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Tritacarne, il libro sugli allevamenti intensivi


Simone Montuschi
President

È uscito da pochissimo e sta già facendo molto discutere l’atteso libro di Giulia Innocenzi, la giornalista e conduttrice tv recentemente diventata vegana (“vegetariana quando sono fuori casa”, dichiara onestamente) che ha condotto un’indagine sugli allevamenti italiani.

Dal caso di Italcarni a quello di Avicoop, proprietà di Amadori, fino ad arrivare alle cause della mucillagine nella costa Adriatica, Giulia Innocenzi ci trascina in uno sconvolgente luna park dove non c’è spazio per l’ottovolante ma solo per il tunnel dell’orrore. Senza scendere ad alcun compresso, la Innocenzi, partendo dal libro di Safran Foer che le ha cambiato la vita, sceglie la strada del dialogo con il lettore, come se si trattasse di un amico a cui raccontare tutta la verità, solo la verità e nient’altro che la verità. Ed è esattamente questo quello che fa. Senza nascondere le proprie contraddizioni, accompagnate sempre da un filo di amara ironia, ma restando con lo sguardo ben puntato sull’obiettivo.

 

Giulia Innocenzi non ci risparmia nulla per cercare di strappare il sipario d’ipocrisia dietro al quale spesso ci ripariamo per proteggerci dalla cruda realtà dell’industria della carne.

 

Di certo Tritacarne è in grado di scuotere anche chi già ben conosce gli orrori a cui sono sottoposti gli animali prima di finire nei nostri piatti, perché le indagini condotte all’interno degli allevamenti e correlate dalle insostenibili dichiarazioni di molte delle persone a vario titolo coinvolte non possono che far rabbrividire chiunque abbia a cuore non solo il benessere degli animali, ma anche la propria salute.

 

 

Tritacarne è un libro per tutti, sia per chi sta pensando di abbandonare la carne (e che qui troverà mille validi motivi per farlo) che per chi vuole approfondire il “dietro le quinte” del mondo dell’allevamento. E se è vero che alla fine Giulia Innocenzi sembra in qualche modo sposare la strada dei “piccoli passi” per raggiungere un futuro migliore o quella della “carne felice”, allevamenti più etici in attesa di un mondo cruelty-free, lo fa palesemente per cercare di convincere le persone ancora dubbiose che in realtà non esiste una vera alternativa alla scelta vegan. Sul finale del suo libro lo dice chiaramente: «[…] la separazione vacca-vitello e la fine precoce del vitello, il bufalino maschio (ucciso n.d.r.), il pulcino maschio (triturato vivo n.d.r.), lo sfruttamento della mucca, probabilmente attenuato ma sempre presente, l’invio al macello quando l’animale non serve più o è pronto per diventare carne. Se non si è disposti ad accettare questo, non resta che abbandonare i prodotti di origine animale

Uscito per i tipi di Rizzoli, Tritacarne è un libro che non dimenticherete facilmente, che senza dubbio è destinato a lasciare il segno e che più volte vi costringerà a interrompere la lettura per riprendere fiato, ma del resto la storia è sempre quella: «pillola azzurra: fine della storia. Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa: resti nel paese delle meraviglie e vedrai quanto è profonda la tana del Bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo.»