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La campagna #SOSpig per chiedere lo stop alle mutilazioni dei suinetti


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La campagna #SOSpig per chiedere lo stop alle mutilazioni dei suinetti


Simone Montuschi
Presidente

Continua il racconto sui nostri profili social della storia di Bea, che condivide il triste destino di oltre 500.000 scrofe rinchiuse per la riproduzione negli allevamenti intensivi italiani. Attraverso la sua voce chiediamo di partecipare all’azione lanciando un #SOSperBea in modo da far luce sulle crudeli condizioni riservate ai maiali.

In che modo? Sostenendo la fine delle strette gabbie per le scrofe e delle mutilazioni effettuate di routine sui cuccioli, in particolare il taglio della coda e la castrazione dei suinetti maschi. Attraverso la campagna #SOSPig, sostenuta da una petizione online, chiediamo ai supermercati della grande distribuzione organizzata di eliminare quanto prima queste sofferenze.

Chi è Bea?

Bea è una scrofa che abbiamo conosciuto attraverso il racconto di Maria, una nostra investigatrice che ha lavorato sotto copertura per diversi mesi all’interno dell’allevamento in cui questa mamma sfortunata era rinchiusa insieme a tante altre.

Non è la festa della mamma per tutti Non è la festa della mamma per tutti
Le scrofe, madri premurose e attente, soffrono molto nel non poter prendersi cura dei cuccioli.
© Essere Animali

Negli allevamenti intensivi le scrofe sono costrette a sopportare la reclusione in gabbie individuali, così strette da impedire loro qualsiasi tipo di movimento. Qui trascorrono quasi metà della loro vita.

Una scrofa trascorre ben cinque settimane all’interno della gabbia parto, una fase che comprende il parto e il periodo di svezzamento.

Al momento Bea si trova dietro le sbarre di una gabbia parto dove ha appena dato alla luce i suoi cuccioli. Impossibilitata persino a girarsi, non può in nessun modo prendersi cura dei nuovi nati: una situazione insostenibile e di estrema frustrazione per delle madri premurose quali sono le scrofe. Per loro è infatti impossibile preparare con cura il giaciglio sicuro e confortevole per i propri piccoli, come invece farebbero se lasciate libere. Durante l’allattamento, le scrofe non riescono a prendersi cura dei propri cuccioli perché il confinamento in gabbia non consente l’interazione con loro. Inoltre, il rischio che i maialini vengano schiacciati è alto poiché le scrofe non riescono ad allontanarli prima di coricarsi. Si tratta soltanto di alcuni crudeli aspetti riservati ai maiali appena nati.

Le mutilazioni sistematiche riservate ai cuccioli

Il sistema degli allevamenti intensivi, impostato per ottimizzare al massimo la produzione, prevede sofferenze continue per gli animali e procedure crudeli che documentiamo e denunciamo da tempo.

La prima pratica riguarda il taglio della coda. Si tratta di un’amputazione che avviene nei primi giorni di vita dei suinetti e che subisce quasi il 100% dei maiali allevati in Italia. Il procedimento viene effettuato con un bisturi e una lama incandescente che taglia e cauterizza la ferita, rimuovendo circa 2/3 della coda dei suinetti. Questa pratica è messa in atto per prevenire la caudofagia, ovvero la morsicatura della coda da parte di altri maiali, un comportamento anormale associato a frustrazione e ridotto benessere. Sebbene sia una pratica illegale nell’Unione Europea dal 1994, e concessa solo in caso di estrema necessità, in Italia – e non solo – viene praticata in modo sistematico su tutti i cuccioli nei primi giorni di vita.

Abbiamo documentato più volte l’attimo in cui gli operatori eseguono questa pratica. Le immagini e le urla dimostrano quanto siano dolorose e spaventose per i cuccioli.
© Essere Animali

Un altro crudele trattamento è quello riservato unicamente ai suinetti maschi: la castrazione chirurgica. Essa viene effettuata principalmente per prevenire odori e sapori sgradevoli nella carne.

È stato ampiamente dimostrato che la castrazione chirurgica, nel 97% dei casi eseguita senza anestesia né analgesia, causa dolore intenso e persistente sui maialini. Questa procedura porta ad alterazioni comportamentali a breve e lungo termine. Tra queste, si possono riscontrare stress, inattività, attitudine a passare meno tempo con la scrofa e a rimanere più isolati, riducendo notevolmente i comportamenti di gioco.

Per legge deve essere praticata entro i primi sette giorni di vita da veterinari o personale specializzato, ma più volte attraverso le nostre indagini negli allevamenti abbiamo documentato come questa procedura venga messa in atto anche oltre il termine legale da operatori non qualificati.

Lancia un #SOSperBea e appoggia la campagna #SOSPig

🆘 Lancia un #SOSperBea

🆘 Durante una delle nostre indagini, la nostra investigatrice Maria ha conosciuto Bea, una giovane scrofa che, come tante altre, vive in un allevamento del nord Italia. Qualcosa in lei ci ha colpito, e abbiamo deciso di raccontare la sua storia nelle prossime settimane: come lei, in Italia oltre 500.000 scrofe vivono nelle sue stesse condizioni, recluse in gabbie strettissime che causano gravissime sofferenze fisiche e psicologiche. Tutto questo deve cambiare; segui la sua storia sui nostri profili Facebook e Instagram. #SOSperBea

Posted by Essere Animali on Tuesday, June 9, 2020

Abbiamo lanciato la campagna #SOSpig proprio per far luce sulle crudeltà riservate ai maiali negli allevamenti intensivi italiani, con particolare attenzione alle gabbie destinate alle scrofe e alle mutilazioni effettuate sui suinetti appena nati. Quella che stiamo portando ora avanti, attraverso la storia di Bea, è una chiamata d’emergenza: vogliamo che i supermercati italiani si impegnino a eliminare queste crudeli pratiche e a preservare gli animali da ulteriori sofferenze. La grande distribuzione organizzata detiene la quota principale del mercato e può quindi influenzare i produttori.

Ti invitiamo a lanciare un #SOSperBea firmando la petizione per dare ancora più forza alla campagna e porre fine a queste sofferenze.


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