Il bycatch non si ferma: squali a rischio nel Mediterraneo
Le reti e la maggior parte dei metodi di pesca non consentono di scegliere a priori cosa si cattura. Di recente il WWF ha segnalato l’impatto di questo fenomeno sugli squali del Mar Mediterraneo. La situazione è drammatica e fa capire molto bene quanto la pesca sia dannosa.
Nonostante alcune nuove tipologie siano costruite affinché specie non commerciabili riescano a fuggire, il danno dei bycatch – ovvero della cattura accidentale – è enorme. Di tutto il pesce catturato ogni anno a scopo alimentare, il 40% non arriva al piatto perchè non idoneo.
L’effetto del bycatch sugli squali
Il WWF ha lanciato un allarme in merito al problema del bycatch per i pesci cartilaginei, categoria a cui appartengono squali, razze e chimere. Delle 86 specie presenti nei nostri mari, la metà sono a rischio a causa della pesca intensiva di tonni e pesci spada – anch’essi in declino per la pesca eccessiva.
Le reti a strascico sono la principale causa. A questi danni si aggiungono quelli dei palangari, lenze lunghe anche più di 90 chilometri con centinaia di ami. Il 10-15% dei pesci catturati in questo modo sono squali pelagici.
Il bycatch ha reso il Mar Mediterraneo uno dei luoghi più pericolosi al mondo per squali e razze.
La cattura accidentale con reti e palangari non colpisce solo specie protette, ma persino le stesse specie commercializzate. Moltissimi individui infatti risultano “non idonei” alla vendita perché non conformi agli standard di vendita, come i pesci troppo giovani o quelli danneggiati durante la cattura.
Il bycatch serve agli allevamenti di pesci
L’acquacoltura svolge un duplice ruolo: produttore e consumatore di pesce. La maggior parte dei pesci sono infatti carnivori e questo fa sì che gli allevamenti dipendano dal pescato in mare, poi trasformato in olio o farina di pesce.
Proprio la pesca accidentale è una delle principali fonti di cibo per i pesci allevati. Il bycatch diventa così una pratica quasi calcolata. In questo modo si genera un ciclo che sottopone a pressioni ancora più forti le riserve marine già sovrasfruttate.
Per capire le proporzioni del problema, basti considerare che nel 2013, circa il 16% – 15 milioni di tonnellate – della produzione ittica mondiale era destinato all’acquacoltura. I numeri non sembrano destinati a calare. Dal 50% nel 1980, le specie allevate con mangimi derivati dalla pesca sono arrivate infatti all’80% nel 2010, complice l’apprezzamento da parte dei consumatori di specie sempre più in alto nella catena alimentare, come tonno e salmone.
Bycatch, pesca, allevamento sono pratiche che infliggono agonia a miliardi di animali. Ai pesci non è riservata alcuna protezione, ma noi vogliamo che le cose cambino. La Grande Distribuzione Organizzata deve vincolare gli allevamenti fornitori a severe policy. Entra anche tu in azione e rimani aggiornato sugli sviluppi della campagna #ancheipesci.
FIRMA! NO ALL’AGONIA DEI PESCI