Il gigante del latte Dean Food chiude l’attività mentre le alternative vegetali crescono


Giacomo Vitali
Web content editor

Sempre più persone decidono di non consumare latte di origine animale preferendo le alternative vegetali, che includono soia, riso, avena, mandorla, cocco e canapa.

Diverse e molteplici le cause: motivazioni legate a problemi di salute, ma anche una crescente sensibilità nei confronti degli animali e dell’ambiente, che porta a orientarsi verso scelte non violente e più sostenibili.

Declino del consumo di latte negli Stati Uniti

latte

📷 Il grafico mostra la decrescita registrata dall’USDA (National Agricultural Statistics Service) relativa al consumo di latte negli Stati Uniti d’America (1 gallone americano = 3,7 litri) . © CNBC

È notizia recente la crisi che sta investendo Dean Foods, il più grande produttore di latte statunitense. Dopo una storia di enorme successo lunga oltre 90 anni, ha infatti presentato istanza di fallimento.

Anche gli americani hanno ridotto con forza il consumo di latte di origine animale e la Dean Foods, che produce alcuni dei prodotti più rinomati del paese, ha visto diminuire in maniera consistente vendite e utili, fino a raggiungere perdite consistenti. La società sta cercando di far fronte al proprio debito e riorganizzarsi per vendere l’azienda, ma la crisi dell’industria del latte pare sempre più nera.

Il futuro del latte è tutto vegetale

Quello del latte vegetale al contrario è un mercato in piena espansione. Si prevede che supererà il valore di 34 miliardi di dollari entro il 2024, segnando il destino dell’industria lattiero-casearia.

Secondo Euromonitor, quest’anno, il mercato globale delle alternative vegetali dovrebbe raggiungere i 18 miliardi di dollari, a differenza dei prodotti di latte di origine animale. Questi raccolgono ancora grandi numeri, ma diminuiscono drasticamente di anno in anno. Per quanto riguarda quello d’avena ad esempio, le vendite sono aumentate del 636% nell’ultimo anno. Solo in Italia, tra il 2011 e il 2016, il consumo pro-capite di latte è calato del 24%.

Le motivazioni dei consumatori

Oltre a questioni di carattere salutistico, sempre più persone scelgono le opzioni vegetali per motivazioni di carattere etico, per sfavorire un mercato crudele per gli animali, trattati come macchine e scartati non appena cala la produzione.

Ma la scelta è legata anche alla salvaguardia del pianeta. Il latte di origine animale, infatti, ha un impatto ambientale insostenibile. In termini di gas serra, le emissioni prodotte dall’industria lattiero-casearia sono di gran lunga superiori rispetto a quelle realizzate dalle alternative vegetali. Va ricordato che soltanto i bovini, con il metano rilasciato durante il loro processo digestivo, sono responsabili di circa il 70% delle emissioni causate dagli animali destinati all’alimentazione.

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L’uso di suolo e il consumo di acqua sono altri fattori che contribuiscono a rendere il latte di origine animale un elemento insostenibile per il pianeta. Basti pensare che produrne 200 ml ogni giorno per un anno, richiede circa 650 metri quadrati di terreno (l’equivalente di 2 campi da tennis), mentre per l’avena basta un decimo di suolo per la stessa fornitura. Non solo, nel caso dell’acqua occorrono 120 litri (circa 3 docce) per produrre un bicchiere di latte di mucca mentre ne bastano 10 per la stessa quantità vegetale.

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