Che cosa significa essere madri in un allevamento intensivo


Martina Scalini
Digital communication manager

Una delle tante crudeltà degli allevamenti intensivi è la negazione della maternità degli animali: i cuccioli sono sistematicamente strappati via dalle loro madri, le quali passano da un ciclo di fecondazione all’altro. La motivazione? Aumentare la produttività.

Il ruolo fondamentale delle madri è tanto importante per l’essere umano quanto per gli animali. Per loro forse anche di più, visto che in natura spesso sono le femmine a occuparsi in modo esclusivo dello svezzamento dei cuccioli.

Negli allevamenti intensivi il ruolo delle mamme è però completamente annullato. Mucche, scrofe, galline, coniglie diventano fabbriche di cuccioli, latte e uova. In quest’ottica è chiaro che il tempo che passano con i loro piccoli è solo un ritardo all’inseminazione artificiale successiva, uno spreco che si cerca di ridurre al minimo.

Mucche maltrattate e vitelli senza latte

Negli allevamenti intensivi le mucche vengono inseminate artificialmente affinché possano produrre latte in abbondanza: fino a 30 litri al giorno, con due mungiture quotidiane per 300 giorni all’anno.

Pochi minuti dopo il parto, le mucche vengono separate dai loro vitellini tra muggiti disperati. I neonati vengono trasportati verso le gabbie, senza mai conoscere le cure delle loro mamme, e rimarranno soli per alcune settimane prima di essere trasferiti in allevamenti per l’ingrasso o per diventare anche loro mucche da latte.

I maschi, destinati a diventare carne bianca “di vitella”, non conosceranno mai il sapore del latte che le loro mamme producono per loro. Per rendere la carne bianca, i vitellini vengono infatti resi anemici e nutriti con un surrogato.

Scrofe impotenti e cuccioli denutriti

Le scrofe vengono separate dai propri piccoli a soli 20-30 giorni dalla loro nascita, nonostante in natura lo svezzamento duri circa 4 mesi. Il periodo che trascorrono insieme ai cuccioli dovrebbe essere una consolazione, ma è invece trasformato in una tortura.

Negli allevamenti intensivi le scrofe vengono fecondate artificialmente passando da un ciclo di gravidanza all’altro senza sosta. La monta naturale è una perdita di tempo e quindi di profitto, perciò vengono considerate macchine a tutti gli effetti.

Le madri sono tenute all’interno di gabbie da cui i suinetti possono entrare e uscire, ma che ai maiali adulti non consentono nemmeno di girarsi. Accade spesso quindi che i cuccioli muoiano proprio perché le mamme finiscono per schiacciarli senza volerlo.

Galline sfruttate e pulcini orfani dalla nascita

I pulcini che diventeranno polli da carne o galline ovaiole, sono orfani fin dal loro primo giorno di vita. Le uova vengono fatte schiudere all’interno di incubatrici industriali. Appena nati, al posto delle cure materne, i pulcini conoscono solo le mani degli operatori che frettolosamente li smistano tra sani, malati, maschi e femmine, decidendo così chi vive o chi muore.

Quelli a cui sarà consentito di crescere conosceranno solo il calore di quelle che in linguaggio tecnico si chiamano “madri artificiali“, lampade sotto le quali i pulcini si accalcano per riscaldarsi.

Fecondazione a ripetizione anche per le coniglie

Le coniglie subiscono cicli continui di inseminazione artificiale.
© Essere animali

Nel caso dei conigli, i piccoli vengono separati dalla madre non appena sono in grado di cibarsi di mangime solido, invece che di latte materno. Di norma ciò avviene a 28-30 giorni di età. La coniglia riproduttrice sarà quindi sottoposta a nuova inseminazione il prima possibile. Il numero di parti forzati per queste mamme si aggira tra i 7 e 9 all’anno

Selezione genetica e morti premature

Come tutti gli animali rinchiusi negli allevamenti intensivi, anche le femmine sono selezionate geneticamente per essere più produttive. Le mucche frisone, ad esempio, producono oggi in media 33 litri di latte al giorno: 50 anni fa ne producevano soltanto 18. Questo va a discapito della loro salute, tanto che dopo soli 5 anni di vita vengono mandate al macello perché improduttive o troppo malate. In natura vivrebbero 20 anni.

Una volta staccati dalle madre i vitelli vivono soli in un box.
© Essere Animali

Lo stesso accade alle galline, selezionate per produrre un uovo al giorno, tre volte tanto quanto avverrebbe allo stato brado. Le scrofe sono obbligate ad avere in media 2,2 parti all’anno, per un totale complessivo di 5-7 parti durante l’intera carriera riproduttiva, prima di finire al macello all’età di 3 o 4 anni al massimo. In natura potrebbero vivere fino a 10.

Prova un’alimentazione veg

Anche le mucche, le scrofe, le coniglie e le galline devono avere il diritto di poter essere madri. L’industria della carne le sfrutta come fossero macchine, ma anche loro sono individui con bisogni e desideri. Da consumatori abbiamo un ruolo fondamentale da giocare: possiamo scegliere un’alimentazione vegetale, così da non contribuire allo sfruttamento degli animali.

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