Quando sono nati e che cosa sono gli allevamenti intensivi?
Gli allevamenti intensivi sono nati per errore nel 1923. A distanza di quasi cento anni è ora di mettere fine a questa crudeltà che crea sofferenza a miliardi di animali ogni anno. In questo articolo ti raccontiamo come sono nati e che cosa si intende per “allevamento intensivo”.
Gli allevamenti intensivi sono ormai la norma in moltissimi Paesi, tra cui l’Italia. È qui che vive la maggior parte degli animali sfruttati dall’industria alimentare: polli, galline ovaiole, mucche, vitelli, maiali. Soprattutto nella Pianura Padana, dove si concentrano numerose produzioni Made in Italy conosciute in tutto il mondo, così come il numero maggiore di capi allevati.
La storia degli allevamenti intensivi
Stupirà alcuni, ma gli allevamenti intensivi sono nati per un errore. Quasi cento anni fa, nel 1923, Cecile Long Steel, piccola allevatrice statunitense riceve per sbaglio un carico di 500 pulcini, dieci volte tanto quanto ne aveva ordinati.
Invece di mandarli indietro, decide di tenerli e di chiuderli in un capannone al chiuso. Li nutre con mangimi di mais e integratori. Sorprendentemente l’esperimento riesce: gli animali sopravvivono e si riproducono, aumentando ancora. Secondo alcuni, Steel avrebbe inventato la “moderna industria del pollo“.

Quando un allevamento diventa intensivo
A oggi non esiste una definizione giuridica di allevamento intensivo. Nel 2020 Eleonora Evi aveva presentato un emendamento alla riforma della PAC, la Politica Agricola Comune, chiedendo di introdurre una definizione giuridica di allevamento intensivo in modo da controllare l’allocazione dei fondi, evitando di destinarli ai grandi allevamenti intensivi. L’emendamento è stato però bloccato.
Come spiega l’Associazione Medici per l’Ambiente abbiamo però l’elencazione di alcune tipologie di allevamento intensivo contenute nel D.L.gs 152/2006 Norme in materia ambientale che definisce “intensivi” gli allevamenti che hanno:
a) 40.000 posti pollame;
b) 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg)
c) 750 posti scrofe.
Al di là di questo sappiamo che gli allevamenti intensivi sono luoghi ampi e chiusi, spesso senza finestre (e quindi senza luce solare), sporchi e popolati da topi, scarafaggi e altri insetti. Al loro interno gli animali hanno pochissimo spazio per muoversi e difficilmente escono da quelle mura se non per andare al macello.
Cosa succede negli allevamenti intensivi e come vengono trattati gli animali
Parte fondante del nostro lavoro è di documentare le condizioni degli animali negli allevamenti intensivi, innanzitutto quelli italiani. Lo facciamo da dieci anni con visite notturne, investigazioni e indagini sotto copertura e quello che abbiamo visto sono condizioni tremende, dove a prevalere sono gli interessi economici e il profitto, non la salute degli animali.
Le immagini che abbiamo raccolto negli anni mostrano capannoni sovraffollati, pieni di sporcizia, senza alcun o pochi arricchimenti ambientali, segnati da alta mortalità e un uso diffuso di farmaci. Qui le illegalità non sono l’eccezione, ma la regola di un sistema marcio.
Che cos’è l’allevamento tradizionale
Esistono metodi meno crudeli e più rispettosi dell’etologia degli animali dell’allevamento itnensivo, come l’allevamento all’aperto o biologico, che prevedeno più tempo all’aria aperta e mangimi più naturali. Ma ciò non vuol dire che questo sia il modo migliore per gli animali di spendere la loro vita. Anche in questi luoghi il loro destino è di essere sfruttati per produrre carne, uova o latte e infine uccisi.
Guarda le nostre indagini
Le nostre indagini mostrano che cosa succede ogni giorno all’interno degli allevamenti intensivi italiani, mettendo in luce la necessità di un cambiamento urgente, per porre fine subito alle pratiche più crudeli.