Un mondo protetto?
Un mondo protetto?
di Nicola Dembech, Responsabile comunicazione di Essere Animali
Il mondo fuori le nostre città è prossimo a tramutarsi in un enorme parco protetto, dobbiamo proteggere il clima, proteggere l’aria, gli alberi, gli animali, i fiumi, i mari, dobbiamo proteggere da noi tutto ciò possa essere motivo di interesse economico. L’attuale sistema dominante è esclusivamente interessato al massimo profitto in termini di denaro, la fitta rete di aziende multinazionali opera attraverso un proprio ordine utilitaristico secondo il quale tutto ciò che è naturale viene trasformato in artificiale, provocando in altri termini: una enorme minaccia ambientale, una costante perdita di animali e piante, una vergognosa catastrofe sociale e umana.
Si sta modificando la fisionomia del nostro pianeta in modo talmente evidente e contro qualsiasi logica condivisibile che diventa impossibile non porsi al centro della questione la continua preoccupazione di innumerevoli ricercatori e uomini di scienza. Sottostando ad un sistema che sfrutta e danneggia la natura in ogni sua più ampia forma anche il genere umano al pari dell’ambiente e di ogni altra famiglia non umana sarà costretto a subirne le pesanti conseguenze.
Per le monolitiche leggi economiche nulla risulta in-sfruttabile o improduttivo tanto è vero che uomini, donne, bambini vengono metabollizzati dal sistema come risorse umane e consumatori, animali e piante come materia prima organica, tutti gli altri elementi naturali come materia prima inorganica. Secondo il modello capitalistico occidentale tutto ciò che non viene trasformato, tutto ciò che rimane incontaminato non serve, come ha scritto J. Mander trattando questo stesso argomento: “una foresta di alberi non tagliati è improduttiva”1. Il rapporto esistente tra il sistema capitalistico imperante e l’evidente devitalizzazione del pianeta è lo stesso che troviamo tra il virus e l’ammalato, una sorta di parassitismo rovinoso dove le persone, ridotte a miseri strumenti, sono allo stesso tempo elementi patogeni ed ammalati, logorando l’unico luogo che ci ospita viene conseguentemente a peggiorare anche la nostra stessa esistenza. Fino a quando il pianeta non sarà effettivamente percepito come un unico grande organismo vivente, qualsiasi atteggiamento, qualsiasi comportamento potenzialmente distruttivo contro di esso risulterà giustificato e tollerato.
Per quanto tempo il pianeta sarà in grado di sostenere un peso così imponente? Per quanto ancora potremo restare immobili ad osservare? Se il sistema fosse una persona, sostengono psicologi e sociologi, essa sarebbe certamente fornita dei tratti di un individuo profondamente colpito da schizofrenia e disturbi psicotici, fino a spingersi in tutta probabilità ad esercitare manie suicide.
Tutta questa sfrenata corsa all’oro (gran parte delle ricchezze in termini di denaro rimangono virtuali) è radice di una sempre maggiore attività industriosa e produttiva che immancabilmente porta a continui sconvolgimenti ambientali. Un esempio è la progressiva desertificazione del suolo, strettamente rapportata al pascolo del bestiame e allo sfruttamento delle risorse naturali, che avanza a ritmo di 4500 km l’anno. Ne sono un esempio i grandi fiumi del mondo come il Giordano, il Colorado, il Rio delle Amazzoni, immancabilmente sfruttati, deviati, bloccati, che in alcuni periodi dell’anno non possono raggiungere l’oceano. Ne sono un esempio l’inquinamento industriale da clorofluorocarburi CFC (ora sostituiti dagli HFC) e gli allevamenti intensivi di bovini destinati all’alimentazione umana2, entrambi certificatamente reputati colpevoli del surriscaldamento globale e della successiva disintegrazione del manto di ozono; “I ghiacciai agli estremi del pianeta si stanno sciogliendo a velocità cinque volte superiori a quelle previste dalle peggiori previsioni e mentre questi si sciolgono nuovi studi planimetrici individuano nuove vene petrolifere in quei luoghi fino a ieri ricoperti dal ghiaccio”.
Le grandi foreste pluviali, Borneo, Amazzonia, Costarica, Indonesia, Tasmania, da sempre motivo di forti interessi economici da parte delle grandi multinazionali vengono tutt’ora abbattute, il loro disboscamento è causa di gravissime perdite di suolo e biodiversità. Un esempio evidente agli occhi del mondo è il Costarica che per non essere più distrutta ha dovuto toccare il fondo ed ora il 24% del suo territorio è protetto. Ancora oggi in tutto il mondo ogni anno vengono rasi al suolo su commissione 5,2 milioni di ettari di foresta vergine.3
Così come ogni altra conformazione naturale anche i grandi oceani sono affetti dagli stessi sintomi patologici provenuti dall’avvelenamento economico-industriale globale. Secondo diverse stime scientifiche la loro importanza per l’equilibrio del pianeta è ancora troppo sottovalutata, l’ossigeno che respiriamo e che viene immesso nell’atmosfera proviene in maggioranza dall’attività fotosintetica di minuscoli organismi che vivono nelle acque marine, luoghi oggi fortemente minacciati dall’inquinamento e dall’acidificazione arrivata a ostacolare la vita fino alla profondità di 700 metri. Le acque inquinate minano lo scheletro dei molluschi e dei crostacei, corrodendolo e ostacolandone la rigenerazione. Il 70% dei coralli di tutte le barriere coralline del pianeta sta morendo.
Nel mentre l’incremento della popolazione umana non accenna a limitarsi accrescendo ogni 10 anni del 10% in più, ci troviamo ad essere testimoni della sesta estinzione di massa di specie animali da quando la vita si è mostrata sul pianeta, la prima moria di varietà viventi della storia provocata dalla laboriosità dell’uomo e causata da un sistema criminale del tutto privo di senso di giudizio e completamente cieco di fronte al disastro a cui ogni giorno possiamo assistere. Siamo i primi testimoni di un disastro senza precedenti, ogni sorta di essere vivente svanisce nel vortice del nulla a ritmo di 73 specie al giorno, 3 ogni ora, oltre 26.000 l’anno. Il pianeta è sempre più povero di biodiversità, gli ambienti in cui viviamo sempre meno ricchi di forme e suoni non umani. Rischiamo di essere tra quelle generazioni spettatrici di uno di quei tragici eventi che solo l’immaginario cinematografico avrebbe potuto mostrarci: la rapida e progressiva estinzione di un numero indefinito di famiglie animali e vegetali appartenenti a questo mondo.
Dopo decenni e decenni di caccia e sfruttamento dei territori, molti dei grandi animali sono arrivati ad un passo dall’estinzione. In mare si pesca con enormi flotte di navi, con aerei ed elicotteri, si pesca con mezzi tecnologici e tecniche talmente impeccabili da rendere approssimativamente vicino allo zero la percentuale di insuccesso. La pesca del tonno, rivelatasi estremamente redditizia, è stato uno dei più grandi stermini di esseri viventi mai avvenuti, “…creature che quando depongono, procreano uova quanto il numero di abitanti di una grande città, ora sono a forte rischio di estinzione come tigri e gorilla di montagna”. Già nel 1966 per biologi e scienziati la situazione era molto preoccupante, ora in tutto il mondo i grandi pesci, i grandi predatori, coloro che regolano e disciplinano la vita nelle vaste profondità azzurre rischiano seriamente di scomparire in tempi incredibilmente brevi. Perfino i possenti cetacei, da sempre cacciati, negli ultimi anni decimati nel loro numero (e solo ora leggermente stabilizzati) sono protetti in quei luoghi un tempo svincolati da barriere protezionistiche e che ora invece chiamiamo con il nome di santuari marini.
Oltre agli animali marini è ampliamente risaputo come quasi tutti i grandi mammiferi terrestri siano fortemente in pericolo. Gli ultimi Rinoceronti rimasti in Africa sono protetti a vista da guardie armate, la salvaguardia dei Gorilla in Rwanda si sta rivelando una vera corsa contro il tempo, agli ultimi esemplari di Tigri in Asia è stato stimato un tempo di vita pari a circa 15-20 anni. Dopo decenni di caccia incondizionata ancora si continua a sterminare determinate famiglie di Antilopi adesso ridotte a forte rischio di estinzione, poiché a parer della moda, il loro manto sarebbe un pregiato scialle da sfoggiare in prestigiose feste o per occasioni particolari. Gli Ippopotami, bioregolatori della flora e della fauna acquatica stanno scomparendo, il loro drammatico declino è causato dal bracconaggio e dall’insediamento dell’uomo nel loro stesso habitat. Senza ricordare le innumerevoli specie già scomparse la lista di quelle in pericolo rimane lunghissima. Oltre a quelli sopracitati, solo alcuni degli animali più conosciuti e a forte rischio di estinzione sono: diverse famiglie di Balene, famiglie di Lupi, di Tartarughe, di Pinguini, di Elefanti, di Zebre, di Coccodrilli, di Acquile, di Pappagalli, il Leopardo e diverse famiglie di felini, l’Orso Bruno, l’Orso Polare, il Panda, la Foca Monaca, il Tricheco, il Gatto Selvatico, la Lince, il Bisonte Europeo, l’Avvoltoio, il Lori, il Bradipo, l’Orango, lo Scimpanzè e svariate altre scimmie antropomorfe, e ancora l’elenco va avanti e sembra interminabile…
Il commercio legale ed illegale di prigionieri Animali è un attività ancora molto diffusa in diverse regioni del pianeta. In determinati paesi poveri dove il turismo è una delle poche fonti di sostentamento la compravendita di esseri viventi strappati alla foresta è ancora molto diffusa, esistono veri e propri mercati legali ed illegali dove gli animali, stressati ed ammassati in piccole gabbie, vengono continuamente mostrati e manipolati dai venditori e dai compratori. Ci si ostina a voler addomesticare-collezzionare ogni forma vivente come fossero cani o gatti, risultato è che migliaia di pappagalli variopinti sudamericani vengono tutt’ora nascosti nelle stive di molte navi, come anche alcuni primati, moltissimi rettili e altri piccoli animali. Esistono perfino casi in cui turisti vengono trovati a nascondere piante e animali dentro trolley e valigie.
Se in tutto il mondo gli animali sfruttati e prossimi all’estinzione sono tantissimi, non occorre restare oltreoceano per individuarne altri. In Italia il Camoscio di Abruzzo, l’Acquila di Mare, il Cervo, l’Orso, il Lupo, si contano con le dita delle mani e ogni nuovo anno è in diminuzione il numero degli uccelli della macchia mediterranea. Fenicotteri, Cicogne, Grifoni, Gufi, ma non solo, le Rondini e un terzo dei volatili del nostro paese è a forte rischio di estinzione. Ogni anno in italia sono 600.000 le trappole, i cappi e i lacci piazzati illegalmente dai bracconieri, e per quanto invece la caccia sia un attività salvaguardata dalla legge essa rimane sempre un esercizio che dovrebbe essere tassativamente vietato. Ciò che scrive in uno dei suoi storici testi F. De Gregori a mio parere è nella sua semplicità, un verso molto attuale e a cui non occorre aggiungere altro: “il cacciatore uccide sempre per giocare”.
In questa continua pericolosa noncuranza dell’unico luogo che ci ospita, nemmeno i più piccoli tra gli animali possono sfuggire alla catastrofe che da qualche decennio a questa parte è sempre più percettibile perfino alla breve durata della vita umana. Quanti da bambini avranno notato insetti, piccole creature, farfalle, lucciole, mantidi, svariati altri animali, un tempo numerosissimi ora rinvenibili solo in boschi e colline lontani dalle zone urbane. Esistono infatti molti studi e rilevamenti scientifici che confermano le paure e le lamentele degli stessi agricoltori, ecologisti e scienziati, in cui si denuncia l’altissima mortalità degli insetti, delle Api e degli insetti impollinatori, ed il fatto di sapere che esistono paesi come l’America che acquistano questi piccoli esseri dall’Australia4 (che li alleva) non è per nulla una notizia rallegrante.
Nel nostro spaventoso universo economico siamo condannati alla continua ricerca di nuove tecniche per dominare, riprodurre e sostituire artificialmente la natura, ed in questo l’industria è riuscita a spingersi oltre ogni possibile immaginazione. Esiste forse un meccanismo più folle e malato dell’esistenza della moderna zootecnia? Esiste forse un economia più violenta e brutale di quella occidentale quando questa ogni giorno forza a morte 180milioni di animali per motivi assolutamente non necessari? Stiamo rinchiudendo in scatole di cemento milioni di esseri pensanti-senzienti dalle caratteristiche socievoli senza dubbio simili ai nostri stessi compagni di vita che sonnecchiano ai piedi dei nostri morbidi divani, e se solo fossimo in grado anche per un breve momento di accorgerci del dolore di uno di loro, forse non saremmo qui a discutere di allevamenti e mattatoi.
Data la tragica situazione attuale e i rilevanti problemi di carattere sociale molte persone non hanno impiegato molto a comprendere i motivi di tutta questa follia distinguendo oggi nell’antispecismo un serio impegno politico in grado di guidare la società attraverso un nuovo modo di aprocciarsi alla natura, agli animali, agli esseri umani. Riconoscere che prima di qualsiasi altra cosa, una collettività, una struttura sociale ed economica abbia il dovere di restare fedele ai principi etici umani è il proposito di questo nuovo movimento. E’ infatti vero che l’odierna crisi finanziaria, economica, politica, sociale, prima di essere ciò è una crisi morale. Ci sono cose che possiamo fare come individui ma ci sono anche cose che dobbiamo fare collettivamente, questo concetto la corrente di pensiero antispecista l’ha capito molto bene.
Nonostante mi renda conto che migliaia di anni di antropocentrismo, migliaia di anni di dominio sopra tutti e sopra tutto abbiano forgiato e conformato l’attuale cultura umana facendola oggi apparire normale, sensata e accettata. Nonostante mi renda conto che il sistema con tutto il suo immenso potere opponga forte resistenza e contempli poche alternative. Nonostante capisca questo e in un certo qual modo comprenda l’indifferenza dei più, a volte viene spontaneo chiedersi: Cosa non sia stato ancora detto o fatto per non considerare queste circostanze degne di essere riflettute? Quali informazioni non sono ancora state rese pubbliche dai diversi canali divulgativi? Cosa occorre ancora sapere più di quanto non sia stato documentato? Quanto degrado sociale, quanta immoralità dovremmo ancora subire? Quanti animali dovranno essere ancora rinchiusi? Quanti dovranno ancora soffrire? Quanti morire? Quanto menefreghismo, quanto disinteresse, quanta indifferenza, dovrà ancora accompagnare il cammino dell’essere umano?
Ipotizzando che un giorno, tra noi e loro, ci si iniziasse ad intendere, ipotizzando che da un determinato momento l’uomo riesca ad abbattere le barriere comunicative tra specie e specie. Ammettendo che domani sia possibile tradurre il linguaggio di un vitello, di un coniglio o di un maiale come ora facciamo con il francese, il tedesco o il cinese: Cosa potrebbero dirci loro di noi?
Note:
1 J. Mander – Quattro argomenti per eliminare la televisione –
2 L’effetto serra: – www.saicosamangi.info/ambiente/effetto-serra-clima.html – www.nonsoloaria.com/index.htm – Anche la produzione di HCFC dovrà essere abbandonata (nel 2020 nelle nazioni occidentali e nel 2040 nei Paesi in via di sviluppo).
3 Ritmo del disboscamento: – www.fao.org/news/story/it/item/40948/icode/ – L’organizzazione no-profit Conservation International ha pubblicato un elenco delle 10 aree forestali più vulnerabili del mondo, le foreste che hanno perso più del 90% del loro habitat originale e che ospitano almeno 1.500 specie di piante che purtroppo non si trovano in nessun’altra parte del mondo. 1 Indo-Burma (Asia meridionale) 2 Nuova Zelanda 3 Sonda (Indonesia / Malesia) 4 Filippine 5 Foresta Atlantica (Sud America) 6 Montagne della Cina sud-occidentale 7 California Provincia floristiche (Stati Uniti e Messico) 8 Foreste costiere dell’Africa orientale 9 Madagascar e isole dell’Oceano Indiano 10 Foreste pluviali afromontane (Africa orientale)
4 Importazione Api – www.bioapi.it/abbondanti-le-importazioni-di-api-negli-stati-uniti-dallaustralia-gli-apicoltori-hanno-paura-di-un-nuovo-parassita.html
Fonti e citazioni:
– Conferenza del Filosofo Gino Ditadi “Per un nuovo mattino del mondo – Religioni, Filosofia e Diritti degli animali ” Pordenone 18 febbraio 2012
– Archivio riviste di cultura ambientale OASIS