L’OMS lo conferma: il coronavirus proviene dagli animali


Maria Mancuso
Web content editor

Anche se non sono ancora chiare le dinamiche che avrebbero portato al passaggio dall’animale all’uomo, l’OMS ribadisce che l’ipotesi più probabile è che il virus Sars-CoV-2 provenga da un animale. Esclusa la possibilità della fuga dal laboratorio.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità è tornata dalla sua missione a Wuhan, il centro da dove sarebbe partita la pandemia di coronavirus. I risultati delle ricerche escludono la pista complottista della fuga dal laboratorio, ritenuta “estremamente improbabile”, mentre l’ipotesi più verosimile resta l’origine animale del virus. Non è ancora chiaro quale sia la specie intermedia che avrebbe fatto da serbatoio al virus, ma il sospetto continua a ricadere su pipistrelli o pangolini, i quali sarebbero entrati a contatto con animali selvatici commercializzati nei wet market.

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I pipistrelli potrebbero essere la specie intermedia responsabile del passaggio del coronavirus all’essere umano.
© Jo-Anne McArthur/We Animals

Come spiegavamo già lo scorso anno, anche se il coronavirus non è emerso in un allevamento intensivo, come nel caso ad esempio dell’influenza aviaria, è lo sfruttamento degli animali ad aver favorito il salto di specie.

Insomma, anche se le dinamiche precise restano sconosciute, rimane invariata l’ipotesi già formulata ad aprile dello scorso anno. E non è un caso che queste stesse dinamiche siano responsabili di altri spillover, come quello del virus Nipah, che sarebbe stato trasmesso dal pipistrello al maiale, e da questo all’essere umano. Le attività antropiche e gli allevamenti industriali occupano sempre più spesso aree adiacenti alle foreste. Zone in cui animali selvatici “portatori sani” di virus possono entrare a contatto con specie allevate per la produzione di carne che non sono capaci di difendersi dagli agenti patogeni.

Negli allevamenti intensivi infatti un virus può agire indisturbato senza incontrare varianti genetiche che ne possano impedire la diffusione, con il rischio che muti e venga poi trasmesso agli esseri umani.

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Il sovraffollamento negli allevamenti contribuisce alla diffusione e mutazione del virus.
© Essere Animali

Come il 70% delle malattie che colpiscono l’uomo, anche il coronavirus è una zoonosi, deriva cioè dall’interazione più o meno diretta fra animali selvatici, specie addomesticate e l’essere umano.

Di fronte a tutto questo, ciò che possiamo fare è continuare a chiedere a gran voce la chiusura degli allevamenti intensivi e la fine dello sfruttamento degli animali. Ne va della nostra stessa sopravvivenza.