Trasmissione di aviaria nei mammiferi: allarme tra gli scienziati
«Estremamente preoccupante», così definiscono gli scienziati il focolaio di influenza aviaria H5N1 registrato in un allevamento di visoni in Galizia, Spagna. Il rischio che il virus evolva e si adatti ai mammiferi è ora più alto.
Non SARS-Cov-2, ma H5N1: è questa la ragione per cui a ottobre dell’anno scorso i visoni in un grande allevamento in Spagna hanno iniziato a morire. Dopo la scoperta, i lavoratori sono stati messi in quarantena per ordine delle autorità e più di 50 mila animali sono stati abbattuti.
Nessun essere umano, tra chi è entrato in contatto con i visoni, è stato infettato, ma l’episodio è preoccupante, perché mostra la capacità del virus ad alto tasso di letalità di trasmettersi tra mammiferi. Finora non è mai stata dimostrata la trasmissione tra esseri umani (umano-umano, per capirci), ma solo da uccelli infetti ad altri animali o esseri umani. Tuttavia, è da anni che gli esperti esprimono preoccupazione per questo virus, che potrebbe dare vita a una pandemia ben peggiore di quella di SARS-CoV-2.
Cosa dicono gli esperti
Tom Peacock, virologo dell’Imperial College di Londra, ha definito l’evento «incredibilmente preoccupante», aggiungendo che questo è «un chiaro meccanismo per l’inizio di una pandemia H5». Isabella Monne, ricercatrice veterinaria presso il Laboratorio di riferimento dell’Unione europea per l’influenza aviaria in Italia, dove sono stati sequenziati i campioni dalla Spagna, ha definito la scoperta «un campanello d’allarme».
Ce lo ha spiegato l’anno scorso anche il prof. Decaro, ordinario di Malattie infettive degli animali presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari e Presidente della Associazione Nazionale Infettivologi Veterinari: «Bisogna essere molto attenti nella sorveglianza e bisogna monitorare l’andamento della situazione epidemiologica anche anche perché il virus potrebbe poi accumulare delle mutazioni favorevoli all’adattamento. In altre parole: il virus al momento non si è adattato all’uomo, ma esiste l’eventualità che possa farlo in futuro».
In maniera molto simile si è espresso, in una nostra intervista, Ernesto Burgio, medico pediatra ed esperto in epigenetica e biologia molecolare. L’esperto ha dichiarato: «Da vent’anni parliamo dell’aviaria come di un pericolosissimo “spettro” che si aggira per il mondo». E aggiunge: «Sono ormai vent’anni che diciamo che gli allevamenti intensivi sono il vero problema, che si tratta di vere e proprie “bombe ecologiche” a orologeria, ma come vede non abbiamo ottenuto nessuna risposta. Spesso in questi casi l’allarme viene recepito troppo tardi: e in questo senso la pandemia in atto dovrebbe essere un campanello d’allarme».
Il ruolo degli allevamenti
La pandemia a cui si riferisce Burgio è quella che da ormai due anni circola negli allevamenti intensivi avicoli di tutto il mondo, compresa l’Italia, e che ha portato all’abbattimento preventivo di milioni di animali. L’anno scorso abbiamo documentato l’abbattimento di 300 mila polli in un allevamento in Veneto, la regione maggiormente colpita dal virus. Le immagini sono state poi riprese da Report, Il Guardian e Indovina chi viene a cena.
Negli allevamenti di polli e tacchini sparsi per il mondo stanno circolando varianti dell’influenza aviaria, tutte in grado di infettare e uccidere l’uomo e potenzialmente più gravi del Covid-19. Questi animali geneticamente selezionati e rinchiusi in allevamenti intensivi sovraffollati possono essere amplificatori del virus. Perciò, oltre ad essere luoghi crudeli per gli animali, gli allevamenti intensivi sono serbatoi di virus che rappresentano un rischio troppo alto per la salute globale. Dobbiamo chiuderli e al più presto.
Quello che accade agli animali non ti piacerà. Ma per cambiare le cose, prima bisogna conoscerle.
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