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In macelli e allevamenti si lavora per provocare sofferenza ad altri individui


Giacomo Vitali
Web content editor

In molti paesi del mondo il primo maggio si scende in piazza per reclamare migliori condizioni di lavoro. In questa data così significativa, in cui si celebrano anche i risultati ottenuti attraverso dure lotte che hanno coinvolto tutta la società civile, è importante però porsi una questione etica che riguarda sia gli animali che gli esseri umani.

Una vita di violenza

Uccisione cavallo in un macello

📷 © Essere Animali

Nel 2019 è giusto che qualcuno venga ancora pagato per procurare sofferenza e dolore ad altri individui in modo sistematico? Che uccidere o perpetuare violenza su altri esseri viventi continui a essere un modo per guadagnarsi da vivere?

Perché è questo che avviene in mattatoi e allevamenti. Non si tratta solo del problema delle terribili condizione degli animali, ma anche di quelle degli operatori. Abbiamo più volte parlato di come lavorare in questi luoghi possa deteriorare seriamente la salute psico-fisica.

In passato abbiamo per esempio incontrato alcuni ragazzi che volevano darci informazioni su un’azienda in cui gli animali erano maltrattati. Ci avevano lavorato per un breve periodo e uno di loro aveva così commentato: «tornavo a casa e mi veniva da prendere a calci il mio cane. Dopo tutto il giorno in cui vedevo prendere a calci maiali per spostarli e venivo incoraggiato a farlo, stavo cambiando e diventando violento. Ho scelto di andarmene».

Il giornalista del The Guardian Newkey-Burden, che ha riportato il caso britannico del declino dell’occupazione nei mattatoi, spiega:

«Il lavoro nei macelli è stato collegato a una serie di disturbi, tra cui lo stress post-traumatico e lo stress traumatico indotto dalla perpetrazione. Collegato anche ad episodi di violenza domestica, così come all’abuso di alcol e droghe, il lavoro nei macelli porta con sé un terribile tributo emotivo».

Il lavoro degli emarginati

📷 © Essere Animali

Certo ognuno è padrone del proprio destino e può scegliere che lavoro fare. È indubbio tuttavia che per molte persone scegliere sia più difficile che per altre. Chi arriva a cercare un’occupazione in questi luoghi di sofferenza sono in molti casi, come vediamo durante le nostre investigazioni, persone in difficoltà e marginalizzate dalla società.

È stata rilanciata come una bella storia di integrazione a lieto fine per esempio la notizia recente che tre migranti salvati dalla Sea Watch sono stati assunti in un mattatoio calabrese. Nel 2016 una situazione analoga ma su larga scala, aveva invece fatto discutere in Canada, dove il Ministero Federale per l’Occupazione, vista la particolare situazione di difficoltà dei macelli a reclutare personale fra la popolazione, cercò di facilitare l’impiego dei rifugiati siriani.

Questo è un dilemma etico che ha risvolti terribili per miliardi di animali ma anche conseguenze negative per milioni di esseri umani. Si tratta di un problema attuale su cui è bene riflettere anche e proprio durante il primo maggio, giorno di festa dei lavoratori.