A Roma c’è un ex allevatore che ora salva gli animali
Una storia che racconta una transizione, un cambio radicale di convinzioni, abitudini e una rivoluzione totale della propria vita.
Per certi versi, un cammino simile a molti altri, ma con alcuni aspetti che lo rendono decisamente unico.
Massimo Manni era un allevatore a tutti gli effetti. Dalla riproduzione alla vendita, curava ogni singolo dettaglio e si occupava degli animali in prima persona. Oggi, invece, gestisce il Santuario Capra Libera Tutti, prendendosi cura di moltissimi “ospiti”. Ci siamo fatti raccontare direttamente da lui come è andato questo percorso.
L’inizio
A soli 13 anni, guidato dalla passione, Massimo trova lavoro in un negozio di animali, diventando ben presto un abile venditore di cani, gatti e delle specie più disparate.
«Per me l’amore per gli animali era quello. Vederli ogni giorno e prendermene cura era la normalità. Non chiedevo altro che trascorrere del tempo con loro. Per un periodo ho addirittura desiderato di lavorare al circo.»
E per qualche tempo, al circo, riesce davvero a entrarci, toccando con mano la realtà della cattività. Ma non è ancora sufficiente per il suo personale cambiamento.
Intanto, il lavoro in negozio non gli basta più, non vuole solo vendere, ma anche allevare gli animali che poi metterà in commercio. Così si mette alla ricerca di una grande casa in campagna e trova la realtà dei suoi sogni a Nerola, nei pressi di Roma.
Massimo sistema la casa e ci va a vivere. Investe tempo e denaro nei primi animali che intende allevare, facendoli riprodurre. Li cresce e si diverte nel tentativo di creare nuove razze di pecore. Possiede anche gatti persiani e coniglietti nani, di cui diventa un grande venditore.
Il cambio di prospettiva
Insomma, ha finalmente avviato il suo allevamento quando accusa i primi sentori di disagio vedendo la sofferenza delle coniglie fattrici costrette nelle gabbie e la resa dei conti definitiva arriva poco dopo. Massimo sta chiudendo la vendita di alcuni agnelli. Sono più piccoli del previsto e non hanno ancora concluso lo svezzamento. Alla loro partenza, le pecore iniziano a piangere e urlare davanti a casa sua.
«Quella fu una protesta delle madri. Ero disperato! Le loro urla mi risuonavano in testa e la causa ero io. Gli avevo rubato e venduto i figli.»
Massimo non ci pensa due volte e ricompra, addirittura al doppio, gli agnellini appena venduti. In quell’istante decide che non può più far finta di niente e, da un giorno all’altro, diventa vegano e trasforma il suo allevamento in un rifugio.
Poco dopo accoglierà anche alcuni capretti, che regalano a Massimo l’idea per dare un nome al luogo. Da quel momento prende vita, a tutti gli effetti, il Santuario Capra Libera Tutti.
L’amicizia speciale con Bruno
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Nel 2015 il rifugio dona ospitalità anche a Bruno, un toro liberato grazie ad alcune donazioni volontarie di privati.
Proprio Bruno diventa ben presto il pilastro del Santuario, il simbolo della liberazione animale e anche il mondo in cui si rifugiava Massimo nei momenti di difficoltà.
Un rapporto così intimo e con una sintonia così intensa che oggi, con Bruno scomparso per una malattia solo qualche settimana fa, è faticoso parlarne per Massimo. Le incredibili dimostrazioni di affetto di sostenitori e visitatori, oltre a quello degli altri animali presenti al Santuario, sono stati però un dolce conforto per andare avanti.
Oggi, il Santuario Capra Libera Tutti conta circa 200 animali di molte specie. Oltre a loro, accoglie sostenitori, curiosi e chiunque voglia vivere, almeno per un giorno, la bellezza del contatto con animali che, ancora troppo spesso, utilizziamo per altri scopi. Un luogo dove empatia e gentilezza sono le parole d’ordine.
«La cosa più divertente è vedere le facce di quelli, ancora onnivori, che entrano al Santuario un po’ spaesati, impauriti, e la sera non se ne vogliono più andare. Il giorno dopo, molti mi ringraziano e mi dicono di non voler mangiare più carne!»