Rapporto FAO “La Zootecnia nel Mondo 2011”


Simone Montuschi
President

allevamento di mucche da latte_luglio2011_emilia romagna

La FAO (Food and Agriculture Organization) ha recentemente divulgato “World Livestock 2011: Livestock in food security“: una panoramica sull’allevamento e il consumo di carni a livello globale.

Nel rapporto si riferisce come la crescita della popolazione e del reddito mondiale incentivi un aumento del consumo pro-capite di proteine animali nei paesi in via di sviluppo. Per far fronte a tale richiesta in aumento, si svilupperanno sistemi di allevamento intensivo su larga scala che comunque non riusciranno a soddisfare i bisogni delle città in espansione senza gravare ulteriormente sull’impatto ambientale.

La FAO propone la sfida inderogabile di rendere la produzione zootecnica intensiva più sostenibile a livello ambientale tramite una serie di “accorgimenti”: riduzione dell’inquinamento prodotto dagli scarti e dai gas serra (che sono anche potenziali incubatori di malattie), riduzione della porzione di acqua e cereali necessaria a produrre una certa quantità di proteine animali, riciclo dei sotto-prodotti agro-industriali tra le popolazioni di bestiame.  Questi obiettivi sono atti ad una maggior efficienza per soddisfare la crescente domanda. Attualmente non esistono altre alternative alla produzione intensiva su larga scala che siano tecnicamente o economicamente fattibili… ecco le conclusioni della FAO.

Un dossier di centotrenta pagine pieno di numeri, statistiche e dati che ora volutamente non riportiamo, (lo potete leggere quì) dove concetti come sfruttamento animale e della Terra sono ben nascosti tra le righe.

La natura di interesse puramente ecologista del rapporto FAO non lascia spazio alla questione etica sull’utilizzo degli animali, è perciò definito un “argomento indiretto” nell’ambito della tematica animalista.

EssereAnimali non si riconosce in questo approccio e crediamo che sia “sufficiente” riconoscere agli animali il diritto di vivere ed essere considerati come individui dotati di una propria personalità per rifiutare ogni tipo di sfruttamento nei loro riguardi.

Che gli allevamenti intensivi inquinino è un dato di fatto, ma vedere nella riduzione delle emissioni di gas serra che producono una delle soluzioni, è non prendere in considerazione che, in primis, più che inquinare negli allevamenti sono detenuti in condizioni innaturali e di sofferenza milioni di animali che percepiscono il dolore di una non-vita ma sono incapaci di cambiare la loro condizione. Se prendiamo sinceramente in considerazione questa tragedia che coinvolge milioni di animali ogni giorno, ci risulterà superfluo domandarci se oltre a essere luoghi di tortura gli allevamenti inquinano!

Perpetrare ingiustizie quotidiane ai danni degli animali non ha alcuna giustificazione.

Fine del discorso.

L’essere umano discrimina gli animali non-umani in base alla differenza di specie, questo atteggiamento definito specismo, si risolve in pratica nel ridurli a oggetti, numeri, cose di cui servirsi nel modo più funzionale ai propri scopi.

Questa mentalità figlia dell’antropocentrismo vigente può essere comunque smascherata e miscreduta. E’ sufficiente calarsi nei panni dell’altro anche quando ha un aspetto così diverso dal nostro. Provare empatia per esseri viventi che come noi avvertono paura, gioia, dolore… immedesimarci in loro per far crescere in noi un sentimento di intolleranza verso ogni tipo di sfruttamento animale e un’urgenza di attivarsi per cambiarlo, fino a vedere nella loro liberazione il punto d’arrivo per un equilibrio paritario tra animali, Terra e esseri umani.