La Svizzera potrebbe presto dire addio agli allevamenti intensivi
Il modo in cui le persone guardano gli animali sta cambiando in tutto il mondo. Basta attraversare i nostri confini per accorgerci degli enormi passi avanti dell’attivismo: la Svizzera sta prendendo in considerazione di porre fine agli allevamenti intensivi.
Una battaglia efficace
L’iniziativa “No factory farming in Switzerland” è stata lanciata a giugno 2018 e mira a modificare direttamente la Costituzione Federale.
Il successo della campagna lo si è visto dalle più di 100.000 firme raccolte in poco tempo e depositate martedì alla Cancelleria Federale dalle organizzazioni coinvolte nel progetto.
La modifica richiesta all’articolo 80 della costituzione elvetica prevede il divieto per l’allevamento “…finalizzato alla produzione più efficiente possibile di prodotti derivati da animali, nell’ambito del quale il benessere di questi ultimi è leso sistematicamente”.
Gli effetti della proposta
Nel concreto la nuova legge andrebbe a stabilire degli standard molto più elevati rispetto a quelli attuali per quanto riguarda il luogo dove vivono gli animali, l’accesso all’esterno, la densità consentita e introdurrebbe anche nuove norme nelle pratiche di macellazione. Se queste clausole dovessero essere introdotte, in Svizzera gli allevamenti come li conosciamo oggi finirebbero di esistere.
L’intero sistema dovrebbe adeguarsi a questi criteri entro venticinque anni e varrebbero anche per qualsiasi azienda estera volesse esportare nel paese.
Certo, questo non vuol dire che la sofferenza per gli animali finirebbe, ma non vanno sottovalutati due aspetti.
Il primo, più intuitivo, è quello che riguarda direttamente mucche, maiali e polli. Nelle nostre indagini abbiamo spesso documentato animali in situazioni terribili e sebbene non possa essere considerato un punto di arrivo, garantire a loro condizioni migliori farebbe una enorme differenza per le loro vite.
Il secondo aspetto riguarda i consumi. L’implementazione delle pratiche di allevamento comporta degli investimenti non indifferenti, oltre al fatto che le strutture ospiterebbero meno animali. Questi fattori porterebbero presumibilmente ad un aumento sui costi dei derivati animali e ciò potrebbe a sua volta disincentivare l’acquisto. È il principio su cui si basano le ipotesi di “meat tax”, la tassa sulla carne che sembra diventare un’opzione sempre più concreta.
Quella in esame è una proposta che potrebbe rivoluzionare il settore zootecnico della Svizzera. Vedremo come andrà a finire la discussione su questo tema, ma è sicuramente già un segno positivo che un’iniziativa simile sia appoggiata da gran parte dell’opinione pubblica e abbia raggiunto l’attenzione dei legislatori.
Anche in Italia si stanno portando avanti battaglie importanti. Partecipa alla campagna #SOSpig e aiutaci a dire stop alle gabbie e alle mutilazioni sui maiali negli allevamenti.