Gli allevamenti intensivi sono delle vere e proprie distopie


Maria Mancuso
Web content editor

Ingegneria genetica, maiali e gamberi allevati in grattacieli, mucche fistulate, obbligate a indossare occhiali per la realtà virtuale o addestrate a usare una latrina. Gli allevamenti sono luoghi di sofferenza, ma a volte la realtà supera di molto la fantasia.

Negli ultimi tempi, le grandi multinazionali della carne come Tyson Foods, CP Foods e Mowi hanno iniziato a sperimentare sistemi di intelligenza artificiale con l’obiettivo di rendere più efficienti la gestione, la macellazione e/o la lavorazione degli animali. Questi sistemi sono costruiti grazie al lavoro di società che lavorano sull’intelligenza artificiale come Microsoft, IBM e Alphabet e servono a nutrire gli animali, monitorarne la crescita e interagire con loro usando suoni o scosse elettriche per controllarne il comportamento.

E se alcune di queste attività possono servire per monitorare la salute degli animali, molte altre servono a consentire ai produttori di ammassare ancora più animali in spazi ristretti, aumentando la loro produzione e causando loro ulteriore stress. In altre parole, spiega Brian Kateman su Fast Company, l’intelligenza artificiale è pronta ad aumentare il numero di animali che vengono allevati e uccisi per diventare cibo.

Ma in fin dei conti tutti gli allevamenti intensivi sono luoghi distopici. Che l’intelligenza artificiale sia usata o no, la sofferenza è una costante e gli unici ritmi a essere riconosciuti come validi sono quelli di produzione — non di certo quelli degli animali, individui con una loro personalità, emozioni e bisogni. Più che alle fattorie che vediamo pubblicizzate in televisione o sui siti dei grandi marchi, questi luoghi sono simili a fabbriche dove la vita degli animali vale quanto quella di un qualsiasi oggetto.

I grattacieli di suini 

Data l’enorme richiesta di carne suina a basso costo, il modello di allevamento cinese si è spostato da quello diffuso dei piccoli allevamenti a conduzione familiare a quello simile ai CAFO statunitensi. Enormi strutture, in questo caso veri e propri grattacieli, dove vengono stipati migliaia e migliaia di animali, che vengono allevati secondo i ritmi della catena di montaggio e la cui vita è “ottimizzata” per rendere più profitto possibile.

Su ogni piano possono essere allevati oltre 1200 maiali, dove vengono installate telecamere a circuito chiuso e sensori monitorati dagli esseri umani: gli animali hanno un timbro molto simile a un QR code, unico per ognuno di loro, che serve a tenere d’occhio, principalmente, la loro salute, identificando subito gli individui malati. 

Ingegneria genetica

Come spiega il Guardian, esiste un’intera industria di scienziati, studiosi, tecnici, società di test genetici, istituti e gestori di allevamenti industriali il cui fine è di ottimizzare la vita dei suini. Aziende come la Pig Improvement Corporation sfruttano la genetica computazionale e la biotecnologia all’avanguardia per progettare maiali adatti specificamente per l’allevamento industriale. L’aumento dell’automazione nel settore zootecnico ha portato alla standardizzazione di questi animali, che, proprio come la frutta e verdura che troviamo nei supermercati, devono essere tutti uguali.

L’allevamento industriale suinicolo utilizza un’unica razza: il popolarissimo ibrido DLY, incrocio tra le razze Duroc, Landrace e Yorkshire. Ma in Regno Unito, negli ultimi tempi, diversi ricercatori, veterinari e allevatori hanno esortato il governo ad allentare le regole sull’editing genetico, in modo da consentire la creazione di nuove razze di animali resistenti alle malattie, al caldo e alla siccità. Insomma, ancora una volta la salute di questi animali viene del tutto ignorata, a favore di consumi instostenibili.

I grattacieli di gamberi 

Nei grattacieli non vivono solo i maiali. Una startup con base a Singapore ha messo a punto un sistema per allevare gamberetti in enormi “torri acquatiche” che possono essere situate all’interno delle città e non più nel mare.

Così come per i grattacieli di cui abbiamo parlato prima, l’obiettivo di questi allevamenti è di produrre di più spendendo meno — e in questo caso evitando di inquinare l’oceano. Viene fatto uso dell’intelligenza artificiale per ottimizzare la crescita dei gamberi, la qualità dell’acqua, la microbiologia e l’utilizzo di energia. Per quanto efficiente, non sappiamo però quanto queste soluzioni impattino sulla salute degli animali, rinchiusi in ambienti del tutto diversi da quelli naturali a cui sono abituati.

I bagni per le mucche

Un gruppo di ricercatori del Farm Animal Biology Research Institute (FBN) in Germania e dell’Università di Auckland in Nuova Zelanda ha addestrato dei bovini ad andare in bagno in delle latrine apposite, chiamate “MooLoo” (loo in inglese significa bagno). 

L’idea è nata per cercare di ridurre parte delle emissioni di gas serra e inquinamento del suolo e dell’acqua che gli allevamenti intensivi causano. Ma, a ben vedere, questo è un altro modo per evitare di affrontare il vero problema: la dipendenza del nostro sistema alimentare dalle proteine animali. Inoltre, con questo studio, i ricercatori hanno indirettamente dimostrato che le mucche sono molto simili ai nostri animali domestici: quindi, perché mangiarle?

Mucche fistulate

Quest’ultima tortura avviene negli allevamenti “sperimentali”, istituti di ricerca dove vengono studiati gli animali. Come ha documentato l’associazione francese L214, le mucche vengono “fistulate”, vale a dire viene creato un foro sul loro addome — una specie di oblò — che arriva a uno dei loro stomaci. 

Questa pratica non è nuova e serve a studiare l’apparato digestivo dei bovini. Il vero obiettivo però è quello di scegliere il foraggio migliore e, di conseguenza, aumentare la loro produttività. Ancora una volta l’obiettivo finale è il profitto degli allevatori

Mucche costrette a vivere nella realtà virtuale

In Turchia un allevatore obbliga le sue mucche a indossare occhiali per la realtà virtuale (VR), in modo da aumentare la loro produzione di latte. Gli animali, nonostante vivano al chiuso, hanno così l’impressione di essere circondati da campi d’erba, il che li rende più felici e quindi produttivi.

L’allevatore afferma che i risultati sono positivi, ma questo strumento dimostra ancora una volta ciò che sappiamo fin troppo bene: l’industria zootecnica considera gli animali dei meri oggetti e non degli individui senzienti.

Capre costrette a vivere in recinti virtuali

In Norvegia si sta diffondendo l’uso di tecnologie che riproducono recinti virtuali, entro i quali le capre devono imparare a vivere. Le capre sono animali molto intelligenti e questa tecnologia sfrutta le loro capacità cognitive.

Nella pratica l’allevatore imposta un recinto virtuale su un app di sistema che interagisce con un collare fatto indossare alle capre. Se gli animali superano i confini del recinto, il collare emette un segnale acustico fastidioso, il cui volume aumenta se le capre si allontanano ulteriormente. Se gli animali continuano ad allontanarsi, ricevono delle piccole scosse elettriche che li spingerà a tornare indietro. Nel frattempo gli allevatori potranno monitorare le capre dai loro smartphone o tablet. Una tecnologia a dir poco distopica.

Polli senza corteccia celebrare

Uno studente di architettura in Inghilterra ha proposto un metodo di allevamento che prevede la rimozione della corteccia celebrale nei polli in modo che non si rendano conto del fatto di essere stipati a migliaia in un piccolo spazio. Anche le loro zampe verrebbero rimosse e gli allevamenti, spiega Wired, somiglierebbero alla “rete di baccelli a cui gli umani sono collegati in The Matrix“.

Gli animali, del tutto inconscienti, riceverebbero cibo, acqua e aria attraverso dei tubi e gli escrementi verrebbero rimossi allo stesso modo. Questo metodo permetterebbe di allevare 12 animali per ogni metro cubo, contro gli attuali 3,2.

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Gli animali “da reddito” sono esseri senzienti che meritano di vivere secondo i propri bisogni etologici, e non di essere rinchiusi in allevamenti e macellati per il consumo umano.

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