Terzo focolaio italiano di coronavirus in un allevamento di visoni


Simone Montuschi
Presidente

Si tratta dell’allevamento di visoni situato a Galeata (FC) e gli animali sono stati subito abbattuti. Assieme a Humane Society International/Europe e LAV ci appelliamo al ministro Francesco Lollobrigida affinché emani il decreto, atteso da gennaio, per attuare l’eventuale cessione dei visoni.

Il terzo focolaio italiano di SARS-CoV-2 all’interno di un allevamento di visoni è stato reso noto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale. Si tratta di due animali rinchiusi in un allevamento in provincia di Forlì-Cesena, il quale, così come gli altri allevamenti italiani di visoni, è oramai chiuso a seguito del divieto di allevamento per la produzione di pellicce entrato in vigore il primo di gennaio 2022. I di più 1500 visoni presenti sono stati subito abbattuti e ora l’allevamento è vuoto.

Nonostante sia passato ormai quasi un anno, siamo ancora in attesa del decreto interministeriale per avviare lo svuotamento degli ultimi 5 allevamenti italiani di visoni dove ancora sono stabulati e ammassati, in minuscole gabbie, circa 5.000 animali. È evidente come l’inazione dei ministeri competenti stia continuando a rappresentare un rischio per la salute pubblica e continui ad ignorare i principi più basilari di benessere animale.

© Essere Animali

Assieme a Humane Society international/Europe e LAV chiediamo al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida di intervenire con urgenza dando concreta attuazione a quanto sancito con la legge di bilancio 2022 e consentire quindi il trasferimento di almeno alcuni dei visoni ancora rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti intensivi. 

Altri focolai di coronavirus negli allevamenti di visoni

In Italia si sono già verificati due focolai di coronavirus in allevamenti di visoni, ad agosto 2020 a Capralba(Cremona) e a gennaio 2021 a Villa del Conte (Padova), in seguito dei quali tutti gli animali allevati furono indistintamente abbattuti. Il nostro team investigativo riuscì a filmare l’operazione, diffondendo strazianti immagini di migliaia di visoni uccisi in una camera a gas e gettati con la pala del trattore in un cassone. Ora anche i 1.523 visoni presenti a Galeata sono stati abbattuti in questo modo. 

Gli altri allevamenti di visoni presenti in Italia

In Italia, gli altri allevamenti che, seppur di fatto chiusi, detengono ancora animali, sono situati a Ravenna, nella frazione San Marco (640 visoni), a Capergnanica (Cremona, 1.180 visoni), a Calvagese della Riviera (Brescia, 1.800 visoni), e a Castel di Sangro (L’Aquila, 18 visoni). 

Questi animali sarebbero dovuti essere stati utilizzati per l’avvio di un nuovo ciclo produttivo nel 2021, ma, in seguito al temporaneo divieto alla riproduzione disposto dall’allora ministro della Salute come misura anti-covid al successivo divieto permanente dell’allevamento di visoni e di ogni altro animale per la produzione di pellicce, sono rimasti in una sorta di limbo. Difatti non potevano né essere uccisi per finalità commerciali — ovvero l’ottenimento della pelliccia — né per esigenze di salute pubblica — a meno di conclamata infezione da coronavirus — né tanto meno potevano essere liberati in natura, in quanto predatori non autoctoni e potenziali reservoir del virus pandemico. 

Il decreto tanto atteso

Secondo le disposizioni della Legge 234/2021 che ha bandito gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce, il ministro dell’Agricoltura avrebbe dovuto disciplinare, mediante decreto, le modalità di indennizzo per gli allevatori di visoni e l’eventuale cessione di questi animali a strutture gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste. Se il decreto fosse stato adottato nei tempi previsti, fine gennaio, probabilmente, almeno parte dei visoni all’epoca presenti negli allevamenti in dismissione, avrebbero potuto essere accasati in altre strutture diminuendo così la densità di popolazione e, di conseguenza, l’assembramento di animali particolarmente suscettibili all’infezione da coronavirus SARS-CoV-2.

alcuni nostri attivisti alla manifestazionea roma per chiudere gli allevamenti di visoni
Manifestazione di Essere Animali e Lav a Roma davanti al Ministero della Salute.
© Essere Animali

Questo grave ritardo nella gestione degli oltre 5.000 visoni ancora presenti negli allevamenti chiusi non costituisce solo un problema di benessere animale — essendo questi visoni rinchiusi nelle stesse gabbie di pochi centimetri quadrati da più anni, trattandosi di riproduttori — ma rappresenta anche un oggettivo potenziale pericolo anche per la salute pubblica. La catena di contagio uomo-visone-uomo (con un salto di specie di ritorno e con un virus mutato) è stata ampiamente documentata sin dai primi casi segnalati in Olanda a maggio 2020. 

Un problema per gli animali e per la salute pubblica

Per evitare il rischio di formazione di nuovi focolai di coronavirus in allevamenti di visoni europei, e per risparmiare la vita di milioni di animali sfruttati solo per il valore della loro pelliccia, invitiamo chi ancora non lo avesse fatto a sostenere, con una firma, la petizione Fur Free Europe, un’iniziativa dei cittadini europei con la quale stiamo chiedendo alla Commissione UE di vietare gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce e il commercio, compreso l’import, di prodotti di pellicceria.

A oggi l’inizitiva ha già superato il milione firme, ma per essere efficace deve superare 1,4 milione entro maggio 2023, solo così la Commissione europea sarà obbligata a rispondere e agire rispetto alle nostre richieste.