Allevatore assolto dopo nostra investigazione: anche la Procura si oppone
Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto comunicazione che il pubblico ministero titolare delle indagini in primo grado di un processo partito dopo una nostra indagine e in cui ci siamo costituiti parte civile ha deciso di fare appello contro l’assoluzione.
Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto una notizia che ci ha lasciati positivamente sorpresi: ricordate la notizia dell’assoluzione dell’allevatore del Forlivese che avevamo denunciato per maltrattamento sugli animali a seguito di una nostra indagine durata oltre sei mesi? Si era trattato del primo processo in Italia per il reato di maltrattamento nei confronti di animali non appartenenti a specie cosiddette “familiari”. Bene, il pubblico ministero titolare del fascicolo ha deciso di fare appello contro la sentenza di assoluzione del legale rappresentante dell’azienda. Si tratta dello stesso PM che dopo aver letto la nostra denuncia e visionato i filmati del nostro team investigativo aveva svolto le indagini nei confronti dell’allevatore e l’aveva rinviato a giudizio.

Cosa significa questo?
Questa è la conferma che la procura di Forlì ritiene che quanto denunciato da Essere Animali, accertato dagli inquirenti e fatto emergere nel corso del processo anche attraverso il nostro consulente sia più che sufficiente per ottenere una sentenza di condanna per maltrattamento, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale. Di fatto il pubblico ministero ha preso posizione ritenendo che il giudice di primo grado abbia sbagliato nella sua valutazione dei fatti, attribuendo valore determinante a ricostruzioni e valutazioni della difesa che non sono credibili né sufficienti a eliminare la colpevolezza dell’allevatore.
Siamo contenti di questa notizia, perché rafforza la nostra posizione in vista della decisione della Corte d’appello. Gli argomenti del PM vanno a sostenere direttamente le argomentazioni che avevamo già speso nell’atto di appello. Alla luce della gravità dei comportamenti documentati non soltanto dall’associazione ma anche dalla polizia giudiziaria a seguito della nostra denuncia, non è possibile ritenere che l’allevatore possa restare impunito. Chiediamo l’applicazione rigorosa delle norme del codice penale anche agli animali allevati.
Breve cronistoria degli eventi
- Nel 2016 abbiamo denunciato un allevamento di maiali in provincia di Forlì che i nostri investigatori avevano monitorato per sei mesi. Abbiamo documentato le condizioni penose dei suinetti nel capannone destinato alla fase di pre-ingrasso, con animali feriti non curati e lasciati agonizzanti, assenza di arricchimenti ambientali e violenza da parte degli addetti.
- A seguito della nostra denuncia, il Corpo Forestale dello Stato e la AUSL sono intervenuti in maniera congiunta. Il loro blitz ha accertato la presenza di oltre 550 maiali con il mantello sporco di feci, alcuni dei quali presentavano ferite chiaramente causate da altri suini. Alcuni animali erano malati e sofferenti, uno aveva una profonda ferita da cannibalismo all’altezza della coda. I maiali si presentavano particolarmente aggressivi, anche a causa della carenza di arricchimenti ambientali e della carenza di spazio pulito. Fattori che provocavano tensioni sociali che portavano a episodi di aggressività e cannibalismo.
- La Procura ha rinviato a giudizio il legale rappresentante dell’azienda agricola per maltrattamento di animali, a causa delle carenze della struttura e delle mancate cure ai maiali feriti, che ne provocavano la morte.

- Nel 2019 è iniziato il processo, il primo in Italia per maltrattamenti nei confronti di animali “da reddito”, nel quale ci siamo costituiti parte civile per chiedere la condanna dell’allevatore. Il Comandante dei Carabinieri Forestali di Forlì ha riferito di non aver mai visto nulla di simile in tanti anni di servizio. Il nostro consulente in benessere animale, il dottor Enrico Moriconi, ha confermato la gravità delle carenze documentate dagli inquirenti, che costituiscono violazioni della normativa di settore. Il consulente di parte dell’allevatore ha invece minimizzato, riconducendo le problematiche legate al cannibalismo alla normale “esuberanza” dei suinetti giovani.
- Nel 2021, come abbiamo già detto, il processo di primo grado si è chiuso con l’assoluzione, contro la quale abbiamo presentato appello. La decisione del pubblico ministero titolare delle indagini in primo grado di fare appello contro l’assoluzione potrebbe far volgere l’esito dell’appello a nostro favore.
Perché siamo fiduciosi
Nel nostro sistema ci sono tre gradi di giudizio, due dei quali sono di merito, mentre il terzo è solo di legittimità. Questo significa che la Corte di appello ha il potere di decidere in modo totalmente autonomo rispetto al giudice che si è occupato della questione in primo grado. Potrebbe quindi completamente rovesciare il verdetto, condannando l’allevatore come avevamo chiesto sin dall’inizio.
Da sempre facciamo seguire alle nostre indagini denunce e segnalazioni alle forze dell’ordine, perché crediamo nell’importanza di attivarci per cambiare il destino degli animali attraverso le legge. Negli anni abbiamo denunciato 13 allevamenti e siamo già riusciti a ottenere sentenze favorevoli e ci impegneremo sempre più in questa direzione.