Il modo in cui i giornali parlano del consumo di carne è sbagliato: lo studio


Maria Mancuso
Web content editor

Secondo un nuovo studio pubblicato su Sustainability, i giornali stanno facendo con il consumo di carne lo stesso errore che hanno fatto per decenni con la crisi climatica: presentano la questione come un dibattito aperto, quando invece la comunità scientifica concorda sul fatto che i Paesi ad alto reddito dovrebbero ridurre drasticamente il loro consumo di carne e proteine animali.

Sappiamo bene quanto importante sia la comunicazione e l’informazione: non facciamo che leggere e ascoltare notizie tutto il giorno, su mezzi di comunicazione ubiquitari e spesso invadenti. E quello che assorbiamo influenza inevitabilmente la nostra percezione sull’urgenza di un problema. Sappiamo che quando una notizia è sulle prime pagine dei giornali, al TG e nei programmi televisivi, la preoccupazione del pubblico su quel tema aumenta. E sappiamo che anche il modo in cui la notizia è presentata è essenziale.

Per decenni i giornali si sono occupati in maniera inadeguata del cambiamento climatico, presentandolo come fosse una questione ancora da discutere, come se la comunità scientifica fosse spaccata tra chi sosteneva fosse causato dalle attività umane e chi no. E ancora oggi c’è chi vorrebbe far passare l’idea che la crisi ecoclimatica sia ‘naturale’, che le rare nevicate siano una dimostrazione del fatto che la situazione non sia così grave e che le temperature estreme delle ultime estati siano frutto del caso. Ovviamente non è così: secondo uno studio pubblicato nel 2021 oltre il 99% della letteratura scientifica sottoposta a revisione paritaria (peer-reviewed) è concorde sul fatto che il cambiamento climatico sia causato dall’essere umano.

Il consumo di carne spiegato dai giornali

E anche per quanto riguarda la necessità di ridurre o eliminare il consumo di carne nel Nord globale la comunità scientifica è ampiamente concorde: «Esistono prove scientifiche chiare che le diete nei Paesi ad alto reddito debbano spostarsi dagli alimenti di origine animale a quelli di origine vegetale non solo per ridurre i gas serra in modo da affrontare il cambiamento climatico, ma anche per ridurre lo sfruttamento di risorse (ad esempio terra, acqua) e l’inquinamento», scrivono nel loro studio gli scienziati della Towson University del Maryland e dell’Università del Wisconsin. Tuttavia, aggiungono «molti giornalisti stanno presentando “entrambe le parti” e, quindi, trattano la questione come un dibattito aperto».

Quante volte, anche sulla stampa e la tv italiana, si leggono articoli sulla presunta sostenibilità della carne bovina in cui vengono intervistati rappresentanti dell’industria zootecnica? Oppure servizi sulla pericolosità, sul piano nutrizionale, della scelta vegan, senza sentire l’opinione di un esperto in materia? Presentare due punti di vista come se fossero equi, senza indicare quale dei due è basato sulla letteratura scientifica e quale no è una strategia utilizzata ampiamente dai media che crea confusione e, in definitiva, produce cattiva informazione.

La voce mancante è quella degli scienziati che studiano l’impronta ambientale dei diversi tipi di alimentazione, i quali ormai da anni giungono alla stessa conclusione ed è che la transizione verso l’alimentazione vegetale è fondamentale per limitare l’aumento delle temperature. Una transizione che deve essere supportata da politiche coraggiose e proiettate al lungo termine.

Jillian Fry, alla guida del team di ricercatori che ha realizzato lo studio afferma in un’intervista: «Il cambiamento dell’alimentazione è spesso considerato come un fatto molto personale, anche se gli attuali pattern alimentari sono fortemente influenzati dalle decisioni aziendali e dalle politiche del governo. Questo framing individuale e ‘per passi’ è rafforzata dalla copertura giornalistica che pone l’onere principalmente sull’individuo invitandolo a consumare meno carne. I cambiamenti dal punto di vista economico associati alla diminuzione del consumo di carne e latticini sono presentati negativamente; e potenziali soluzioni, come lo sviluppo di programmi per supportare i produttori di carne e latte nella transizione verso un altro tipo di produzione alimentare, gli sforzi per costringere i produttori ad affrontare i costi/danni esternalizzati o le tasse sui prodotti animali, non sono comunemente discussi nonostante la crescente attenzione tra i ricercatori».

Un giornalismo diverso

L’invito dei ricercatori è quindi quello di fare un giornalismo più responsabile. Così com’è successo con il cambiamento climatico, anche nei confronti del consumo di carne i giornalisti e i divulgatori dovrebbero essere più attenti e cauti nei confronti delle opinioni di chi è chiaramente di parte e non supporta le proprie affermazioni con dati provenienti da fonti affidabili. E sì, indubbiamente noi di Essere Animali siamo di parte, è il nostro lavoro, ma quando parliamo di scienza, sostenibilità e ambiente lo facciamo sulla base di studi autorevoli e non di posizioni prese a priori.