Burger vegani: sconfitta la lobby della carne


Claudio Pomo
Responsabile sviluppo

La censura nei confronti di termini come “burger vegan” o “salsiccia vegetariana” è stata scongiurata. Il Parlamento Europeo ha votato contro l’emendamento che chiedeva di vietare l’utilizzo di questi termini nel marketing e nelle confezioni dei prodotti veg.

Con il voto del 23 ottobre i parlamentari europei hanno respinto l’emendamento 165 che avrebbe riservato l’utilizzo esclusivo di parole come “bistecca”, “salsiccia” o “burger”, ai prodotti che contengono carne, vietandone l’utilizzo per descrivere prodotti sviluppati come alternative vegetariane e vegane alla carne. Il voto è passato con 379 voti contrari, 284 a favore e 27 astenuti.

La proposta di vietare termini come “hamburger vegano” o “salsiccia vegana”, voluta dalla lobby della carne esclusivamente per frenare l’avanzata dei prodotti vegetali, era stata presentata basandosi su una possibile confusione del consumatore davanti a queste parole. Si tratta invece di denominazioni già conosciute dalle persone, poiché da anni presenti nei prodotti comunemente in vendita e inoltre utili, in quanto forniscono informazioni non solo sull’assenza di ingredienti di origine animale, ma anche sul gusto e sull’uso che ci si può aspettare dal prodotto. Inoltre i consumatori europei non sembrano avere dubbi: il 68% è favorevole all’uso di termini tradizionali per prodotti veg.

L’industria della carne e le associazioni di settore erano intervenute pubblicamente negli scorsi giorni in difesa delle «denominazioni tradizionali degli alimenti a base di carne (…) l’importanza culturale e la tipicità». AssoCarni attacca i prodotti vegani come di sintesi e ultra-trasformati, con scarsi valori nutrizionali. Eppure, per quanto “naturale”, la carne rossa è stata definita dalla IARC come probabilmente cancerogena e quella processata come sicuramente cancerogena.

Inoltre parole come burger e salsiccia hanno un puro valore di forma, dimensione e idea di gusto, non si tratta di prodotti tipici con disciplinari precisi di produzione. Nel mercato si possono trovare burger e salsicce fatti con diversi tipi di carne, perché quindi non dovrebbero esserci anche di soia, o altre proteine vegetali? Con questo voto ha semplicemente vinto il buon senso.

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© Assocarni

Per il successo della campagna #StopTheVeggieBurgerBan dobbiamo ringraziare le decine di organizzazioni in tutta Europa che hanno partecipato alla campagna, le aziende che si sono esposte, i politici che hanno accolto le nostre richieste e risposto alle nostre lettere, migliaia di voi che avete inviato tweet agli europarlamentari.

Non tutto è andato bene però. È stato purtroppo accolto l’emendamento 171 che chiedeva di vietare l’uso di denominazioni considerate proprie dei prodotti lattiero-caseari, come ad esempio la parola “cremoso”, nelle comunicazioni commerciali destinate agli alimenti di origine vegetale. Non si potrà più fare riferimento a parole come formaggio o yogurt non solo nelle denominazioni, già vietato dal 2017, ma nemmeno nelle descrizioni di utilizzo dei prodotti (ad esempio “spalmabile vegetale simile al formaggio” o “sostituto del burro”).

Inoltre, se possiamo cantare una importante vittoria sul fronte dei prodotti vegetali, purtroppo in questa settimana al Parlamento Europeo la maggioranza ha votato per frenare provvedimenti in linea con il Green Deal, che avrebbero limitato finanziamenti agli allevamenti intensivi e all’agricoltura intensiva. L’Europa ha perso l’occasione di fare un passo avanti e ha tradito le richieste e le volontà dei cittadini.

Un chiaro segno che rimane ancora molto da fare. Ma noi non ci tireremo certo indietro.