Filmare la violenza sugli animali non è mai facile


Francesco Ceccarelli
Responsabile investigazioni

È dura, per il nostro team investigativo, assistere ogni giorno con i propri occhi alle violenze che subiscono gli animali. Per farti capire cosa vivono i nostri investigatori e le nostre investigatrici, abbiamo scelto quattro momenti con immagini inedite, ripresi quest’anno in allevamenti e macelli.

Il 2020 è stato l’anno più difficile da quando sono il responsabile del team investigativo di Essere Animali. Dai controlli negli allevamenti alle indagini sotto copertura, il virus ha reso estremamente più complicato un lavoro che già di per se spinge ad affrontare situazioni psico-fisiche al limite.

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Il nostro team investigativo non è composto soltanto dalle persone che si infiltrano o eseguono i controlli negli allevamenti e i macelli. All’interno della squadra ci sono anche gli avvocati che offrono consulenze legali e i veterinari che ci indicano quando le (esigue) leggi sul benessere animale vengono rispettate o infrante. Oltre a loro, fanno parte del team anche Simone, il mio assistente e Giada, che si occupano di esaminare e selezionare ore e ore di filmati ripresi all’interno degli allevamenti e dei macelli.

Ovviamente gli investigatori e le investigatrici sono le figure più importanti, senza il loro coraggioso lavoro non sarei nemmeno qui a scrivere.

Quello di Simone e Giada è un compito tanto importante quanto tremendo perché bisogna tenere gli occhi aperti su scene di violenza che istintivamente ci porterebbero a chiuderli. Ho voluto spiegarti brevemente come funziona il nostro team per presentare questo video, creato con immagini inedite raccolte nel corso di quest’anno. Quattro momenti scelti tra i tantissimi episodi di crudeltà, ma anche di tenerezza, che hanno visto e vissuto i nostri investigatori e le nostre investigatrici dietro le porte degli allevamenti e dei macelli.

Piccoli gesti di umanità

A volte perfino un piccolo cracker può diventare prezioso, più di un diamante. Come quello che Marco ha allungato a una scrofa rinchiusa in gabbia in un allevamento intensivo. Quello che mi ha sorpreso e commosso quando ho visto le sue riprese è stato vedere che quel maiale, che in condizioni normali avrebbe accolto il cibo con piacere e voracità, ha esitato a farlo. Negli allevamenti gli animali non sono abituati a fidarsi degli umani, perché solitamente ricevono percosse, abusi e maltrattamenti dolorosi.

Una scrofa trascorre circa metà della sua vita in gabbie dove non riesce nemmeno a girarsi.
© Essere Animali

Mi piace pensare che quel cracker abbia dato conforto a quel povero animale, anche se solo per un qualche istante. Che abbia mostrato un lato diverso dell’umanità.

Cosa si prova a essere spettatori?

Voglio raccontarti alcuni retroscena e ti porto in un allevamento di trote che ho visitato di persona, in un macello dove si è infiltrata Ambra e in un allevamento di mucche dove Marco ha lavorato sotto copertura. Oltre al dolore, le nostre indagini hanno tutte in comune un forte senso di impotenza. Quello che proviamo nel non poter fare subito qualcosa per aiutare gli animali che vediamo soffrire, consapevoli di dover attendere la diffusione delle nostre immagini da parte dei media e che la giustizia faccia il suo corso.

Qualunque gesto impulsivo per sottrarre gli animali alle violenze farebbe solo saltare la nostra missione, a rischio della nostra incolumità. 
È proprio da questo senso di impotenza e dalle immagini di dolore impresse nella nostra memoria che aumenta ogni giorno di più la nostra determinazione a porvi fine. Per sempre.