Una nuova condanna al delfinario Oltremare di Riccione


Simone Montuschi
President

Il  26 giugno al parco Oltremare di Riccione è nato un delfino. La morte di Mary G, un esemplare di grampo, avvenuta il 31 maggio con cause ‘ignote’, ha sollevato diverse  polemiche attorno a questo parco della riviera. Polemiche fastidiose, che potrebbero compromettere i guadagni della stagione estiva. Quale migliore occasione per far passare le brutte notizie in secondo piano se non la nascita di un piccolo di delfino.

Nei primi mesi di vita il tasso di mortalità dei neonati di questa specie è molto alto. Per questo è stato formato uno staff di esperti e veterinari. Se dovesse sopravvivere cosa lo aspetta? Il triste destino che è toccato alla sua mamma? Un delfino femmina, a cui, per motivi principalmente di spettacolo, è stato dato nome Cleo. Una creatura che non ha mai conosciuto la libertà, che non ha trascorso neppure un giorno della sua vita da  delfino libero. Nata nel 1994 all’acquario di Genova, è stata poi 8 anni fa trasferita a Riccione, in quella vasca chiamata in maniera grottesca ‘laguna’.

In Italia i delfinari esistono perché vige una legge apposita che li prevede per la ricerca scientifica. Secondo questa normativa la detenzione di delfini è permessa solo se vengono garantiti progetti di educazione, ricerca, riproduzione. E’ facile rendersi conto che queste attività servono solo come ‘giustificazione’ per uno sfruttamento finalizzato all’arricchimento dei gestori di delfinari. Infatti all’interno di tali luoghi, gli animali vengono utilizzati a scopi commerciali, costretti ad esibirsi in spettacoli, addomesticati a compiere esercizi, considerati come merce da esibire.

Ma per poter fare questo è necessaria una facciata di ‘utilità scientifica’.

Il parco Oltremare si vanta di offrire un programma didattico, in cui divertimento ed insegnamento siano offerti ai suoi visitatori. Un programma per educare ad un corretto comportamento nei riguardi dell’ambiente marino e alla consapevolezza dell’eccezionale risorsa che esso rappresenta. Un tristissimo paradosso, se si pensa, che in cattività gli animali hanno comportamenti diversi da quelli che avrebbero in natura. Come si può conoscere un animale osservandolo fuori dal proprio habitat? I suoi istinti, le sue abitudini, i suoi ritmi sono stati sconvolti e cancellati, per essere rimpiazzati con l’addomesticamento e la cattività.

Basta informarsi un po’ per capire che questi luoghi non hanno nessun interesse per la salvaguardia degli esseri viventi che tengono prigionieri.

Il 65% dei delfini rinchiusi in luoghi come Oltremare, proviene dalla cattura in mare. Una buona parte non sopravvive alla cattura o muore durante il trasporto. In cattività i delfini hanno una vita media molto inferiore (20 anni in meno) di quella che potrebbero avere in libertà (in media 40 anni i maschi, 60 le femmine).

Oltremare è un come un circo. Sfrutta gli animali per trarre guadagno. Oltretutto parlando di didattica ed educazione contribuisce a rafforzare la mentalità per cui sia giusto tenere prigionieri altri esseri viventi per poterli studiare. Oltremare si è costruito la facciata di essere un luogo educativo. Invece mostra esseri viventi che soffrono, costretti ad una vita che non hanno scelto. I delfini liberi nuotano per vastissime aree (fino a 100 km al giorno) e fanno profonde immersioni (fino a 300 metri). Le vasche dei delfinari non possono bastare a questa specie, che vivono una vita di privazioni. Ciò che insegna Oltremare è quindi l’indifferenza verso la sofferenza degli animali. Luoghi come questo devono scomparire. Perché la nascita di un cucciolo di delfino in una prigione non può essere un lieto evento, ma il rinnovarsi di una condanna: quella della cattività.

Nonostante la diffusione di questi posti (nel mondo sono circa 200, in Italia 6) e l’accettazione generale, non bisogna sentirsi impotenti. Ognuno di noi può contribuire a fermare la crudeltà con cui gli animali umani trattano gli altri animali. Lo sfruttamento a scopo d’intrattenimento è uno dei tasselli della cultura specista, una cultura che considera gli esseri viventi come una merce da poter utilizzare per soddisfare interessi e trarre profitto.

Molto si può iniziare a fare già nella propria quotidianità per cambiare questa mentalità e fermare tale tragedia.
Boicottare i luoghi che rinchiudono gli animali, informarsi, attivarsi in prima persona, diventare vegan. Sconfiggere l’indifferenza e considerare gli altri esseri viventi parte, come noi, di questa terra.

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Fonte: Corriere di Bologna.it

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