La storia di Bea e il crudele destino delle scrofe negli allevamenti intensivi
Quella che vogliamo raccontarvi è una storia straordinaria, di empatia e connessione, ambientata in un allevamento di scrofe da riproduzione del nord Italia. Grazie a Maria, una nostra investigatrice che per alcuni mesi ha lavorato in quella struttura, abbiamo conosciuto Bea, una scrofa gentile e sensibile condannata a trascorrere la sua intera vita in un allevamento intensivo italiano e destinata a un ciclo inesorabile fatto di gabbie, privazioni e sofferenza. Come Bea, ci sono altre 500.000 scrofe rinchiuse negli allevamenti intensivi del nostro Paese.
Maria stava lavorando sotto copertura in un allevamento quando ha incontrato Bea, e non appena ha incrociato i suoi occhi stanchi eppure così espressivi, ha instaurato una particolare connessione con lei. Al momento dell’incontro, Bea si trovava per l’ennesima volta all’inizio del ciclo di produzione, in una gabbia di gestazione grande quanto il suo corpo.
Da quel primo incontro, e per 5 lunghi mesi, Maria e Bea si sono viste quotidianamente, rafforzando ogni giorno di più un’insolita amicizia nata per caso in questo luogo di sfruttamento, in cui una cercava – per quanto possibile – di dare conforto e sostegno all’altra. Quello di Bea è un triste destino.
Così come tutti gli animali rinchiusi negli allevamenti, anche la nostra scrofa è costretta a una breve vita di sofferenze costanti e privazioni dolorose; ma per le scrofe il ciclo di sfruttamento si ripete più volte fino a quando, ormai esauste e considerate improduttive, vengono portate al macello.
La sofferenza delle scrofe da riproduzione
Negli allevamenti intensivi le scrofe vivono rinchiuse per molto tempo in gabbie individuali, così piccole da impedire loro persino di girarsi.

© Jo-Anne McArthur / Essere Animali
Le scrofe trascorrono in questo stato le prime 4 o 5 settimane di ogni ciclo, durante le quali vengono sottoposte all’inseminazione artificiale; questo provoca costantemente apatia e frustrazione conseguenti allo stress. Una condizione che si verifica di nuovo, per altre 5 settimane, al momento del parto e per il periodo di svezzamento. Anche in questo caso le scrofe sono confinate in gabbie individuali in totale assenza di spazio e arricchimenti ambientali, senza riuscire neppure ad accudire i propri piccoli, che allatteranno per qualche tempo per poi ricominciare daccapo.
Il ciclo di vita di una scrofa si ripete così dalle 5 alle 7 volte, con risvolti crudeli e devastanti per l’animale. E non sono le sole sofferenze perpetrate negli allevamenti di maiali, infatti, ai suinetti maschi vengono riservate la castrazione – effettuata senza anestesia entro i primi 7 giorni di vita – e il taglio della coda per evitare aggressioni e fenomeni di cannibalismo dovuti allo stress. Si tratta di metodologie di allevamento che dobbiamo cambiare al più presto, cercando di sensibilizzare sempre più persone sul destino di questi animali, e chiedendo anche ai supermercati di prendere posizione in merito.
Fermiamo questa sofferenza
Lanciamo tutti insieme un #SOSperBea, la scrofa di cui vogliamo raccontare la storia. Un’iniziativa che si pone l’obiettivo di mostrare a quante più persone possibili la realtà che vivono quotidianamente questi animali costretti negli allevamenti intensivi, tra gabbie, privazioni e sofferenza.
Una chiamata d’emergenza che va a sostenere, e ad affiancare, la campagna #SOSPig per chiedere ai supermercati italiani di impegnarsi a eliminare alcune pratiche crudeli.
Tutti insieme possiamo cambiare questa situazione: firma anche tu la petizione e sostieni la nostra campagna.