Quella in cui viviamo non è l’epoca degli esseri umani, è l’epoca del pollo


Giacomo Vitali
Web content editor

I cambiamenti che l’essere umano ha apportato al pianeta sono così profondi che da anni gli scienziati discutono la possibilità di definire il momento in cui stiamo vivendo come Antropocene, ovvero l’epoca del predominio dell’umano sulla Terra.

Come messo in luce anche da Antropocene – L’epoca umana, il docufilm che racconta come la nostra specie abbia superato i limiti imposti dalla natura analizzando 43 luoghi di 20 diversi Paesi, lo sfruttamento di risorse, specie animali e vegetali è piuttosto profondo.

Ma quale può essere la caratteristica fondamentale dell’epoca dell’homo sapiens e il suo momento di inizio? Forse quando abbiamo cominciato a vivere di agricoltura e allevamento modificando il paesaggio? Le estinzioni che stiamo causando? La nascita di un mondo globalizzato con l’invasioni delle Americhe? Considerando che sono tutti fatti reali, non esiste una risposta giusta o sbagliata, ma potrebbe essercene un’altra altrettanto attinente. Ai fattori già elencati si potrebbe aggiungerne uno meno scontato: l’avvento del pollo moderno.

Mai come oggi infatti la presenza di polli e galline sulla terra è stata così massiccia. Come tutti sappiamo, il motivo di questo apparente successo evolutivo, è che l’umano ha reso la loro carne e le loro uova tra gli alimenti più consumati al mondo.

Polli Frankenstein

L’idea di misurare l’Antropocene in base all’evoluzione del pollo è tutt’altro che una trovata stravagante. Lo studio di un gruppo di ricercatori provenienti dalla University of Leicester, in collaborazione con la Nottingham Trent University, la University of Nottingham e la North West University (Sudafrica) considera che sia un indicatore fondamentale.

pollo d'allevamento
I polli negli allevamenti hanno spesso parti del corpo prive di penne e piume a causa del contatto con l’ammoniaca rilasciata dalle deiezioni di cui si ricoprono i pavimenti.
© Luca Santini / Essere Animali

Lo studio si è concentrato proprio sul broiler, vale a dire il pollo da carne creato da anni di selezione per diventare enorme nel minor tempo possibile. La genetica, lo scheletro e la composizione chimica delle ossa del Gallus gallus domesticus sono infatti completamente diverse da quelle del suo lontano parente originario dell’India e del sud est asiatico. Il confronto è stato fatto analizzando i resti di 486 polli provenienti da 74 siti archeologici scavati a Londra e conservati nel Museum of London Archaeology dal 1990 e le caratteristiche di quelli attuali fornite dalla FAO.

Rispetto a prima, oggi i polli da carne sono dei veri e propri mostri di Frankenstein. La selezione genetica ha creato infatti un ibrido con un petto enorme in grado di ingrassare 4 volte più velocemente rispetto al 1950. Questa forzatura ha generato ossa che non reggono al rapido sviluppo provocando deformazioni e difficoltà nei movimenti, malattie cardiovascolari e respiratorie, anemie e un indebolimento delle difese immunitarie.

Basti pensare che il 70% della biomassa degli uccelli presenti sulla Terra è rappresentato da animali allevati e solo il 30% da animali selvatici.

Per garantire la sopravvivenza di questi animali debilitati in un ambiente insano, l’utilizzo di farmaci e vaccini è indispensabile. L’impossibilità di cure individuali fa sì che i medicinali vengano somministrati anche sui polli sani e questo massiccio utilizzo — l’Italia è la seconda nazione europea per la vendita di farmaci veterinari — contribuisce al problema dell’antibiotico resistenza.

Gli archeologi troveranno polli ovunque

Lo studio si basa sull’idea che la modificazione dei polli che alleviamo sarà senz’altro rilevabile dagli archeologi e dagli scienziati del futuro. Innanzitutto per la quantità: il consumo di carne di pollo è infatti in continuo aumento in tutto il mondo.

I nostri eredi troveranno quindi resti di pollo sul pianeta ovunque e in numero spropositato in confronto alle epoche precedenti. Saranno inoltre in grado di rilevare i mutamenti genetici rispetto alla specie originaria, così come noi siamo in grado di farlo oggi. Mettendo in atto un’analisi isotopica, i geochimici potranno inoltre accorgersi del cambiamento nel regime alimentare di questi animali: da una dieta onnivora a prevalenza di semi si è infatti passati a granoturco, cereali vari, farina di pesce e avanzi riprocessati dell’allevamento stesso. Infine si potrebbe aggiungere che, se rimarranno in piedi gli allevamenti intensivi attuali, i nostri successori potranno anche accorgersi della sofferenza inedita a cui questi animali sono stati sottoposti rispetto al passato. Una condizione a cui sono costretti non solo i polli, ma tutti gli animali negli allevamenti.

Non è una storia futuristica di fantascienza: l’epoca del pollo è adesso e noi ne facciamo parte. Se anche tu vuoi aiutarci a cambiarla e a non permettere che si caratterizzi per la crudeltà subita da milioni di animali negli allevamenti, puoi farlo.