Aviaria e allevamenti: le parole dell’esperto in malattie infettive animali


Francesco Ceccarelli
Responsabile investigazioni

L’epidemia di influenza aviaria in Italia ha causato la morte di milioni di animali e rappresenta un rischio per la nostra salute. Abbiamo chiesto al Prof. Nicola Decaro di spiegarci qual è il legame con l’allevamento intensivo.

Da ottobre in Italia sono stati registrati 308 focolai di influenza aviaria tra il pollame domestico. Gli animali morti sono oltre 15 milioni e alcuni esperti hanno lanciato l’allarme sulla possibilità che il virus muti e sviluppi la capacità di trasmettersi tra gli esseri umani. Esistono tanti sottotipi di influenza aviaria, ma i più pericolosi sono quelli ad alta patogenicità, ad esempio l’H5N1.

Negli ultimi anni i casi di influenza aviaria tra gli esseri umani sono aumentati e ci sono stati persino dei casi in cui un sottotipo è stato rinvenuto per la prima volta nelle persone. Ad esempio, a febbraio 2021 la Russia ha segnalato all’OMS la trasmissione del virus H5N8 da pollame infetto a sette operai di un allevamento.

Nicola Decaro, Professore ordinario di Malattie infettive degli animali presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari e Presidente della Associazione Nazionale Infettivologi Veterinari, ci spiega perché gli allevamenti intensivi sono luoghi in cui il rischio di amplificazione dei virus è molto alto.

Qual è il legame tra allevamento intensivo e diffusione dell’influenza aviaria?

Decaro: «Sicuramente l’allevamento intensivo di polli, tacchini e altri uccelli domestici rappresenta un fattore di rischio molto importante perché a causa di condizioni quali la notevole densità di popolazione e lo stretto contatto tra gli animali sicuramente si creano le condizioni ideali per una trasmissione e una amplificazione esponenziale del virus nelle popolazioni infette.

Certamente ci sono stati molti focolai di influenza aviaria nell’allevamento industriale, soprattutto in aree densamente popolate da allevamenti industriali come quelle della Pianura Padana dove tra i diversi allevamenti c’è una distanza molto bassa. Per questo anche gli operai possono portare il virus da un allevamento all’altro molto facilmente, andando a inficiare quelle che sono le norme di biosicurezza». 

Qual è il rischio per la salute umana?

Decaro: «I rischi al momento sono bassi, perché il potenziale zoonosico di questi virus H5 che stanno circolando, in particolar modo in Italia l’H5N1, nella popolazione di polli domestici nel continente europeo è molto basso. Certo, bisogna essere molto attenti nella sorveglianza e bisogna monitorare l’andamento della situazione epidemiologica anche anche perché il virus potrebbe poi accumulare delle mutazioni favorevoli all’adattamento che al momento non possiede ancora. In altre parole: il virus al momento non si è adattato all’uomo, ma esiste l’eventualità che possa farlo in futuro». 

Siamo stati in un allevamento positivo all’aviaria

La nostra ultima indagine mostra l’abbattimento di migliaia di polli in un allevamento in provincia di Vicenza dove è stato registrato un focolaio di influenza aviaria sottotipo H5N1. Gli animali vengono gettati con la pala di una ruspa in dei container che, dopo essere stati sigillati, vengono riempiti di gas. Gli animali trascorrono dei lunghi minuti sofferenza e non vengono storditi prima dell’abbattimento. In casi come questo infatti, una deroga permette di non rispettare la legge in materia di benessere animale.

Che cosa possiamo fare?

Il nostro sistema alimentare basato sul consumo di prodotti animali è crudele verso gli animali e mette a rischio la salute umana. L’alimentazione vegetale non ha mai dato origine a nessuna epidemia. È tempo che le istituzioni e i governi si impegnino attivamente a promuoverla.

È necessario rivedere la nostra alimentazione per tutelare e salvaguardare gli animali e per mettere al sicuro la salute globale. Scopri come farlo al meglio!