L’Italia vuole censurare i prodotti vegetali, ma noi non ci stiamo!


Claudio Pomo
Responsabile sviluppo

In Italia è stata presentata una proposta di legge che vuole censurare i prodotti vegetali, ma le associazioni chiedono un confronto. Nel caso fosse approvata, i produttori di alternative veg non potrebbero più usare in etichetta termini come “cotolette”, “wurstel”, “salsicce” o “bistecche”. 

34 associazioni della società civile europea e realtà che rappresentano consumatori e aziende impegnate nella produzione di proteine a base vegetale hanno firmato una lettera indirizzata a Commissione Agricoltura e gruppi Parlamentari per chiedere un confronto sulla proposta di legge per poter evidenziare tutte le criticità. La lettera è promossa da noi e sostenuta dalla European Alliance for Plant-based Foods.

Nello specifico, la proposta di legge presentata in Commissione Agricoltura alla Camera vieterebbe ai produttori di alternative vegetali di fare uso di nomi tipici dei prodotti a base di carne. Una legge simile, ricorderete, è stata già discussa e rigettata dall’Unione Europea nel 2020, ma stavolta a cambiare è la motivazione di base: questa proposta non andrebbe a difendere gli interessi dei consumatori altrimenti fuorviati da una nomenclatura ingannevole, sarebbe invece destinata a tutelare le produzioni zootecniche. Sì, avete capito bene. Nell’articolo 1 della proposta di legge si legge infatti che la finalità esplicita è quella di «tutelare il patrimonio zootecnico nazionale». 

Non è solo l’Italia purtroppo a subire gli attacchi della lobby zootecnica: leggi simili sono state proposte in Francia e Repubblica Ceca. Nonostante non ci sorprenda che l’industria dell’allevamento si senta minacciata dall’avanzata delle alternative vegetali, questo tentativo di censura per noi è molto grave e per questo ci mobiliteremo. Anche perché secondo un recente sondaggio di Beuc (The European Consumer Organization) l’88% degli italiani è favorevole o non considera problematico l’utilizzo di questi termini anche per le alternative veg.

La proposta di legge punto per punto: l’aspetto nutrizionale

Secondo la proposta, l’inganno alla base dell’etichettatura dei prodotti vegetali non starebbe tanto nel fatto che il consumatore non sia capace di distinguere un prodotto vegan da uno a base di carne, come affermava invece il “burger ban” in Europa, piuttosto chi acquista quei prodotti sarebbe spinto a pensare che abbia le stesse qualità nutrizionali del corrispondente a base di carne. 

Questa analisi non sta in piedi perché i consumatori non sono così ingenui e fondamentalmente non comprano un prodotto per avere le stesse qualità nutrizionali di un altro. Inoltre, anche tra prodotti con nomi simili di origine animale c’è una grande variabile dal punto di vista nutrizionale: basti pensare al prosciutto crudo e quello cotto, o a un wurstel di pollo e uno di suino. 

Sempre secondo la proposta, i prodotti vegetali che «vengono macinati, mischiati, arricchiti con aromi e addensanti non hanno nulla a che fare, dal punto di vista nutrizionale, con i veri prodotti della zootecnia: vitamine, proteine, sali minerali (e spesso anche apporto calorico complessivo) sono sideralmente distanti da quelli dei prodotti della zootecnia». In realtà, a differenza di quanto vorrebbero dare a intendere gli autori della proposta, i valori nutrizionali di un prodotto vegetale sono molto migliori, perché contengono meno grassi, più fibre, zero colesterolo, né potenziali batteri o tracce di antibiotici. 

La questione degli aromi e il Made Italy

Un altro punto molto controverso fa riferimento a «l’impiego di numerosi additivi, aromatizzanti e coadiuvanti indispensabili per conferire consistenza e sapore ai ricostituiti vegetali; sostanze impiegate legittimamente, ma che non vanno assunte in misura eccessiva». Una critica gratuita, visto che sulle etichette di moltissimi prodotti a base di carne, come gli insaccati, si può notare la presenza di additivi e aromatizzanti

La proposta si riferisce poi a un non ben definito «cibo sintetico», che «rappresenta un mezzo pericoloso per distruggere ogni legame con il cibo naturale e con i diversi territori, cancellando ogni distinzione culturale, spesso millenaria». Ma le proteine vegetali, così come la base di tantissime alternative veg, provengono dai legumi, prodotti che non sono affatto sintetici, né artificiali, e che fanno in tutto e per tutto parte della nostra tradizione culinaria.

Infine, la proposta fa «un appello al giusto riconoscimento e al rispetto del lavoro delle nostre aziende». Una visione miope che non considera come moltissime aziende veg siano anch’esse italiane e a causa di questa legge subiranno gravi danni economici, per la necessità di investire ingenti somme in ricerca, marketing e rifacimento di tutto il packaging e comunicazione.

Non staremo a guardare

Sostenere il settore zootecnico a scapito della transizione vegetale va contro non solo il bene dei cittadini, ma anche gli stessi valori promossi dall’Unione Europea. Con la strategia Farm to Fork, l’Unione Europea si è impegnata a promuovere un’alimentazione più sostenibile, perché questo settore e in particolare la produzione di carne è tra i più inquinanti a livello globale. L’Italia non deve e non può permettersi di remare contro.

È chiaro dai sondaggi che i consumatori italiani stanno introducendo nella loro alimentazione sempre più alimenti a base vegetale, molti dei quali spinti da motivi ambientali o etici. Questa proposta è un tentativo di rallentare la crescita di questo mercato e far fallire i piani dell’UE per un sistema alimentare sostenibile

Non resteremo fermi a guardare! Firma la petizione per fermare la censura dei prodotti vegetali e segui i nostri social per rimanere aggiornato sulle prossime azioni.