Negli allevamenti di pesci c’è la stessa sofferenza che si trova in quelli di mucche, maiali e polli


Giacomo Vitali
Web content editor

In genere si pensa che la maggior parte del pesce venduto al supermercato sia stato pescato in mare, ma non è affatto così. Si stima che entro il 2030 il 60% del pesce consumato deriverà dagli allevamenti ittici e già negli ultimi anni abbiamo raggiunto il 51%, quando solo nel 1974 era il 7%.

Oggi per sostenere la domanda l’acquacoltura è già in tutto e per tutto una tipologia di allevamento intensivo simile a quelli di mucche, maiali e polli, con lo stesso tipo di dinamiche volte alla massima produttività a discapito delle condizioni di vita degli animali.

Riproduzione

Fin dalla riproduzione, la vita dei pesci allevati risulta molto stressante. Per esempio per le trote i riproduttori vengono tenuti fuori dall’acqua e strizzati dagli operatori per raccoglierne le uova. Ogni manipolazione è molto stressante per gli animali.

Per le orate e i branzini l’accoppiamento viene forzato tramite esposizione a luce artificiale che modifica il loro normale ciclo giorno-notte accelerando così i ritmi della riproduzione. Lo stesso metodo viene utilizzato negli allevamenti di galline ovaiole per stimolare la deposizione di uova.

Allevamento da ingrasso

Proprio come per mucche, maiali e polli, dopo la nascita i pesci vengono fatti crescere fino alle dimensioni adatte alla commercializzazione. Ciò avviene principalmente nelle vasche di cemento su terra ferma o in gabbie in mare.

Lelevato affollamento in queste strutture porta non solo alla diffusione più rapida di malattie – che nel caso degli allevamenti in mare possono propagarsi anche alle aree circostanti – ma anche a uno stress che porta i pesci ad aggredirsi l’un l’altro. Queste condizioni portano gli allevatori all’uso di farmaci.

Trasporto

Il trasporto può avvenire tramite cassoni in fibra di vetro montati su camion o, nel caso di trasporto con i traghetti, anche attraverso sistemi con ricambio di acqua con l’ambiente esterno. In questa fase in cui gli animali sono chiusi in spazi ancora più ristretti, la densità dei pesci aumenta, peggiorando la condizione di stress precedente. Inoltre è indubbio che nei trasporti, nonostante il ricambio, la concentrazione di biossido di carbonio e l’ammoniaca aumentino non di poco, rendendo l’acqua più insalubre.

Un problema ulteriore è il passaggio dall’ambiente in cui vivono al mezzo di trasporto. In molti casi ciò avviene attraverso pompe che aspirano i pesci dalla vasca e li portano nei container. Gli animali sono così trasferiti ad alte velocità e, in molti casi, con un passaggio fuori dall’acqua. Questo metodo può provocare ferite e dolore. In alcuni casi il prelevamento è eseguito invece con le reti. Oltre allo stress di un passaggio in asfissia fuori dall’acqua, i pesci che si trovano nella parte bassa della rete rischiano di rimanere schiacciati e feriti da quelli soprastanti.

Uccisione

I metodi di uccisione utilizzati differiscono a seconda delle specie e delle tipologie di allevamento. In alcuni casi si effettua uno stordimento, in altri non viene preso nemmeno in considerazione, ma come evidenziato anche dal recente rapporto della Commissione Europea e dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità Animale (OIE) i metodi di stordimento più diffusi sono inaffidabili o inefficaci.

© Essere Animali

L’allevamento di pesci è in continua crescita e se le cose non cambieranno costringerà sempre più animali a una vita fatta di sofferenza. Sostieni la campagna #Ancheipesci e aiutaci a dire no all’agonia di questi animali. Esattamente come tutti gli altri, hanno bisogno di vivere liberi. Firma la petizione.