Dalle gabbie alla libertà, una nuova vita per TRE visoni
Dalle gabbie alla libertà, una nuova vita per TRE visoni
Durante la passata estate abbiamo preso con noi 3 visoni da un allevamento di animali da pelliccia e li abbiamo liberati in natura, in riva a un fiume. Sin dal primo momento non hanno perso un attimo per gettarsi in acqua, nuotare e tuffarsi ripetutamente. Per la prima volta nella loro vita hanno potuto toccare con le zampe il terreno ed esplorare un ambiente vero, che non fosse una misera gabbia.
Vedere in prima persona la loro voglia di esprimersi e di vivere ed essere partecipi della loro libertà è stato un momento bellissimo e carico di emozioni. Per questi animali è cambiata radicalmente la vita e vogliamo che diventino il simbolo di ciò che gli altri 200.000 visoni prigionieri degli allevamenti italiani desiderano, la libertà.
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I visoni dovrebbero vivere nei boschi e lungo i fiumi. Costringerli in una minuscola gabbia, ucciderli inserendoli in una camera a gas dove moriranno anche dopo 2 minuti di tremenda agonia e infine scuoiarli per poterne vendere la pelliccia è una pratica crudele che deve essere subito vietata.
PERCHÈ ABBIAMO COMPIUTO QUESTA AZIONE
- per sottrarre almeno alcuni di loro a morte certa e a condizioni di vita agghiaccianti, giudicate già dal 2001 “gravemente lesive del benessere animale” anche da una Commissione Europea1, dandogli la possibilità di ricominciare a vivere
- per richiamare l’attenzione delle Istituzioni sull’urgenza di abolire questi allevamenti, causa di gravissime sofferenze agli animali, e approvare al più presto la Proposta di Legge già assegnata alle Commissioni Referenti di Camera e Senato.
Un’azione concreta per questi tre individui, ma rivolta anche a tutti gli altri animali rimasti prigionieri, per sollevare un necessario dibattito e far parlare dei 200.000 visoni ancora rinchiusi negli allevamenti italiani. Per 18 mesi, tempo occorso per la realizzazione della nostra investigazione Morire per una Pelliccia, li abbiamo visti mordere la gabbia per tentare invano di fuggire e abbiamo documentato con filmati e fotografie le ferite, i comportamenti stereotipati e la mortalità che si cela dietro a questi allevamenti.
La vista dei tre visoni che per la prima volta si muovono nell’erba e nuotano felici deve spingere tutti noi a chiedere con maggior forza e impegno l’abolizione di questi allevamenti. La campagna Visoni Liberi che abbiamo intrapreso si prefigge questo scopo.
→ SOSTIENI questa importante battaglia per porre fine alla loro sofferenza
→ PARTECIPA sabato 21 dicembre alla manifestazione organizzata da Essere Animali
LA LIBERAZIONE DI TRE VISONI IN NATURA PUÓ SUSCITARE ALCUNE DOMANDE E RIFLESSIONI A CUI INTENDIAMO DARE LE DOVUTE RISPOSTE
→ SOPRAVVIVENZA ED ETOLOGIA DEI VISONI RILASCIATI IN NATURA
I visoni allevati sono la specie americana NeoVison Vison (o Mustela Vison), alloctona in Italia e importata proprio per l’allevamento per la produzione di pellicce. Questi animali si adattano facilmente alle nostre zone umide o dove ci siano corsi d’acqua: ruscelli, stagni e laghi con ripari cespugliosi o rocciosi nelle vicinanze sono considerati territori ottimali.2 In Italia ve ne sono numerose colonie, formatesi per lo più dopo azioni di anonimi animalisti che hanno liberato anche migliaia di visoni. Questi animali sono ora presenti in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Lazio, Abruzzo e Sardegna.3
Abbiamo preso con noi tre animali non più cuccioli, che non presentavano ferite e altri sintomi di malattia e li abbiamo successivamente liberati in un ambiente che anche se non costituisce il loro originale habitat naturale, gli consentirà buone probabilità di sopravvivenza e di procacciarsi il cibo.
I visoni selvatici possono vivere fino a 11 anni, negli allevamenti europei invece si registra una mortalità in certi casi anche del 20% per i cuccioli1 e gli animali muoiono comunque soffocati dal monossido di carbonio della camera a gas dopo 8 mesi. La certezza dunque è che sicuramente gli animali non sarebbero sopravvissuti se ancora rinchiusi negli allevamenti.
Da mesi erano confinati in una gabbia di 36cm x 70cm e alta 45cm, dimensioni che la normativa di riferimento riserva ora a questi animali, condannati a vivere in uno spazio di appena 2550 centimetri quadrati.4
In condizioni naturali invece questo animale
• vive a stretto contatto con ambienti acquatici come fiumi e laghi, dove predilige cacciare
• sulla terraferma arriva ad occupare sino a 6 km di territorio ma un esemplare giovane può percorrere anche 50 km in cerca di un territorio proprio5
• in acqua può immergersi sino a 5 metri e nuotare anche di seguito per circa 30 metri2, ma sono stati osservati esemplari spingersi anche oltre i 7 metri di profondità per nutrirsi di granchi e altri animali
• è un abilissimo corridore, capace anche di arrampicarsi sugli alberi, e arriva ad occupare sino a 24 diverse tane, utilizzate per dormire, riposare e nascondere il cibo
• è un animale principalmente solitario, da adulto particolarmente intollerante verso i propri simili e marca i confini del suo territorio con secrezioni e comunica usando una varietà di segni, inclusi segnali chimici, visivi e uditivi
• ha un eccellente senso della vista, dell’olfatto e dell’udito
All’interno degli allevamenti vive invece a stretto contatto con migliaia di altri visoni ed è ampiamente dimostrato che anche se nato in cattività da generazioni, mantiene molti dei suoi istinti selvatici. Queste condizioni innaturali di vita, la mancanza di movimento e l’impossibilità di nuotare e bagnarsi gli procurano un’elevata sofferenza.
→ IMPATTO AMBIENTALE DEI VISONI RILASCIATI IN NATURA
Liberare animali appartenenti ad una specie alloctona, cioè non originaria del territorio in cui viene rilasciata è un gesto che in certi casi può creare conseguenze ecologiche alla flora e alla fauna presenti. Se è vero che migliaia di visoni americani, liberati in natura più volte anche in Italia in seguito a numerose azioni di protesta, possono minacciare la salvaguardia biologica, il rilascio esiguo di soli tre visoni non può costituire in alcun modo un serio pericolo per l’ecosistema, per la difficoltà che da un numero così limitato di animali si venga a creare un’ulteriore popolazione di visoni americani, comunque già presenti in numero notevole in molte regioni italiane. Il visone europeo, non allevato per le pellicce e già minacciato per la caccia, la distruzione e l’inquinamento del proprio habitat naturale, in certe zone è venuto in competizione proprio con il parente americano, più grande di stazza e con una buona capacità di adattamento e proliferazione.6
Con la liberazione di soli tre visoni in un ambiente dove è certa l’assenza della specie europea, non abbiamo certamente compiuto quindi un’azione il cui impatto ambientale può essere definito rilevante, ma comparabile al massimo ad una fuga accidentale che comunque si verifica abbastanza di frequente negli allevamenti, a causa di gabbie la cui chiusura è difettosa o altri eventi assolutamente non arginabili dagli stessi allevatori.
Se migliaia di visoni americani immessi nel territorio italiano possono quindi essere considerati una presenza degna di attenzione per le conseguenze che essi hanno sul piano della biodiversità, è solo vietando l’importazione e l’allevamento di questi animali alloctoni che si deve risolvere una problematica che di certo non scaturisce da questo nostro gesto. Nei paesi dove ancora non è presente il visone americano, biologi ed esperti di fauna alloctona individuano proprio nel divieto dell’allevamento di questi animali da pelliccia la soluzione principale all’introduzione di questa specie, come ad esempio in certe zone della Spagna.7
In Italia invece sorgono allevamenti di visone anche in zone limitrofe a Parchi Naturali, è questo aspetto, non certo la liberazione di tre esemplari, a essere quindi altamente discutibile, oltre che sul piano etico anche da un punto di vista ecologico.
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Note
1 “The welfare of animals kept for fur production” – Report of the Committee on Animal Health and Animal Welfare
ec.europa. > eu/food/animal/welfare/intern…
2 animaldiversity.ummz.umich.edu/accounts…
3 “Predicting the spread of feral populations of the American mink in Italy: is it too late for eradication?”, di F. Iordan, S. P. Rushton, D. W. Macdonald e L. Bonesi
. > springer.com/article/10.1007%2Fs10…
4 Decreto Legislativo n.146 del 2001 > www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/…
5 secondo uno studio di Crowley and Wilson, 1991
6 ec.europa.eu/environment/nature/info/pu…
7 “The American mink in Europe status, impacts, and control”, di L. Bonesi e S. Palazon > www.sciencedirect.com/science/article/p…