COP26: perché la produzione di cibo deve essere al centro della conferenza
Grandi quantità di emissioni di CO2, consumo di suolo, deforestazione, spreco di acqua e perdita di biodiversità: a causa di tutto ciò possiamo dire che nel nostro sistema alimentare è l’industria della carne e dei latticini a essere il motore principale della crisi ambientale.

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In questi giorni si sta tenendo la COP26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che quest’anno sarà presieduta dal Regno Unito in partnership con l’Italia. La COP si tiene ogni anno dal 1995, ma quella più famosa è quella del 2015, la COP21 di Parigi, quando tutti i Paesi del mondo (salvo pochissime eccezioni) accettarono di collaborare per contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto della soglia dei 2 gradi, puntando a limitarlo a 1,5 gradi.
Mai come oggi è importante che i piani dei Paesi che inquinano di più siano allineati, senza reticenze, specie dopo le conseguenze devastanti della pandemia (di un virus zoonotico) e i recenti eventi estivi di caldo estremo, incendi, ondate di calore e siccità, che sono un chiaro segnale dell’aggravarsi della crisi climatica.
In questi giorni a Glasgow i Paesi stanno al vertice i loro piani aggiornati di riduzione delle proprie emissioni e molte sono le associazioni, i politici, gli attivisti e i cittadini che chiedono ai Paesi del mondo di prendere decisioni coraggiose per limitare il più possibile la catastrofe ambientale già in corso. Purtroppo, però, sembra che poca sia l’attenzione al nostro sistema alimentare al ruolo degli allevamenti intensivi.
L’alimentazione vegetale è più sostenibile
Una delle iniziative lanciate è il Plant Based Treaty, a cui abbiamo aderito noi. Questa campagna si rivolge alla politica per porre la produzione di cibo al centro della lotta contro i cambiamenti climatici e che mira al passaggio a un’alimentazione a base vegetale e alla sensibilizzazione sui danni causati dall’allevamento degli animali. Sono infatti proprio i prodotti animali come carne, pesce, latticini e uova infatti — come hanno ampiamente dimostrato numerosissimi studi — ad avere un maggiore impatto sull’ambiente.
Un’altra iniziativa a cui abbiamo preso parte è la campagna Diet Change not Climate Change, coordinata da ProVeg International. In questo modo vogliamo mostrare la necessità di rivedere l’attuale sistema alimentare. Il passaggio a un’alimentazione vegetale potrebbe infatti ridurre le emissioni legate al cibo fino al 50%.
È per questo che ad esempio il Global Footprint Network per posticipare l’Overshoot Day suggerisce di scegliere cibo vegetale il più spesso possibile, sprecare meno cibo e ridurre il consumo di carne. L’Overshoot Day indica il giorno nel quale l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal Pianeta e quest’anno 2021 è stato il 29 luglio. Nel caso dei Paesi più ricchi, dove i prodotti animali sono al centro dell’alimentazione, le risorse consumate superano quelle disponibili e vengono sottratte ai Paesi del Sud del mondo e alle generazioni future — un esempio emblematico sono gli Stati Uniti dove i consumi sono talmente alti che se tutti gli abitanti del mondo avessero lo stesso stile di vita, avremmo bisogno di ben 5 Pianeti Terra.
Il settore zootecnico è uno dei massimi inquinatori del Pianeta
In altre parole: il nostro sistema alimentare basato sullo sfruttamento animale è un grosso problema per tutto il Pianeta. Secondo la FAO, gli animali provvedono soltanto al 18% del fabbisogno calorico globale e al 37% delle proteine, ma contribuiscono per quasi il 60% alle emissioni di gas serra provenienti dal sistema alimentare e consumano il 70% dei terreni agricoli. Il sistema alimentare è responsabile del 60% della perdita di biodiversità a livello globale, del 26% delle emissioni totali di gas serra e della scomparsa del 75% della diversità genetica, e per la maggior parte questo per colpa del settore zootecnico.
Nel 2018, due organizzazioni hanno calcolato le emissioni di 35 dei maggiori produttori mondiali di carne e prodotti lattiero-caseari. Secondo i loro risultati i cinque giganti della carne e del latte, JBS, Tyson, Cargill, Dairy Farmers of America e Fonterra, producono più emissioni combinate all’anno delle principali compagnie petrolifere: Exxon, Shell o BP. Nel loro insieme, 20 aziende zootecniche sono responsabili di più emissioni di gas serra della Germania. Secondo un altro studio invece, se anche le emissioni causate dai combustibili fossili fossero eliminate all’istante, l’impatto dell’industria alimentare da sola non rispetterebbe gli Accordi di Parigi del 2015.
La COP26 deve sostenere l’alimentazione vegetale

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L’alimentazione vegetale, oltre a essere molto più salutare e rispettosa degli animali, ha un impatto molto più basso: sostituire la carne con i legumi anche soltanto in un solo pasto alla settimana fa risparmiare 206 kg di CO2, 118.338 litri d’acqua e 2119 metri quadrati di suolo. Sempre più persone nel mondo scelgono di ridurre il loro consumo di prodotti animali in nome dell’ambiente e i leader mondiali non possono continuare a ignorare questo fatto.
La COP26 è un momento cruciale per il futuro dell’umanità e del Pianeta: non abbiamo più tempo da perdere e i segnali sono tutti di fronte a noi. Promuovere un’alimentazione vegetale e smettere di elargire milioni e milioni di fondi pubblici agli allevamenti intensivi sono azioni imprescindibili che i leader devono intraprendere il più presto possibile, per il bene di tutte e tutti.