Trivelle: quali impatti sulla fauna marina?
Si avvicina il giorno del tanto discusso referendum sulle trivellazioni che in questi giorni ha visto fronteggiarsi le ragioni del SÌ e quelle del NO in un dibattito molto acceso nonostante il poco clamore mediatico riscosso e gli inviti della maggioranza di governo a disertare le urne.
Si è parlato molto di inquinamento e rischi di disastri ecologici, di paventati risvolti negativi sull’occupazione, di una dipendenza ancora necessaria per il nostro Paese dai combustibili fossili e delle valenze politiche/economiche di questa chiamata al voto. Ciò che non si è approfondito abbastanza, e che dal nostro punto di vista meriterebbe uno spazio di riguardo all’interno del dibattito, è il tema dell’impatto effettivo che le attività estrattive hanno, dalle fasi di ricerca alle seguenti fasi di estrazione fino al decommissioning degli impianti, su chi nel mare ci vive ed abita da sempre: i cetacei, così come i pesci e tutti gli altri animali marini.
Abbiamo ritenuto importante approfondire l’argomento, e per farlo abbiamo chiesto l’aiuto del Dott. Guido Pietroluongo, veterinario cetologo ed attivista, chiedendogli quale sia la situazione attuale riguardo le trivellazioni e i rischi che questo tipo di attività comportano per tutta la biodiversità marina.
Dott. Pietroluongo, quali sono i danni che i cetacei subiscono dalle necessarie prospezioni geosismiche che precedono l’installazione e tutte le successive attività delle trivelle?
I cetacei sono creature straordinarie che vivono sul nostro pianeta da milioni di anni e sono i protagonisti di record imbattuti. Basti pensare che l’animale più grande al mondo mai esistito è la balenottera azzurra, più grande dei dinosauri! Ed abbiamo la fortuna di poterla ancora incontrare, nonostante sia una tra le specie più fortemente minacciate.
Le prospezioni geosismiche sono programmate durante la prima fase di studio geologico per capire cosa è presente nel sottosuolo. Nella maggior parte dei progetti è previsto l’utilizzo di una tecnica di prospezione geosismica a forte impatto acustico conosciuta come air-gun: una sorgente energetica ad aria compressa che genera una violenta onda d’urto che si propaga in mare. Quando l’onda “rimbalza” e ritorna in superficie porta con sé i dati che permettono di capire se nel sottosuolo sono presenti combustibili fossili.
Questi cannoni ad aria compressa sono disposti numerosi in serie e trascinati da un’imbarcazione per navigare in aree marine molto grandi. L’impatto acustico di questa sorgente è stato paragonato alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, al decollo di un jet e di una navicella spaziale, all’eruzione del vulcano Krakatoa. I Cetacei vivendo in mare hanno sviluppato l’udito come senso vitale per qualsiasi loro attività, dalla ricerca del cibo alla comunicazione. Un disturbo di tale portata potrebbe causare danni diretti se un esemplare si trovasse nelle vicinanze della sorgente acustica. O impatti indiretti che potrebbero allontanarli dall’area, disturbare il loro complesso sistema di socializzazione, spaventarli con una conseguente rapida risalita che potrebbe causare una sindrome embolica. Una qualsiasi fonte di stress è potenzialmente letale e potrebbe avere conseguenze a livello di sistema immunitario di tali creature. Le attività di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi possono essere svolte in siti fondamentali ad esempio per la crescita della prole o per la migrazione. È vero quindi che i Cetacei sono animali mastodontici e millenari ma è pur vero che sono animali estremamente fragili. La loro vita è basata sul senso dell’udito e il rumore disturba o annienta questo senso vitale.
Che tipo di danni subisce tutto l’ecosistema marino?
I Cetacei occupano, proprio come noi esseri umani, l’apice della catena trofica. Pertanto sono considerati i bioindicatori della salute dell’ecosistema marino. Se un Cetaceo manifesta un problema questo inevitabilmente si sta riflettendo o ha origine su altre specie della catena trofica. Le prospezioni geosismiche disturbano i Cetacei ed insieme al traffico marino e all’inquinamento chimico che ne consegue, possono avere importanti impatti sull’intera catena trofica di cui anche noi facciamo parte. Sono diversi gli studi che hanno evidenziato un alto tasso di contaminazione da sostanze chimiche in molte specie marine che vivono nel Mediterraneo, così come in altri mari. I Cetacei sono buoni indicatori dei cambiamenti ambientali a medio e a lungo termine grazie alla loro longevità, all’alimentazione che li pone all’apice della catena trofica ed alla presenza nel loro organismo di grandi riserve lipidiche. Il “blubber” (tessuto adiposo sottocutaneo), infatti, è un deposito “ideale” per molti contaminanti ambientali. L’esposizione a questo tipo di sostanze chimiche (o a quelle utilizzate per trattare le fuoriuscite di greggio come disperdenti) può avvenire in due modi: a livello interno (per diretta ingestione e assunzione degli idrocarburi, consumo di prede contenenti prodotti chimici a base di idrocarburi, o inalazione di composti volatili degli idrocarburi ed affini) ed esternamente (nuoto tra idrocarburi o disperdenti, o contatto con la pelle e il corpo con queste sostanze).
Tali composti, che persistono inalterati nell’ambiente per lungo tempo, svolgerebbero importanti effetti sulla biologia riproduttiva, sulle normali funzioni fisiologiche, sull’integrità e sull’efficienza/efficacia della risposta immunitaria, rendendo gli animali più vulnerabili, specie gli esemplari giovani in crescita, rispetto alle aggressioni perpetrate da agenti infettivi.
Può quantificare il danno causato finora, in particolar modo sui cetacei, da questi sistemi di sfruttamento degli idrocarburi presenti in mare?
Purtroppo ad oggi non esistono studi scientifici che testimoniano l’impatto diretto delle attività di prospezione sui cetacei. Ciò non vuol dire però che questi non esistano. I responsabili incaricati al controllo di queste attività potrebbero non essere competenti in materia, potrebbero intenzionalmente non riferire determinati episodi o potrebbero sfuggirgli. Altresì, data la natura di queste creature un danno diretto potrebbe non essere verificato perché magari il Cetaceo che ha subito questi danni non viene rinvenuto spiaggiato o viene rinvenuto quando lo stato di decomposizione avanzato non permette di verificare il danno avvenuto. È un argomento molto complesso, come è complessa la fisiologia e l’etologia di queste straordinarie creature. Vivono in un mondo misterioso ed ancora inesplorato. Pertanto le conoscenze scientifiche nei loro riguardi sono in continua evoluzione. Al contrario però esistono innumerevoli studi che testimoniano i danni indiretti. Come ad esempio i capodogli che assumono un atteggiamento comportamentale di disturbo nelle vicinanze di fonti sonore ad elevato impatto acustico. Come la comunicazione delle megattere venga disturbata. Come popolazioni di odontoceti fuggano queste sorgenti sonore ed abbandonino areali marini dove erano presenti da sempre. O come siti di elezione per la ricerca di cibo o la crescita e cura della prole siano stati del tutto abbandonati da queste specie a causa della degradazione e antropizzazione dell’habitat dovuta a questo tipo di attività.
Il problema principale però, oltre a queste attività che tanto richiamano il clamore pubblico, è costituito dal continuo ed incessante inquinamento chimico ad opera dell’uomo. Infatti se un air-gun fa così tanto rumore, sia fattivo che figurato nell’opinione pubblica, nessun rumore fa il lento stillicidio dell’inquinamento antropico che, giorno dopo giorno ed anno dopo anno, è responsabile del depauperamento della fauna marina al quale stiamo assistendo. Perdere una rappresentanza tanto peculiare della biodiversità del pianeta dovrebbe essere considerato un crimine ambientale. Allo stesso modo la conservazione e la tutela di queste specie dovrebbe essere un tema prioritario a discapito di queste attività. Bastano semplici gesti quotidiani per offrire il proprio contributo nella difesa di queste specie tanto uniche.
Ci sa dire come mai dovremmo andare a votare per il referendum del 17 Aprile?
Votare è un diritto costituzionale. Come cittadini abbiamo il dovere di far valere i nostri diritti. Questo è ciò che credo fermamente. Spesso il sistema democratico italiano non è poi così democratico. Quindi nel momento in cui abbiamo gli strumenti e la possibilità per partecipare, dovremmo approfittarne evitando così di lamentarci a decisioni sopraggiunte quando è ormai troppo tardi.
Il referendum in questione ha diversi aspetti “speciali”, sia per come è stato proposto sia per il tema affrontato. Infatti, per la prima volta nella storia del nostro Paese 9 Regioni italiane, sostenute da esperti del tema, hanno avanzato la richiesta di un referendum.
I quesiti referendari proposti erano 6 al principio, alcuni sono stati già soddisfatti altri meno. Il referendum del 17 Aprile 2016 si esprime in merito ad 1 di questi quesiti presentati. Il quesito ci chiede di esprimerci a proposito dei progetti in atto e delle autorizzazioni già rilasciate dai Ministeri per lo sfruttamento di petrolio e gas entro le 12 miglia dalla costa.
Qualora dovesse vincere il SÌ, saranno smobilitate tutte le attuali piattaforme e le società saranno obbligate a bonificare i siti?
È d’obbligo fare la premessa che se vincerà il SÌ le concessioni già esistenti continueranno le proprie attività fino alla scadenza dei contratti (la scadenza non è immediata e potrebbe proiettarsi ancora per anni in base ai tempi previsti nei progetti). Non verranno dunque autorizzate ulteriori prospezioni geosismiche o ulteriori fasi estrattive solo entro le 12 miglia. Ciò però non significa che al termine delle proprie attività saranno obbligati a smantellare le piattaforme e a bonificare i siti, perché sicuramente troveranno altri espedienti per evitarlo. Purtroppo la politica italiana legata al sistema economico dei combustibili fossili non si esprime chiaramente in merito. Non è semplice obbligare una Compagnia petrolifera a bonificare un sito o smantellare una piattaforma. Tante compagnie non dispongono più di mezzi strumentali ed economici per attuare un programma di dismissione. Non solo in tema petrolifero ma in generale in tutto il territorio italiano abbiamo infiniti esempi di ecomostri abbandonati. Proprio perché non sono attività semplici e anche nella fase di dismissione non mancano gli impatti. Il sistema autorizzativo evita di affrontare tali questioni forse anche intenzionalmente. Il principio precauzionale infatti spesso non è al centro dell’iter autorizzativo. In definitiva è pur sempre tutto nelle mani di esseri umani. E come tali non riusciremo mai a prevenire invece di curare o ad attuare un piano programmatico che preveda o eviti a priori eventuali conseguenze invece di piangere, disperarsi e lamentarsi a disastri avvenuti. Questa è la nostra storia su questo Pianeta ma abbiamo tutti gli strumenti per imparare dai nostri errori ed attivarci per cambiare le cose.
Uno di questi piccoli passi è votare SÌ al Referendum del 17 Aprile. Abbiamo la possibilità di dimostrare finalmente che siamo cittadini attivi ed impegnati. Se vincesse il NO o non si raggiungesse il quorum, il Governo e i petrolieri potrebbero interpretare questa non partecipazione come indifferenza cittadina e approfittarne. Se è vero che il nostro SÌ da un lato non fermerà per sempre le trivelle, sicuramente dall’altro lato sarà un simbolo di coscienza per la difesa del bene comune e del futuro delle nuove generazioni. Una dimostrazione che la volontà popolare desidera proiettare l’Italia verso una politica sostenibile libera dai combustibili fossili. Pertanto il Governo italiano dovrà impegnarsi per rispettare questa nuova coscienza cittadina.
Guido Pietroluongo è un Medico Veterinario che ha dedicato la sua vita allo studio dei Cetacei.