Certificazione ingannevole: non è benessere animale, è allevamento intensivo
Assieme ad altre associazioni italiane chiediamo che il decreto e gli standard per la certificazione di benessere animale riguardanti gli allevamenti di maiali, che sarà votata in Conferenza Stato-Regioni, vengano rivisti. Quello che vogliono chiamare benessere animale, noi lo chiamiamo col suo nome: allevamento intensivo.
Nelle prossime settimane potrebbe essere votato in Conferenza Stato-Regioni un decreto che permetterà di inserire nelle etichette dei prodotti di origine animale la dicitura “benessere animale”. In questa certificazione rientrerebbero anche i prodotti provenienti da allevamenti con livelli di benessere inesistenti e che, per aspetti come il taglio della coda dei suini, operano fuori dalla legalità.

© Konrad Lozinski
Questa certificazione è un inganno principalmente per due motivi:
1. Non rispecchia le reali condizioni di vita degli animali
Utilizzare l’etichetta “benessere animale” per prodotti che provengono da allevamenti dove le scrofe vivono in gabbia e dove è sistematico il taglio della coda è a dir poco fuorviante e livella verso il basso la qualità del comparto.
Una scrofa confinata in gabbia e un suino di 170 kg che vive su una superficie di 1,1 mq non sono esempi di benessere animale, né di transizione verso una maggiore sostenibilità ambientale. Senza contare che il taglio della coda dei suini è una pratica che vìola le direttive europee.
2. Tradisce le promesse europee per un’Europa sostenibile
La certificazione potrebbe dare priorità di accesso a fondi PAC e PNRR agli allevamenti intensivi, inquinanti e irrispettosi dei bisogni minimi degli animali. Fondi pubblici che dovrebbero essere invece destinati a stimolare un sistema agricolo più sostenibile, come previsto dalle strategia Farm-to-Fork contenuta all’interno del Green Deal europeo, ovvero la tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’Unione Europea.
Invece di veicolare tutti gli sforzi verso la transizione ecologica, questa etichettatura favorisce il profitto di pochi a danno di milioni di animali e dei consumatori.

© Essere Animali
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Per tutti questi motivi, Essere Animali si è unita a CIWF Italia, Animal Equality, Animalisti Italiani, Animal Law, Confconsumatori, ENPA, Greenpeace, Federazione nazionale Pro Natura, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, LIPU e The Good Lobby. Partecipa subito al Tweetstorm per chiedere al ministro della Salute Speranza e al ministro delle Politiche Agricole Patuanelli di non far approvare questa certificazione ingannevole.