Come funzionano i controlli ufficiali negli allevamenti intensivi?
Quando mostriamo le nostre indagini all’interno degli allevamenti intensivi sono molte le persone che ci chiedono: «ma dove sono i controlli?». Ecco un articolo per spiegare come funzionano i controlli ufficiali.
Negli anni le domande sui controlli negli allevamenti che abbiamo ricevuto da chi ci segue sono numerosissime. Molte e molti di voi ci hanno chiesto: come funzionano? Come si sceglie chi controllare e che risultati danno? Sono estemporanei o periodici? E con quale frequenza vengono effettuati?
Per rispondere alle vostre domande abbiamo deciso di parlare con due figure cruciali per quanto riguarda i controlli negli allevamenti: un agente dei carabinieri forestali e un veterinario.

Come funzionano e che cosa si controlla?
I motivi per cui un veterinario svolge un controllo in un allevamento sono diversi, ci spiega Enrico Moriconi, medico veterinario e dirigente SSN e Presidente dell’associazione Veterinari per i Diritti Animali. Ad esempio negli allevamenti bovini e suini viene controllato innanzitutto lo stato sanitario degli animali, le cosiddette profilassi, oppure un altro motivo di controllo è la registrazione degli animali, che è una richiesta dell’Unione Europea — nel concreto, i veterinari controllano che i numeri sulle marche auricolari degli animali coincidano con quelli sul registro. Questa, spiega Moriconi, non è un pratica di poco conto: laddove si riscontrano problematiche di benessere animale, queste sono spesso, se non sempre, associate a una situazione di irregolarità nella registrazione.
I controlli dei carabinieri forestali funzionano diversamente, ci spiega l’agente con cui abbiamo parlato. Innanzitutto sono straordinari (cioè, non regolari) e non sono mai concordati: il veterinario ASL, per assicurarsi di trovare qualcuno nell’allevamento e non perdere quindi tempo, ha la possibilità di avvisare l’allevatore per far trovare qualcuno in sede. Diversamente, la forestale effettua un controllo genuino, senza alcun tipo di avviso, presentandosi in una determinata giornata nell’allevamento prescelto.
I carabinieri sono accompagnati da un veterinario ASL di fiducia, se hanno il tempo di avvertirlo, oppure se un controllo non è programmabile chiamano il veterinario che è di turno quel giorno. Se il veterinario è fidato e lavora bene c’è molta sinergia e i controlli sono più efficaci: veterinario e agenti sottoscrivono lo stesso verbale a cui allegano foto e così quel documento ha più valore. Questo perché di fronte a un magistrato, quando si parla ad esempio di maltrattamento animale, la parola del veterinario ha più validità rispetto a ciò che dice la polizia giudiziaria.
Rispetto ad altre autorità, i carabinieri forestali, avendo la qualifica di polizia giudiziaria, durante un unico sopralluogo possono controllare ogni aspetto dell’allevamento per assicurarsi che sia tutto a norma di legge. Dalla tracciabilità degli animali e di quello che mangiano, agli effluenti (letami e liquami) e le carcasse. Quindi tutti gli aspetti, sia materia sanitaria, che ambientale e agroalimentare. Storicamente sono molto attenti al benessere degli animali ed effettuano anche controlli su strada. L’ARPA, per fare un esempio, non può fare un controllo sul benessere animale perché ha solo prerogativa sugli aspetti ambientali.
Quanti allevamenti vengono controllati e con quale frequenza?
Innanzitutto chiariamo un punto cruciale: come ci spiega il dottor Moriconi, non tutti gli allevamenti sono sottoposti a controlli. Il numero di veterinari, soprattutto rispetto al numero di animali allevati in Italia, è limitato e questo non permette di controllare tutti gli allevamenti, bensì solo un campione. I controlli sono gestiti da ogni singola ASL su indicazione delle leggi in materia.
C’è poi una serie di campionamenti che consistono in prelievi negli animali vivi, per controllare l’uso dei farmaci: gli antibiotici, gli ormonici e via dicendo. Questo tipo di controlli sono estremamente pochi (si controlla solo lo 0,4% dei bovini italiani, mentre nel caso di suini, delle capre e dei montoni questa percentuale scende a 0,05%: 5 animali ogni 1000).
In fatto di benessere degli animali, la situazione è libera: vale a dire che dipende dalle singole ASL fare controlli a campioni, con numeri decisi da loro. Un limite è che ogni veterinario si dedica ad un’area precisa, ad esempio l’area A è quella delle malattie, l’area C’è quella per il farmaco e il benessere. Perciò, se un veterinario di area A effettua un controllo eviterà di guardare anche al benessere che invece è prerogativa del collega di area C. Secondo Moriconi questo è un errore, perché in tutti i casi in cui si verificano situazione negative si constata sempre che o le ASL non sono intervenute, o non hanno verificato.
L’agente ci racconta inoltre che per quanto riguarda gli animali da reddito, a differenza di quelli d’affezione, è più facile che le problematiche vengano segnalate dall’ASL o, in maniera minore, da altri allevatori. Generalmente i veterinari dell’ASL chiedono aiuto nei casi in cui non riescano a migliorare delle situazioni attraverso le loro checklist: se l’allevatore non risponde ai richiami, sono proprio i veterinari dell’ASL a chiedere di effettuare controlli congiunti con la forestale per dare più peso ai controlli stessi e quindi operare meglio.
Che potere ha il veterinario e cosa succede dopo il controllo?
Che potere ha il veterinario pubblico dunque, qualcuno si chiederà? Moriconi ci spiega che questa figura ha tre livelli di intervento. Può 1) dare delle prescrizioni al responsabile dell’allevamento e verificare dopo un tempo congruo se le prescrizioni sono state rispettate e tornare dopo qualche mese 2) può passare al sanzionamento, sempre con la prescrizione e 3) può effettuare la trasmissione degli atti al giudice — colui che ha il dovere e il potere di verificare le condizioni degli animali.
Nel caso in cui si tratti di un grosso gruppo con più stabilimenti in Italia, spiega l’agente, gli allevatori di solito cercano di non avere attriti con l’ordine di controllo perché hanno molto da temere a livello di immagine. Mentre il piccolo o medio allevatore che ha una o due sedi potrebbe anche arrivare a fare la voce grossa con il veterinario ASL, se quest’ultimo è solo.
Ci sono delle storture nel sistema?
Esistono però casi, ci racconta l’agente della forestale, in cui tra allevatore e veterinario si può instaurare un rapporto tale per cui se gli agenti della forestale imputano un maltrattamento, l’allevatore chiama a sua difesa il veterinario. Questo avviene, ci spiega, quando il veterinario dell’ASL che controlla quell’allevamento è sempre lo stesso per anni. Il rapporto umano ammorbidisce inevitabilmente il controllo. Alcune esperienze positive invece ci sono state quando ad esempio la procura ha nominato dei veterinari da fuori regione o dal bacino ASL, scevri da condizionamenti personali, che hanno fatto quindi il loro lavoro in maniera più obiettiva.
E invece le esperienze peggiori, gli chiediamo? «Quando gli allevamenti non vengono controllati da anni», risponde. Se l’allevatore non rispetta le regole e per anni non viene controllato, o è controllato sempre dallo stesso veterinario, possono esserci situazioni fuori dai limiti della legge e che non sono state poste sotto i riflettori. «L’allevatore tiene conto del benessere se gli produce reddito, altrimenti è meno portato ad investire in quel settore».
Sei a conoscenza di un’illegalità?
Dal 2018 abbiamo denunciato molti allevamenti e da allora il nostro team legale segue passo dopo passo l’iter di questi procedimenti. Lo scorso abbiamo lanciato un sito per dare la possibilità di segnalare in maniera anonima e gratuita potenziali reati negli allevamenti intensivi e nei macelli italiani. Ci occupiamo di: maltrattamento di animali, inquinamento ambientale, sfruttamento del lavoro, problemi sanitari e frodi alimentari. Se sei a conoscenza di un reato in un allevamento, fai una segnalazione. Noi ci occuperemo di verificare il problema, raccogliere prove e avviare un’azione legale per fermare le illegalità riscontrate.