La filiera della soia: un’industria creata per gli allevamenti intensivi


Lorenzo Bertolesi
web content editor

La produzione di soia nel mondo, con una crescita annua di 16 milioni di tonnellate, è aumentata a dismisura, crescendo di ben 21 volte dagli anni Cinquanta, arrivando a 350 millioni di tonnellate nel 2018.  Eppure non siamo noi a mangiarla o almeno non direttamente: il 77%, è destinata agli allevamenti intensivi come cibo per gli animali.

Le monocolture di soia nel Sud America

In America Latina, tra Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia e Brasile – a oggi il principale produttore – esiste addirittura una zona chiamata “La repubblica della soia”. Si tratta di un luogo che si estende per milioni di ettari dedicati unicamente alla coltivazione di questo legume. Proprio in Sud America è stata girata una parte di “Soyalism”, il documentario che ricostruisce la filiera della soia, dalle terre in cui viene prodotta fino al massiccio utilizzo nei mangimi riservati agli animali negli allevamenti, soprattutto ai maiali. Un viaggio che mostra la tragica devastazione di un territorio, l’impatto sulle popolazioni locali e le problematiche degli allevamenti intensivi.

“Soyalism”, il racconto dell’intera filiera

Il documentario è stato curato da Enrico Parenti e Stefano Liberti —giornalista di Internazionale e autore de I signori del cibo — e mette in evidenza i motivi che hanno causato l’attuale uso della soia, ricostruendone ogni passaggio.Questo legume è un valido sostituto delle proteine animali e quindi adatto a chi segue un’alimentazione vegetariana e vegana, ma la sua funzione principale è nutrire i maiali allevati in tutto il mondo.

La soia viene utilizzata come mangime da oltre 30 anni, lo stesso periodo in cui si può rilevare un aumento esponenzialmente del consumo di carne. Viene usata ovunque, finisce infatti negli allevamenti intensivi di molti paesi, Italia compresa, dove vengono allevati circa 9 milioni di maiali ogni anno.

Il viaggio della soia, dal Brasile agli allevamenti della Pianura Padana

Il documentario mostra soprattutto la realtà brasiliana, ma la filiera della soia è molto simile in tutto il mondo. Dove viene coltivata, si contano enormi distese di terreni che raggiungono anche i 200 mila ettari, gestiti da grandi aziende locali e con pochissima manodopera. Alcune persone sono impiegate per la semina, altre per la raccolta, mentre per la distribuzione dei diserbanti vengono usati gli aerei. In seguito, i milioni di soia coltivati vengono portati nei porti e caricati su navi cargo che li distribuiscono nei vari paesi. In Italia, giungono fino al porto di Ravenna per poi finire negli allevamenti della Pianura Padana.

Gli effetti delle immense piantagioni di soia

I danni maggiori di questo sistema sono ambientali e sociali. In una zona del Brasile chiamata “Mato Grosso” non esiste più alcun altro tipo di vegetazione che la soia, la quale si sta spingendo sempre più avanti anche nella Foresta Amazzonica.

Le monocolture invasive impoveriscono il terreno, che diventa sempre più arido, contribuiscono alla scomparsa di altre piante e alla perdita di biodiversità. Inoltre, i piccoli contadini e gli agricoltori locali perdono il lavoro, spazzati via dai grandi latifondisti. Doveroso citare il caso africano del Mozambico, dove la popolazione locale, abituata a lavorare la terra e legata ad essa da un rapporto molto stretto, si è opposta con successo al progetto che prevedeva l’introduzione di monocolture intensive di soia.

deforestazione per produrre carne
Secondo Greenpeace Brazil tra agosto 2017 e luglio 2018 sono stati tagliati 1.885 miliardi di alberi in un’area dalle dimensioni di 987.500 campi da calcio.
© Ap photo

I segnali positivi che arrivano dal Mozambico lasciano però posto ad una prospettiva inquietante. Secondo Tony Weis, professore e autore del libro The Ecological Hoofprint. The Global Burden of Industrial Livestock, nel 2050 per rispondere alla domanda di mercato saranno necessari circa 120 miliardi di animali allevati, nutriti principalmente con la soia. A fronte di questi dati, si può quindi dire che i più grandi mangiatori di soia sono indirettamente le persone che si nutrono di prodotti di origine animale. La soia usata direttamente nell’alimentazione dall’essere umano è poca cosa e viene inoltre coltivata principalmente in Europa, seguendo filiere totalmente diverse da quelle per il mangime animale, con regole promosse dall’UE e garantite dall’EFSA.

È necessario rivedere la nostra alimentazione per tutelare e salvaguardare gli animali e per mettere al sicuro la salute globale. Scopri come farlo al meglio!