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A Yulin cani e gatti macellati, ma che dire delle nostre barbarie?


Simone Montuschi
President

Anche quest’anno in Cina è iniziato il festival di Yulin, tristemente noto per la barbara usanza di cibarsi di carne di cane e gatto. Stando alle statistiche riportate dall’ufficio di Pechino della World Animal Protection, ogni anno nel paese vengono ancora macellati 25 milioni di cani. La Cina tuttavia non è l’unico paese in cui è ancora diffusa questa abitudine. Abbiamo già trattato per esempio di come San Bernardo e labrador siano un piatto comune nella civilissima Corea del Sud.

Siamo giustamente inorriditi da questo trattamento inferto ad animali che amiamo e rispettiamo, ma nella nostra società non riserviamo forse la stessa sorte a milioni di galline, maiali e polli?

È giusto chiedere alla popolazione cinese un cambiamento delle loro abitudini, ma se riuscissimo a guardare ai fatti con obiettività e onestà intellettuale, dovremmo ammettere che non c’è differenza nel vedere imprigionati in gabbie soffocanti dei cani o dei maiali. Così come non c’è differenza tra l’avere nel piatto carne di gatto, di pollo o di qualsiasi altro animale che nella nostra società siamo soliti allevare a fini alimentari. Tutti questi animali soffrono e tutti vengono crudelmente uccisi.

D’altronde molti paesi potrebbero considerare noi italiani dei barbari perché, sebbene i consumi siano in diminuzione, mangiamo ancora conigli e cavalli.

Non è una questione di culture più o meno avanzate, si tratta semplicemente di abitudini e tradizioni e in quanto tali possono essere modificate.

E questo cambiamento non può che partire da ognuno di noi.

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