La filiera DOP vista da un’associazione per i diritti degli animali


Francesco Ceccarelli
Responsabile investigazioni

Sapete quanti sono gli allevamenti che fanno parte del circuito DOP? In particolare quelli che forniscono “materia prima” per il Prosciutto San Daniele e Prosciutto di Parma, e quanti maiali vengono allevati per queste produzioni.

È da poco uscita la nostra ultima indagine in un allevamento di maiali fornitore del circuito DOP, un settore dell’eccellenza Made in Italy che coinvolge centinaia di allevamenti. Negli anni abbiamo svolto diverse indagini negli allevamenti di maiali e molti di questi erano fornitori di carne per la produzione di Prosciutto di Parma, uno dei tanti prodotti DOP italiani con un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro.

Prosciutto di Parma DOP

Il Consorzio che si occupa della produzione di Prosciutto di Parma riunisce 140 aziende produttrici che nel 2020 hanno realizzato un totale di 8,7 milioni di prosciutti di Parma (marchiati). Se il numero delle aziende produttrici sembra basso, è perché queste non si occupano necessariamente di allevare gli animali, ma solo delle fasi di trasformazione della materia prima. 

Difatti, mentre la zona di produzione deve trovarsi nel territorio della provincia di Parma, le cosce possono provenire da un’area geograficamente, decisamente, più ampia e coinvolge 3600 allevamenti in dieci regioni italiane: Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio. In questa zona, spiega il disciplinare, “hanno sede tutti gli allevamenti dei suini le cui cosce sono destinate alla produzione del prosciutto di Parma, gli stabilimenti di macellazione abilitati alla relativa preparazione nonché i laboratori di sezionamento eventualmente ricompresi nel circuito della produzione protetta”. Un dettaglio che in molti ignorano, ma che di fronte a una produzione di oltre 8 milioni di prosciutti ogni anno, quindi industriale, diventa una necessità. 

Prosciutto di San Daniele DOP

Con un fatturato di 310 milioni di euro e una produzione che tocca i 2,5 milioni di prosciutti, il Prosciutto di San Daniele è un altro prodotto DOP molto consumato in Italia. La filiera produttiva, come si legge sul loro sito, è composta da 3.626 allevamenti e 45 macelli, e si trova infatti in dieci regioni elencate nel disciplinare di produzione: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria. I 31 prosciuttifici consorziati hanno sede invece a San Daniele del Friuli.

Di fronte a questi numeri, bastano dei semplici calcoli per capire quanti maiali italiani vengono allevati per la produzione DOP di questi due prosciutti. Come indica la BDN, i maiali allevati nel nostro Paese ammontano a 8,7 milioni, di cui la metà in Lombardia. Considerando che per la produzione di Prosciutto di Parma utilizza oltre 4 milioni di suini e quella di Prosciutto San Daniele più di 1 milione, questo vuol dire che insieme impiegano oltre il 60% di tutti i maiali allevati in Italia. Non è invece accessibile una lista precisa degli allevamenti fornitori.

Le nostre indagini negli allevamenti del circuito DOP

Dal 2012 abbiamo svolto 9 indagini negli allevamenti di maiali, di cui almeno 7 hanno mostrato le condizioni degli animali in allevamenti del circuito DOP. Pur non potendo affermare che in tutti gli allevamenti della filiera si verificano le stesse storture del sistema, ciò che il nostro team investigativo ha scoperto è molto preoccupante.

Abusi degli operatori durante la movimentazione, carcasse abbandonate in stato di decomposizione, animali ricoperti di escrementi e senza un’area asciutta e pulita dove sdraiarsi, cuccioli sottoposti a castrazione senza anestesia (anche oltre l’età permessa) e scrofe a cui vengono gettati i testicoli dei propri suinetti nella mangiatoia, maltrattamenti e reati che abbiamo denunciato alle autorità.

Guarda la nostra ultima indagine

Ad esempio, dopo l’ultima indagine, abbiamo inviato un esposto ai NAS di Cremona e un controllo successivo dell’ATS di Milano ha confermato diverse criticità relative al benessere degli animali. Le autorità hanno impartito diverse prescrizioni al titolare, incluso l’obbligo di spostare gli animali malati e migliorare lo smaltimento dei liquami, installare arricchimenti ambientali, sostituire le strutture danneggiate in grado di ferire gli animali, cambiare le pavimentazioni non idonee.

Non sono mele marce

Da 10 anni entriamo negli allevamenti intensivi di tutta Italia e troppo spesso abbiamo documentato situazioni simili tra loro, in cui ad avere la peggio sono sempre loro, gli animali. Per quanto le nostre indagini siano fondamentali a gettare luce sulle condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi, da sole non bastano

Per questo chiediamo alle istituzioni di intervenire con urgenza per modificare l’attuale sistema dei controlli negli allevamenti, di competenza del Ministero della Salute, in modo da rendere le ispezioni ufficiali più efficaci e numerose.