I pesci nei mari spariscono mentre i sussidi alla pesca aumentano


Giacomo Vitali
Web content editor

Si tratta ormai di un problema riconosciuto da tutti: la pesca eccessiva e sregolata sta portando gli oceani a essere sempre più vuoti. I pesci stanno diminuendo ad un ritmo preoccupante e gli stati devono trovare al più presto una soluzione per porre rimedio a questa emergenza.

Le nazioni sono d’accordo nel contrastare questo grave pericolo e si spera che, entro l’anno, riescano a trovare un accordo internazionale per vietare, o quantomeno limitare, i sussidi statali destinati alla pesca intensiva.

Tuttavia, ad oggi, i finanziamenti destinati alle industrie ittiche stanno ancora aumentando.

Ogni anno i governi indirizzano 35 miliardi di dollari alle attività collegate alla pesca: ben due terzi riservati a quella intensiva, un’attività indiscriminata che sta impattando in modo devastante sugli ecosistemi degli oceani, creando un impoverimento nel pesce che pare non arrestarsi.

Lo studio che mostra l’enorme flusso dei “sussidi dannosi”

Mentre da mesi vanno avanti i negoziati dei paesi con la World Trade Organization (Organizzazione Mondiale del Commercio) per giungere a un accordo sempre più necessario, è uscito di recente un nuovo e allarmante studio della Columbia University.

Gli scienziati, in un’indagine che ha coinvolto 152 paesi, hanno scoperto che le nazioni lontane dagli oceani hanno speso nel 2018 circa 22 miliardi di dollari in “sussidi dannosi”. Con questo termine si intendono quei finanziamenti che vanno ad alimentare attività come la pesca illegale e quella intensiva. Oppure quei sussidi, ben il 22% del totale, utilizzati per il carburante dei pescherecci.

Soltanto la Cina, secondo uno studio pubblicato su Marine Policy, negli ultimi dieci anni ha aumentato le sovvenzioni dannose del 105%, per sostenere la più grande flotta peschereccia del mondo.

Sempre l’ONU afferma che un terzo degli stock ittici viene sfruttato a livelli insostenibili, e ben il 90% è utilizzato appieno. Se guardiamo ad esempio al tonno rosso del Pacifico, la popolazione è crollata del 97% dai livelli storici proprio a causa del sovrasfruttamento e della pesca intensiva.

Negli ultimi decenni, le nazioni che hanno visto crollare la portata delle proprie riserve ittiche, hanno inviato pescherecci nelle acque territoriali di altri paesi. Come la Cina, che ha catturato circa la metà del pescato in alto mare nel 2014.

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Come riferiscono i ricercatori della Columbia University, la sola Cina fornisce la maggior parte dei sussidi di qualsiasi nazione (circa 7 miliardi di dollari nel 2018), rappresentando il 21% del supporto globale.

Alcuni di questi sussidi, come quelli destinati alla gestione della pesca sostenibile, sono considerati utili. Tuttavia solo nell’ultimo decennio la Cina li ha decurtati del 73%, mentre quelli considerati dannosi, come appunto il pagamento del carburante o la costruzione di nuove barche, sono più che raddoppiati.

Anche noi europei dovremmo capire che la situazione è grave. Mentre lo studio afferma che gli aumenti generali delle sovvenzioni dovrebbero stabilizzarsi, a giugno l’Unione Europea si è mossa in controtendenza per ripristinare le quote che andranno ad aumentare la flotta da pesca. L’UE rappresenta già l’11% dei sussidi globali e lo scorso anno, secondo i ricercatori, ha assegnato 2 miliardi di dollari in finanziamenti dannosi.

Questo studio ha rivelato anche le falle presenti nel sistema di controllo di questi processi, visto che ben 70 paesi non hanno neppure comunicato i dati dei finanziamenti destinati all’industria ittica richiesti dall’OMC.

Non c’è più tempo

📷 Secondo il biologo Boris Worm proseguendo con un livello di pesca pari a quello attuale entro il 2048 tutti i pesci che siamo abituati a consumare potrebbero scomparire dal Mediterraneo. © Adobestock

Una speranza c’è, sembra infatti che anche la Cina si sia resa conto dell’emergenza in atto e si è impegnata a limitare la propria flotta a 3.000 navi entro il 2020 e ridurre i sussidi per il carburante.

Per il direttore generale dell’OMC, Roberto Azevêdo «molte riserve ittiche si stanno esaurendo e i finanziamenti statali senza restrizioni possono danneggiare irreparabilmente gli oceani. Il momento di agire è adesso.»

Occorre l’impegno di ciascun paese ed è fondamentale sottoscrivere un accordo globale per porre fine alla desertificazione dei mari. Tutelare le specie marine e il benessere degli oceani, fondamentali per l’ecosistema, deve rappresentare una priorità.