Per mangiare salmone colorato artificialmente, stiamo facendo estinguere quello selvaggio


Giacomo Vitali
Web content editor

Sui banchi del supermercato il salmone si trova sempre, ma questo ha delle conseguenze.

Pesce arancione per finta

«Noi compriamo e mangiamo l’imitazione di un pesce, mentre il pesce originale scompare. Potrebbe essere buffo, se non fosse tragico».

Così spiega Mikael Frödin, attivista islandese che ha partecipato alla realizzazione di Artifishal, il documentario sull’allevamento intensivo di salmoni e sulla scomparsa del pesce selvaggio.

Il cibo dei pesci in allevamenti non è costituito da gamberi e krill come sarebbe in natura, ma è in gran parte composto invece di mangimi animali o di soia. Come mai quindi non si vedono da nessuna parte tranci di salmone grigi come dovrebbero essere? La risposta è semplice e inquietante: pochi giorni prima della macellazione la carne viene colorata artificialmente. In alcuni casi sono usati integratori a base di carotene, in quelli peggiori, ma assolutamente frequenti, si utilizzano invece additivi chimici che, visti i costi, portano paradossalmente ad aumentare il prezzo del salmone sul mercato.

Mikael si è inoltre immerso nelle reti in mare dove vengono allevati i salmoni e quello che ha documentato è spaventoso:

«Giravano in tondo: alcuni erano ciechi, altri devastati dal pidocchio di mare che gli staccavano la pelle, lasciando la carne viva a contatto con l’acqua circostante, intorbidita dagli escrementi e dai residui di cibo. Tutti o quasi avevano la coda mozzata, rosicchiata dagli altri salmoni che nuotavano in quel carnaio».

Ogni singola vasca può contenere sino a 200 mila salmoni, ma 50mila muoiono prima di essere macellati proprio a causa delle condizioni impossibili in cui sono costretti a vivere.

L’impatto degli allevamenti di salmoni sull’ambiente e sulla specie originaria

Il progetto di Artifishal, finanziato da Patagonia – la nota azienda produttrice di abbigliamento tecnico – non denuncia solo le condizioni degli allevamenti intensivi di salmone, ma dà l’allarme sugli effetti di queste strutture sull’ambiente e sulla fauna circostante. A preoccupare è prima di tutto il Genetic Pollution – Inquinamento Genetico. Le specie di salmone selvatico risentono infatti di continuo della ibridazione con il cugino d’allevamento. Le reti in mare, stracolme di salmoni, sono spesso soggette a mareggiate o buchi causati dall’usura e in queste situazioni moltissimi animali scappano e si dirigono per istinto nei luoghi d’origine. Incontrandosi con i loro progenitori selvaggi e mischiandosi a loro, i pesci d’allevamento indeboliscono il genoma frutto di millenni di evoluzioni, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza a lungo termine di questi animali.

Il secondo effetto è l’inquinamento vero e proprio delle acque: solo quattro gabbie della tipologia documentata producono gli stessi liquami dell’intera città di Reykjavík, la capitale islandese. Queste sostante impattano nocivamente sul krill e sui piccoli gamberetti di cui si nutrono salmoni selvaggi e non solo, colpendo la catena alimentare alla base.

Il salmone, come tutti gli altri pesci, è un animale in grado di percepire dolore, paura e risentire di stress psicologico. Gli allevamenti intensivi sono un concentrato di tali emozioni e hanno terribili conseguenze sulla fauna ittica selvatica.

Sul ricettario ispirato ai profumi del marepuoi scoprire anche tante ricette gustose e senza sofferenza per gli animali.