Ci stiamo mangiando gli oceani: il nostro messaggio nella metro di Milano
Per la Giornata Mondiale degli Oceani, giorno dell’anniversario della Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo che si tenne a Rio de Janeiro nel 1992, abbiamo lanciato una campagna di grande impatto che invita ad adottare scelte alimentari responsabili.
L’8 giugno è la Giornata mondiale degli oceani e quest’anno abbiamo deciso di celebrarla per una settimana intera (7-13 giugno). Gli ecosistemi marini sono a rischio collasso a causa non solo dell’inquinamento e della plastica — che presto supererà in termini di peso la quantità di pesce — ma soprattutto per colpa della pesca industriale e dell’acquacoltura.
La nostra campagna è iniziata sabato 5 giugno, tappezzando per tutta la settimana l’intera metro Cairoli di Milano, a due passi dal Castello Sforzesco, con cartelloni che chiedono al pubblico: “Ti spaventa un oceano senza vita?”, e affermando ciò che ormai è sempre più evidente: “Ci stiamo mangiando gli oceani”.
I nostri volontari hanno poi distribuito in Piazza Cairoli un giornale fittizio, Il Corriere dal futuro, datato 2051, che puoi leggere cliccando qui. Sulla prima pagina il titolo recita: “Tempo scaduto: gli oceani sono morti – Nel 2021 ci avevano avvisati”. Il messaggio è diretto a noi, che nel 2021 possiamo ancora cambiare il destino del Pianeta.

© Essere Animali con Francesco Pistilli
Il pesce sta scomparendo dai mari
Gli oceani non hanno mai corso un pericolo tanto grave: la pesca intensiva sta letteralmente svuotando i mari, portando all’estinzione una specie dopo l’altra. Secondo gli studiosi 1414 specie di pesci rischiano di scomparire e molte di queste sono comunemente consumate in Italia: merluzzo, sardina, anguilla, acciuga, tonno rosso, pesce spada, razza e palombo.
La pesca intensiva ha fatto sparire il 90% dei pesci predatori e ogni ora uccide 30 mila squali. Non da meno è l’inquinamento dovuto alla presenza di plastica, come ad esempio le reti e lenze da pesca, che ogni anno uccidono 300 mila tra delfini, balene e focene.

© Essere Animali con Francesco Pistilli
I consumi di pesce in Italia sono insostenibili
E mentre in Italia il consumo pro capite di pesce è molto più alto di quello della media europea (31 kg contro i 24 dell’UE), in molti si convincono che il ricorso all’acquacoltura sia l’unica soluzione al problema. E difatti le specie più consumate in Italia, orate, branzini e salmone, provengono proprio dagli allevamenti intensivi di pesci.
L’acquacoltura tuttavia non è affatto un’alternativa alla pesca industriale: i mangimi somministrati negli allevamenti di pesci contengono farina e olio di pesce proveniente dagli stock selvatici. Insomma, senza pesca industriale l’acquacoltura non potrebbe esistere.
Non meno grave è il fatto che i pesci rinchiusi negli allevamenti intensivi sono destinati a una vita di dolore e stress, come abbiamo più volte documentato: vivono in situazioni di sovraffollamento e scarsa igiene, dove proliferano virus e parassiti. Il tasso di mortalità nelle vasche è altissimo e l’uso di antibiotici è sistematico.

© Essere Animali con Francesco Pistilli
Questo è solo uno dei lati oscuri dietro alla produzione di pesce. Ce ne sono molti altri, altrettanto poco conosciuti, che ti invitiamo a scoprire sul sito www.salviamoglioceani.it. Qui potrai compilare un test per scoprire quanto sai, veramente, della pesca intensiva e dell’acquacoltura, nonché per ricevere consigli su come salvaguardare la vita marina attraverso le tue scelte quotidiane.
I mari e gli oceani non sono riserve infinite. Per salvare il mare e i suoi abitanti occorrono scelte politiche, ma anche un cambiamento delle nostre attuali abitudini alimentari. Un oceano privo di vita rappresenta uno scenario tragico che possiamo evitare anche attraverso un consumo veramente responsabile, prediligendo un’alimentazione a base vegetale.