Italcarni, il macello degli orrori riapre e cambia nome
È l’11 novembre 2015. “Animali maltrattati e carne infetta” è questo il titolo che fa conoscere agli Italiani il macello Italcarni di Ghedi, in provincia di Brescia. Qualche giorno dopo il video, registrato dalle telecamere nascoste della polizia giudiziaria, rimbalza prima nei telegiornali e poi in Rete. Ma cosa si vede in questo video? Si vede Federico Osio, amministratore di Italcarni che sale in un camion e aiutato da alcuni operai lega la zampa di una mucca con una catena e poi sale a bordo di un muletto per tirarla giù dal camion.
Si tratta infatti di una cosiddetta “mucca a terra”, ovvero una di quelle mucche da latte che dopo essere stata sfruttata fino in fondo dagli allevatori per la produzione non è più in grado di deambulare a causa di un indebolimento generale del sistema immunitario, dell’apparato scheletrico e muscolare.
La mucca, viva ovviamente, scivola fuori dal camion e viene poi trascinata sull’asfalto. Un operaio a questo punto stacca la catena e Osio la solleva con il muletto, buttandola davanti alla porta della linea di macellazione. Il video finisce così.
È solo uno dei tanti. A questo punto per fortuna si scatena la bufera mediatica e di conseguenza quella giudiziaria. Ne viene fuori una denuncia con sei nomi iscritti nel registro degli indagati. Le prove non lasciano adito a dubbi. Italcarni viene messa sotto sequestro.
Eppure, in attesa di vedere scritta la parola fine sul processo di primo grado, Italcarni ha già riaperto recentemente con un nuovo nome. Ora non si chiama più Italcarni, ora si chiama A.D.M. Carni e, ad eccezione di Federico Osio, è di proprietà delle stesse persone. Nell’elenco dei soci infatti ci sono comunque sia la moglie che la madre di Osio. Come prima, inoltre, resta valida la convenzione con il comune di Ghedi, proprietario effettivo della struttura, che ha più volte difeso anche di fronte all’evidenza.
Il processo comunque prosegue e la sentenza dovrebbe arrivare a fine gennaio. La prima fase dovrebbe vedere il patteggiamento a 2 anni e sei mesi di Osio e alla condanna pesante per i due veterinari della Asl che hanno cercato di nascondere tutto. Del caso Italcarni ne parla ampiamente Giulia Innocenzi nel suo libro Tritacarne,
di cui vi abbiamo parlato recentemente.
Cosa ci insegna questa vicenda?
• Che nei macelli la sofferenza per gli animali va ben oltre il momento stesso della morte, i maltrattamenti sono quasi impossibili da evitare, visto che si tratta di grandi animali che si rifiutano di morire.
• Che le mucche “a terra” continuano ad essere macellate nonostante sia illegale e sia stato denunciato più volte.
• Che a volte ci vuole uno scandalo per far parlare della vita a cui sono costretti gli animali.
• Che in Italia spesso si ripete il frustrante “cambiare tutto per non cambiare niente”.
Ma ci insegna anche che non è solo con questi scandali che si risolvono le cose: sta a noi prendere in mano la situazione e creare un cambiamento, a partire anche dalle nostre scelte quotidiane.
E questo puoi farlo anche tu, oggi stesso.