Tra 10 anni l’industria del latte potrebbe essere solo un ricordo


Simone Montuschi
President

Durante la Semex dairy conference tenutasi a gennaio, incontro annuale in cui si discutono temi legati alla produzione casearia del Regno Unito, gli esperti hanno discusso di una problematica importante per il settore. C’è infatti grande preoccupazione per l’interesse che i consumatori dimostrano per i prodotti a base vegetale alternativi a latte e formaggi.

Alternative vegetali al latte.

Le conclusioni dell’incontro sono suonata come un vero allarme. Se l’attuale trend proseguisse in modo costante, il settore caseario potrebbe cessare di esistere in pochi anni.

La consulente per la sostenibilità del patrimonio zootecnico, Judith Capper ha affermato infatti che, nonostante i vegani costituiscano solo una piccola parte della popolazione, la loro voce ha una grande risonanza sulle masse. Secondo l’esperta, ci sarebbe bisogno di un “mith-busting”, qualcosa che faccia breccia nelle presunte leggende vegane e ne neutralizzi l’effetto. Senza un fattore che cambi l’andamento attuale, la Capper pronostica che

<< … l’industria lattiera potrebbe cessare di esistere nell’arco di cinque o dieci anni. >>

Le intenzioni dei consumatori sembrano avvalorare la tesi della consulente. Un un recente sondaggio rileva che, nel 2018, il 28% degli “young adult” inglesi cercherà di escludere dalla loro dieta latte e derivati.

C’è da constatare che il trend non si limita alle isole britanniche. In Italia per esempio tra il 2011 e il 2016 il consumo pro-capite di latte è calato del 24%.

Parallelamente, il mercato globale delle alternative vegetali a questo prodotto, che include latte di soia, riso, mandorla, cocco, canapa e avena, è in piena espansione. Si prevede che supererà il valore di 34 miliardi di dollari entro il 2024.

Nonostante la convinzione di Capper che l’industria lattiero-casearia debba sradicare dei falsi miti, molte persone scelgono di abbandonare latte e derivati per motivi di salute, la maggior parte dei quali sono sostenuti da studi scientifiche accreditati. Alcune ricerca hanno constatato che il 75% degli afroamericani è intollerante al lattosio, che il latte può favorire il cancro alle ovaie e, al contrario di quanto si pensava fino a pochi anni fa, può portare alla riduzione del calcio nelle ossaHarvard cita inoltre il caseificio come  la fonte numero uno di grassi saturi i quali, se non assunti in quantità molto modeste – come spesso invece avviene quotidianamente – possono portare a gravi problemi di salute come malattie cardiache e diabete.

Fase della mungitura.

Sappiamo poi che oltre a questi, ci sono altri motivi di tipo anche etico e ambientale che scoraggiano il consumo del latte di origine animale.

Ad oggi, nonostante la pressioni delle lobby, che ha per esempio portato l’Unione Europea a limitare la possibilità di utilizzare  la dicitura di “latte” sulle confezioni dei prodotti alternativi, non esiste una strategia di marketing in grado di contrastare il processo in atto.

Anche seconda la Western Farm Press, l’autorità di informazione per agricoltori e produttori in California e Arizona, se la spinta verso le proteine vegetali continuerà a impattare il settore lattiero-caseario con i ritmi di crescita attuali, questa industria avrà i giorni contati.

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