di manzo non è un problema negli Stati Uniti
Nel 2019, i ricercatori dell’Agricultural Research Service (ARS) del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti hanno pubblicato un’analisi secondo cui la produzione di carne bovina contribuisce solo al 3,3% dell’impronta climatica complessiva della nazione. Questo studio è stato usato per promuovere l’idea che l’allevamento non sia così impattante.
Eppure, spiega il Guardian, considerando che le emissioni degli Stati Uniti sono le seconde più alte al mondo, «il fatto che un singolo prodotto alimentare possa assorbire il 3,3% di quella torta sproporzionatamente grande è ancora sbalorditivo». Si parla infatti di 243 milioni di tonnellate di gas equivalenti di CO2, l’equivalente dell’impronta carbonica dell’intera Spagna — 47 milioni di persone.
Mito 4: gli animali vengono allevati su terreni dove nient’altro può crescere
Questa argomentazione non è necessariamente a favore dell’allevamento, perché altri animali ruminanti come cervi, alci, bisonti possono fornire servizi di questo tipo all’ecosistema. Eppure milioni di animali pascolano in luoghi che non sono praterie autoctone. In tutto il mondo, foreste, zone umide, savane boscose e altri ecosistemi vengono disboscati per fare spazio ai pascoli o alla coltivazione del mangime per gli animali negli allevamenti intensivi.
In quei casi, l’allevamento di animali ha un impatto ancora maggiore a causa di quello che gli esperti chiamano “the opportunity cost of land”, l’opportunità che quella terra offrirebbe nel caso in cui fosse lasciata al suo stato naturale, quindi sotto forma di ecosistemi che invece di produrre gas serra li assorbirebbe.
Mito 5: la tecnologia del futuro ci salverà
L’industria della carne sta facendo investimenti di milioni di dollari per cercare soluzioni che riducano l’impatto della produzione, come l’utilizzo di bio-digestori per il letame o l’utilizzo di alghe nei mangimi dei bovini per ridurre le emissioni di metano.
Tuttavia, per quanto innovative, nessuna iniziativa in questo ambito può avere un impatto grande quanto la drastica diminuzione o l’eliminazione degli allevamenti intensivi. Una scelta che non solo ci darebbe una chance in più di mitigare gli effetti più disastrosi della crisi climatica, ma che riuscirebbe anche a fermare la sofferenza di miliardi di animali e migliorare la nostra salute.